Che cos’ha in comune WandaVision con la serie Les Revenants di Fabrice Gobert e il film d’animazione Up! di Pete Docter? All’apparenza si tratta di opere molto diverse tra loro. Eppure un trait d’union c’è. Tutte e tre le opere, infatti, sono una fantasiosa messa in scena dell’elaborazione del lutto. Nella serie francese – che potremmo definire una zombie serie esistenzialista – i morti ritornano (in vita?) cercando di rioccupare il loro posto nel mondo. Ma, da spettatori, ci rendiamo subito conto che il loro ritorno è connesso all’impossibilità dei vivi di lasciarli andare. Allo stesso modo il burbero signor Fredricksen si porta sulle spalle – per la folta giungla sudamericana – la propria casa, emblema della moglie defunta alla quale non riesce a dire addio. Lo farà nel finale, recidendo la corda che lo tiene legato all’amata e accettando di proseguire senza di lei lungo la strada della vita.
È un po’ quello che fa Wanda (Elizabeth Olsen). Nella prima puntata di WandaVision, serie ideata da Jac Schaeffer (Captain Marvel) e diretta da Mark Shakman, ci siamo stupiti di ritrovare insieme l’eroina nativa di Sokovia e il suo compagno Visione (Paul Bettany). La domanda che ci siamo posti è stata: ma Visione non era morto in Avengers: Infinity War? Eppure, forse ancor di più ci ha sorpreso ritrovarli protagonisti di una sit-com televisiva in bianco e nero. Che ci fosse qualcosa di strano è parso chiaro fin dall’inizio: surreali comportamenti dei personaggi (in particolare modo quelli secondari), presenze indecifrabili (l’uomo vestito da apicoltore), la voce proveniente dalla radio che cerca di mettersi in contatto con Wanda, per inciso quella dell’agente dell’FBI Jimmy Woo (Randall Park), già visto in Ant-Man e Ant-Man and The Wasp.
Puntata dopo puntata tutto è divenuto più chiaro. Si è scoperto che la stessa Wanda aveva creato una realtà fittizia utilizzando come location la placida cittadina di Westview, coinvolgendo nella pantomima anche i suoi abitanti; che sempre lei ha creato ex-novo Visione (senza quindi riportalo materialmente in vita); e che ha persino dato vita ai propri figli. Ma abbiamo anche appreso che qualcuno effettivamente stava lucrando dietro l’instabilità emotiva della protagonista: la perfida strega Agatha Harkness (Kathryn Hahn), nascosta per gran parte della stagione sotto le spoglie della pettegola e ficcanaso vicina di casa Agnes.
Il motivo che spinge Wanda a rifugiarsi nel mondo da lei creato è evidente: vivere nel ricordo, darsi una seconda possibilità, non lasciare andare chi ormai non c’è più. WandaVision è sostanzialmente proprio il racconto di una elaborazione del lutto. Processo che diviene evidente soprattutto nell’ottavo episodio, quando Agatha sembra abbandonare i panni di villain per vestire addirittura quelli di psicoterapeuta, facendo rivivere a Wanda i momenti più dolorosi della sua esistenza, e dando così allo spettatore la possibilità di capire perché la realtà fittizia creata dall’eroina abbia assunto le sembianze di una multiforme sitcom che dagli anni ’50 si dipana fino alla contemporaneità. Introducendoci, naturalmente, alla quarta face del Marvel Cinematic Universe.
Attenzione, da qui in avanti seguono SPOILER!!!
Partiamo dalla fine
Dall’ultimo atteso episodio di WandaVision, Finale della serie, ci si aspettava lo scioglimento dei numerosi nodi narrativi intrecciati lungo il corso del racconto. È stato effettivamente così? In parte. Non tutto, infatti, è stato spiegato: sia perché la serie – come tutti i film Marvel prima di lei – pur essendo autoconclusiva è comunque un ponte verso altre storie (tra poco ne parleremo), sia perché tanti punti sono rimasti misteriosamente insoluti (uno fra tutti: chi è l’abitante di Westview facente parte della protezione testimoni che Jimmy sta cercando?).
