Avengers: Infinity War è di sicuro il cinecomic targato Marvel più atteso di sempre. Complice l’hype sorto intorno alla (solita) segretezza che lo avvolge, i pochissimi dettagli sulla trama, oppure – semplicemente – la voglia da parte degli appassionati di vedere per la prima volta tutti insieme sul grande schermo i supereroi del MCU.
In questo nuovo capitolo i due registi, i fratelli Anthony e Joe Russo, hanno riunito una squadra di veri fuoriclasse in grado di proteggere l’universo: ci saranno, infatti, i volti noti della saga di Avengers e dei vari standalone messi di fronte ad una drammatica resa dei conti: il potente Thanos (interpretato da Josh Brolin) che vuole distruggere l’universo. A loro spetta l’arduo compito di fermarlo, ad ogni costo
Avengers: Infinity War (qui il trailer italiano ufficiale) è letteralmente una “overdose di supereroi”: un’immagine dal forte impatto che ben riassume il significato del grande arazzo pop tessuto dai fratelli Russo. Lo spettatore si ritrova immerso in un’esperienza multisensoriale, visivamente avvolgente, emotivamente spiazzante. Tutto ciò che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli anni – e di circa 19 film – viene messo in discussione, facendo sorgere domande capaci di instillare, in chi guarda, una crescente curiosità.
La regia dei Russo è maestosa quanto convenzionale, perché si colloca alla perfezione nel mondo del MCU pur essendo orientata verso lo stupore, la meraviglia e l’opulenza visiva: e proprio questo concetto sembra essere il leitmotiv sottile di un cinecomic ricco, complesso, stratificato, che restituisce la visione frammentata di svariati moduli narrativi, i quali sommati insieme restituiscono la visione unitaria in un continuo flusso spazio-temporale.
Come accade in certi quadri appartenenti al puntinismo, dove solo allontanandosi si può avere una completa visione d’insieme, anche in Avengers: Infinity War si ha la percezione di assistere a vari micro-film – diversi tra loro per toni, luoghi, personaggi e situazioni – che si avvicendano sullo schermo nell’arco di 149 minuti.
Costantemente in bilico tra serietà e umorismo, il cinecomic riflette questa volontà ben specifica – eredità del marchio Disney – nei volti degli attori coinvolti, nonostante tutto credibili nei panni dei supereroi e coinvolti, allo stesso tempo, in siparietti leggeri e battute che finiscono per far assomigliare il film a una gigantesca giostra da Luna Park, dove ogni bambino si approccia con quel misto reverenziale di entusiasmo e paura, meraviglia e cautela.
Il film dei Russo, pur schierando la squadra dei supereroi Marvel (quasi) al gran completo, focalizza la propria attenzione sul grande nemico, sulla nemesi che incombe sul futuro dell’umanità e sulla sorte degli Avengers (e dei loro alleati): Thanos, il grande titano distruttore nei cui panni (animati) si cala Josh Brolin.
La new entry del MCU è inquietante, a tratti tragica; figura titanica nell’aspetto quanto nel destino, sposa la filosofia del nomen omen, convincendosi del proprio inevitabile compito di morte. I tratti massicci e spigolosi di Brolin si prestano perfettamente al “gioco” della CGI, regalando agli spettatori un villain dal carattere shakespeariano, tragico e dolente, visionario quanto crudele, capace di lasciare una traccia profonda nell’universo degli Avengers.
Avengers: Infinity War è il secondo film più costoso della storia del cinema, ma non tradirà le aspettative: è infatti il cinecomic definitivo, capace di gratificare tanto il palato degli appassionati quanto quello dei neofiti, degli spettatori della domenica, di tutti coloro che cercano nel cinema l’essenza stessa di quest’ultimo, ovvero il puro intrattenimento.