Dal 6 luglio, prima ancora che nel resto del mondo, arriverà nelle sale italiane il nuovo film dei Marvel Studios, Thor: Love and Thunder, diretto ancora una volta da Taika Waititi, già artefice del coloratissimo e divertentissimo Thor: Ragnarok del 2017, e con Chris Hemsworth ancora una volta nei panni del Dio del Tuono, che diventa così il primo personaggio del MCU ad essere protagonista di ben quattro standalone appartenenti allo stesso franchise.
Dal primo film di stampo shakespeariano di Kenneth Branagh del 2011, al secondo film dai toni disperati e tenebrosi di Alan Taylor del 2013, fino ad arrivare allo scanzonato terzo film di Taika Waititi del 2017, il personaggio di Thor è probabilmente l’unico membro degli Avengers originali (i cosiddetti “Original Six”) ad essere stato totalmente reinventato nel corso degli anni, grazie soprattutto all’ironia e alla comicità che hanno caratterizzato il primo film diretto da Waititi.
Forti, dunque, del grandissimo successo che questa nuova versione del Dio del Tuono aveva riscosso tra i fan (lontana da quell’aura di sollenità e mistero che aveva caratterizzato il personaggio nelle fasi iniziali della saga), i Marvel Studios hanno deciso di affidarsi nuovamente all’arguzia e alla frenesia del regista neozelandese (Premio Oscar nel 2020 per JoJo Rabbit) per portare avanti la storia del figlio di Odino e realizzare una nuova avventura cosmica simile alla precedente in termini di tono e stile, che inserisce il personaggio eponimo in mondi e situazioni ancora più vivaci e folli, ma in cui c’è anche spazio per l’amore.
In Thor: Love and Thunder, infatti, l’amore non è solo presente nel titolo del film, ma si percepisce ampiamente in tutto il corso della storia: da principe arrogante e impulsivo, Thor è cresciuto tantissimo e ha dovuto fare i conti con un numero considerevole di perdite, arrivando ad essere perseguitato dalla convizione che tutte le persone che ama sono destinate prima o poi a morire. Proprio per questo, il Dio del Tuono rappresenta un personaggio estremamente interessante dal punto di vista esistenziale, perché non sono soltanto la sua astuzia, il suo carisma e la sua vena comica a definirlo, ma anche le numerose emozioni – più o meno intense – che è in grado di provare.
Dopo i fatti di Avengers: Endgame, Thor è alle prese con una profonda crisi personale a seguito della quale ha perso tutto: non solo la sua battaglia contro Thanos, ma anche i suoi familiari e i suoi amici, la sua dimora di Asgard, il suo amato Mjolnir e il suo fisico imponente. Affidato il ruolo di Re di Nuova Asgard a Valchiria e partito per un viaggio lontano insieme ai Guardiani della Galassia, il Dio del Tuono ha vissuto momenti di grande vuoto interiore.
Intenzionato a scoprire l’uomo che è destinato a essere, Thor si lascia alle spalle i suoi giorni da supereroe, almeno fino a quando un nuovo avversario galattico, conosciuto come Gorr il macellatore di dei, non desidera provocare l’estinzione degli dei, uccidendoli uno ad uno in un percorso ben pianificato che lo condurrà a scontrarsi direttamente con il dio norreno e con la sua ex fidanzata Jane Foster, che con grande stupore di Thor, brandisce ora il suo martello e ha assunto le fattezza della Potente Thor.
Thor: Love and Thunder condivide con il precedente Ragnarok una cifra stilistica ben precisa: l’eccesso dal punto di vista visivo e l’affollamento di personaggi da quello narrativo. Siamo ancora una volta di fronte ad un racconto di contrappesi in cui scene d’azione coinvolgenti e scambi di battute genuinamente divertenti si oppongono a momenti che impongono dei toni decisamente più seri e drammatici. Tuttavia, la più grande differenza con il suo precedessore, diventa lo spazio maggiore che la sceneggiatura dedica – senza esagerazioni – al dramma psicologico.
I Marvel Studios riescono ancora una volta nell’obiettivo che ha sempre contraddistinto la loro missione: realizzare il tipo di storia che il pubblico vuole vedere e a cui i fan sono ormai abituati da oltre 15 anni. In tal senso, Thor: Love and Thunder rappresenta una sorta di passo indietro, forse di involuzione dal punto di vista del gusto della narrazione e della costruzione cinematografica, dal momento che si impone a tutti gli effetti come il quarto capitolo di una tetralogia dedicata al personaggio, come lo sono state all’inizio di questo incredibile viaggio cinematografico quelle dedicate a eroi come Iron Man e Captain America.