L’episodio 8, Negli episodi precedenti, si era concluso preannunciando lo scontro tra Wanda e Agatha. La perfida strega aveva rivelato il suo intento: assorbire l’enorme potere dell’Avenger. L’ultimo episodio di WandaVision inizia proprio da qui. Ma Agatha non è l’unico nemico dal quale Wanda deve guardarsi. Il penultimo episodio infatti aveva preannunciato l’avvento di un altro (potenziale) cattivo: Visione bianco. Che naturalmente giunge a Westview con l’intento di uccidere Wanda. Ma sulla sua strada troverà il (vero?) Visione creato dalla compagna. Streghe da una parte, quindi, e androidi dall’altra. Mentre le forze dello S.W.O.R.D. approfittano di uno squarcio nella bolla creata da Wanda per fare irruzione nella cittadina.
E in tutto questo, che fine ha fatto Monica Rambeu (Teyonah Parris)? Nella sequenza post credit del settimo episodio, Infrangere la quarta parete, Monica – che ormai sappiamo aver acquisito superpoteri dopo essere nuovamente entrata a Westview – si accinge ad aiutare Wanda, penetrando in casa di Agatha, ma viene fermata da Pietro (Evan Peters). Nell’ultimo episodio la ritroviamo prigioniera dello stesso Pietro, nella soffitta della casa della strega. Ma qui Monica fa una scoperta sconvolgente: Pietro si chiama in realtà Ralph (colui che Agnes/Agatha spacciava come marito) e altro non è che un abitante di Westview. Decade quindi l’ipotesi dell’apertura di un Multiverso (ma di questo parleremo a tempo debito).
Appresa la verità, a Monica non resta che liberare Pietro/Ralph grazie ai suoi poteri e correre così ad aiutare Wanda. Ma intanto le cose si sono complicate. Agatha sta risucchiando il potere della protagonista, i due Visione sono impegnati in una lotta senza esclusione di colpi, mentre Jimmy al di fuori della bolla chiama i colleghi dell’FBI per cercare di fermare lo S.W.O.R.D.; Monica fa in tempo a salvare i figli di Wanda (anche se possono cavarsela benissimo da soli) da Tyler Hayward (Josh Stamberg), mentre la rediviva Darcy (Kat Dennings) – ma che diavolo di fine aveva fatto! – riesce a fermare il capo dello S.W.O.R.D. prima che questi si dilegui.
E se il Visione di Wanda riesce a far ragionare il Visione bianco, inducendolo a ricordare il proprio passato – incontro con l’amata e morte comprese – convincendolo a dileguarsi (dove sarà andato? Altra domanda senza risposta!), Wanda sembra soccombere sotto i colpi della sua antagonista. Salvo poi ribaltare la situazione prendendo ispirazione proprio da Agatha. Si ricorderà che nel settimo episodio, quando Wanda scende nella cantina dell’abitazione di Agatha, è impossibilitata ad usare i suoi poteri, ritrovandosi così alla mercé della strega. Il motivo è spiegato dalla stessa Agatha: la stanza è delimitata da alcuni simboli – delle rune – che permettono solo a chi le ha poste lì di usare la propria magia. Fregata una volta, Wanda impara la lezione.
Apparentemente preda della disperazione, la nostra scaglia alla rinfusa sfere di energia: alcune contro Agatha, altre invece contro la bolla da lei stessa creata. Sembra il gesto disperato di una pazza che ha ormai perso il controllo. Ma in realtà Wanda ha un piano e questo si manifesta nel momento in cui Agatha, ormai sazia del potere della rivale, è pronta da scagliare contro di lei tutta la sua furia per mettere la parola fine al combattimento (e alla parabola di Wanda). Ma non ha fatto i conti con quella che lei stessa ha definito “The Scarlet Witch”.
Quando Agatha si accinge a lanciare il suo incantesimo fa cilecca. Riprova una, due volte. Niente da fare. Si accorge allora che le dita delle sue mani sono nere. I suoi poteri sono venuti meno. Solo allora la strega capisce che le sfere di energia lanciate da Wanda contro le pareti della bolla erano finalizzate dalla creazione di una serie di rune magiche: solo Wanda adesso può usare ora il suo potere a Westview. E lo fa privando innanzitutto Agatha dei suoi poteri, divenendo Scarlet Witch (con tanto di costume rosso già preannunciato dall’episodio dedicato ad Halloween), ma forse non comprendendo fino in fondo le conseguenze della sua azione (almeno questo è quanto le rimprovera l’ormai vinta Agatha).
Tutto è bene quello che finisce bene?