Nel nuovo film Marvel diretto da Taika Waititi non ci sono riferimenti di alcun tipo al Multiverso, che ha letteralmente catalizzato la recente produzione Marvel sul grande e piccolo schermo: di conseguenza, la visione del film risulta decisamente più fruibile, soprattutto per coloro che non hanno avuto modo di stare al passo con gli intricati sviluppi del franchise che, a mano a mano, hanno iniziato ad interessare anche l’universo della serialità (basti pensare al recente Doctor Strange nel Multiverso della Follia, la cui comprensione era praticamente impossibile recandosi in sala a digiuno di film come Spider-Man: No Way Home e, soprattutto, di show come WandaVision, Loki e What If…).
Per comprendere Love and Thunder, invece, è sufficiente aver visto le precedenti avventure del Dio del Tuono e, ovviamente, i due Avengers: Infinity War ed Endgame, e ciò è come se riequilibrasse momentanemaente i fini ultimi del Marvel Cinematic Universe, che sembra volersi prendere una pausa dopo tanti film collettivi e team-up (o, comunque, dopo tanti progetti instrinsecamente collegati tra loro), per tornare a concentrarsi su ciò che ha contribuito a gettare le basi di questo franchise che, negli anni, ha completamente ridefinito il concetto di saga cinematografica: focalizzarsi, cioè, sul protagonista di turno per condurlo ad una maturazione che, inevitabilmente, lo porterà ad essere una versione migliore di se stesso, sia di umano che di eroe.
Thor: Love and Thunder mette volutamente da parte multiversi, incursioni, realtà alternative, varianti e collegamenti vari ed eventuali con ciò che accadrà in futuro, per raccontare una storia che risulta molto più in linea con quelli che sono stati i primi lavori del MCU. Il contributo di Taika Waititi risulta ancora una volta fondamentale soprattutto per le dinamiche che si vengono a creare tra i vari personaggi, avvelandosi nuovamente di una colonna sonora elettrizzante e riconoscibile (che include, ovviamente, “Sweet Child O’ Mine” dei Guns ‘N Roses, presente già nel trailer), di colori sgargianti e chiassosi e di dialoghi taglienti per portare avanti l’azione.
Thor (Chris Hemsworth) è ormai un supereroe smarrito intenzionato a ritrovare se stesso e il suo posto nell’universo; Jane Foster (Natalie Portman) è finalmente pronta a compiere il grande passo, trasformandosi da scienziata a supereroe, nonostante nasconda un importante segreto; Gorr il macellatore di dei (Christian Bale) è un antagonista terrificante, tanto arrabbiato quanto confuso, che non ha più nulla da perdere; sono questi tre personaggi il perno principale dell’intera narrazione, che tuttavia non riesce mai a scavare davvero in profondità nelle loro motivazioni (sopratuttto in quelle del villain Gorr, che alla fine risulta un mero accessorio ai fini narrativi, privo di spessore).
Nonostante attraverso le rispettive storyline si affrontino quelli che potremmo definire i temi cardine di questa nuova avventura – la riscoperta di sé, l’amore, il sacrifico e la perdita – i personaggi di Love and Thunder, inclusi quelli secondari, gli alleati che prenderanno parte alla lotta per cercare di fermare Gorr (tra cui ritroviamo la Valchiria di Tessa Thompson e il Korg interpretato dallo stesso Waititi), restano vittime della fragilità di una struttura narrativa che poteva essere molto più complessa e che invece si rivela estremamente semplicistica e schematizzata.
Per certi aspetti, Thor: Love and Thunder non fa altro che riproporre una formula già reiterata, senza compiere alcun significativo balzo in avanti, riportando piuttosto lo spettatore indietro nel tempo, a quando il MCU era ancora un universo in fase di espansione e non la macchina perfettamente oliata e calibrata che Kevin Feige è riuscito a mettere a punto oggi. Senza fare spoiler, l’unica certezza alla fine della visione è che il nostro amatissimo Dio del Tuono sembra avere davanti a sé ancora un radioso futuro, nella speranza che le sue prossime avventure riusciranno ad andare oltre la sala, a non essere più fini a se stesse e a riconfigurarsi in quell’ampio e ormai ramificato mosaico che oggi rappresenta questo universo cinematografico… Come è probabilmente giusto che sia.