Agatha, quindi, è stata sconfitta (e imprigionata nell’universo alternativo creato dalla stessa Wanda, dove sarà costretta a vestire per sempre i panni della mite Agnes). Il capo dello S.W.O.R.D. è arrestato dall’FBI. Visione bianco da minaccia è diventato, se non alleato, comunque innocuo (almeno per il momento). Gli abitanti di Westview sono stati liberati. Ma a che prezzo per Wanda? Nel momento in cui – diverse puntate or sono – si è avuta la certezza che la realtà davanti ai nostri occhi era stata modellata dalla stessa protagonista, abbiamo capito che prima o poi lei stessa avrebbe dovuto dirle addio.
L’ultimo puntata di WandaVision ribadisce che quello di Wanda è stato un viaggio attraverso il dolore. Non solo quello della perdita di Visione, o quello relativo a un passato in cui ha perso genitori e fratello, ma anche quello relativo a un qualcosa che non avrà mai: la felicità. Ha provato a rifuggire la realtà, non riuscendo a superare l’ultimo trauma della sua vita: la scomparsa dell’amato. Ci ha provato, ma non ha fallito. Si è chiusa in se stessa e ha partorito un mondo fittizio dove vivere ciò che sapeva di non poter più vivere nella realtà. Finché tutto non è andato in pezzi e ha capito che, pur essendo difficile, è necessario dire addio a chi non c’è più.
Così, Wanda accetta di perdere tutto quello che si è illusa di avere. Visione, i suoi bambini, una vita perfetta. Si prende il tempo per il commiato. Mette a letto i bambini. Passa gli ultimi istanti con il “suo” Visione, prima che gli effetti della bolla travolgano la sua casa portandosi via tutto. Ancora una volta. Eppure Wanda non ne esce sconfitta. La sua accettazione non è un passo indietro, bensì un passo in avanti. Il suo viaggio è giunto a conclusione. La Wanda che se va da Westview scrutata dagli sguardi torvi dei suoi abitanti rancorosi – che non capiscono, come le dice Monica, il dolore che lei prova – è una donna diversa. Più consapevole di sé, dei suoi limiti ma anche della sua forza (e non c’entra niente la magia).
Ma è davvero la fine? Chiaramente no. Ormai, dopo anni di assidua frequentazione dei film Marvel, ci siamo abituati alle scene post-credits. L’ultima puntata di WandaVision ne presenta due. Entrambe molto significative, ma spiazzanti per uno spettatore che – nel corso delle settimane – si era fatto idee varie su quali colpi di scena avrebbero potuto caratterizzare il finale di stagione della serie. La prima vede protagonista Monica Rambeau. Poco dopo che Wanda ha abbandonato Westview, Monica è informata da un’agente dell’FBI che qualcuno la vuole a rapporto presso il cinema della cittadina. Già il riferimento alla sala fa presagire il riferimento a un film di prossima distribuzione. Naturale pensare subito al sequel di Captain Marvel. Ed effettivamente così è. Perché l’agente, in realtà una figura aliena, comunica a Monica di essere una messaggera inviata da una persona che vuole incontrarla. Indicando con il dito verso l’alto. Captain Marvel 2 uscirà a fine 2022 e ora sappiamo che Monica sarà al fianco di Carol Danvers (Brie Larson).
La seconda scena, invece, riguarda Wanda. In questo caso è passato molto tempo dai fatti che hanno visto coinvolta la cittadina di Westview. Wanda si è ora isolata in un luogo ameno (forse la stessa Sokovia?). La ritroviamo sorseggiare un caffè davanti alla sua abitazione. Sembra il ritratto (idilliaco) di una donna che ha raggiunto la pace, ma a cui forse servirà ancora un po’ di tempo prima di riprendersi del tutto e tornare a vestire i panni della “vendicatrice” (non dimentichiamo che è stato anticipato il coinvolgimento del personaggio nel prossimo Doctor Strange in the Multiverse of Madness). E forse proprio al citato film con protagonista Benedict Cumberbatch fa riferimento l’ultima scena della serie, la quale mostra un doppio di Wanda – con gli abiti di Scarlet Witch – che sta sfogliando il libro della magia mostratogli da Agatha. Che la novella strega abbia bisogno dei poteri di Doctor Strange per controllare il suo potere?
Giocare con le aspettative dello spettatore
Il finale di WandaVision, come anticipato, ha definitivamente “escluso” alcune delle teorie che i fan avevano ipotizzato fin dalle prime puntate. Teorie che, a ben vedere, sono state erroneamente alimentate anche dall’entourage della serie. Un aspetto sul quale non possiamo non riflettere, e che soprattutto – alla luce anche degli ultimi sviluppi – appare sempre più un riuscito piano di depistaggio nei confronti degli spettatori. Partiamo però dall’inizio. Ancora prima della distribuzione dei primi episodi su Disney+, era trapelata la notizia che Elizabeth Olsen avrebbe reinterpretato il personaggio di Wanda in Doctor Strange in the Multiverse of Madness. Il riferimento al “Multiverso” aveva fatto ipotizzare la possibile apertura di una breccia proprio in WandaVision. D’altronde, chi meglio di Wanda avrebbe potuto squarciare il tempo e lo spazio grazie ai suoi smisurati poteri?
L’entrata in scena del personaggio di Pietro, interpretato dall’attore Evan Peters, già apparso nello stesso ruolo in X-Men – Giorni di un futuro passato e X-Men – Apocalisse è apparsa fin da subito come una conferma di questa teoria. Anche quando si è appreso che dietro alla sua comparsa c’era la magia di Agatha l’idea che quel Pietro – forse per errore della stessa strega – appartenesse ad un’altra dimensione non è mai venuta meno. Che fosse una coincidenza – anche legata al casting – sembrava poco probabile. Ed effettivamente così non è stata. Ma il significato dell’apparizione di Pietro ha assunto un’altra connotazione all’interno del racconto filmico.
È stato – per dirlo gentilmente – uno “specchietto per le allodole”. Una scelta ben precisa da parte della Marvel e della Disney. Forse per paura di essere troppo prevedibili, o magari solo per il gusto di giocare con la propria fan base, gli ideatori di WandaVision hanno creato confusione circa la vera identità e natura del personaggio. Una scelta fine a se stessa? Forse, ma non completamente. Perché il rapporto con lo spettatore è un aspetto con cui la serie di Jac Schafner ha dovuto per forza di cose fare i conti, così come in precedenza erano stati costretti a fare i vari film del MCU. Non è forse per “accontentare” i fan che è stato realizzato Avengers: Engame? Epilogo che, di per sé, nulla aggiunge alla saga se non una conclusione scritta con la collaborazione (indiretta) degli spettatori? Vedere per credere il commovente finale, con tanto di sacrificio supremo di Tony Stark/Iron Man (Robert Downey Jr.).
Anziché assecondare gli spettatori, però WandaVision, come detto, se ne prende gioco. Tornando a Pietro, nell’ultimo episodio della serie Monica scopre che in realtà egli non è altro che un semplice abitante di Westview. Svelato l’arcano, disciolto il mistero. Con tutto quello che naturalmente si era portato appresso: l’avvento dei mutanti secondo alcuni avrebbe aperto la strada anche al villain Magneto (Ian McKellen/Michael Fassbender), che nei fumetti è il padre di Wanda e Pietro. Ma, sempre a proposito di cattivi, era stata fatta anche un’altra suggestiva ipotesi: la presenza di Mefisto in qualità di burattinaio di Agatha. La voce ha cominciato a farsi insistente quando la strega si è finalmente rivelata. Solitamente nei fumetti Marvel Mefisto e la magia vanno a braccetto, senza dimenticare che nella serie House of M. Wanda impazzisce quando scopre che i propri figli sono stati generati attraverso parte del potere del signore degli inferi.
Ad alimentare ancora di più l’hype sono sopraggiunte anche le dichiarazioni di Paul Bettany riguardo al coinvolgimento – nel finale – di un attore chiamato ad impersonare un misterioso personaggio. Sembrava una confessione vera e propria. La questione era solo capire chi avrebbe interpretato il personaggio: fino a ieri il più accreditato era Al Pacino. Così, mentre le aspettative degli spettatori aumentavano di settimana in settimana – e il silenzio in casa Marvel/Disney si faceva sempre più assordante – la sensazione di aver compreso dove la serie volesse andare a parare ha contraddistinto la maggior parte degli spettatori. Salvo poi scoprire di essere stati ingegnosamente “trollati”.
Guarda caso, solo in prossimità dell’ultimo episodio, e quando ormai la situazione era fuori controllo, il regista Mark Shakman ha richiamato tutti all’ordine facendo intendere che Paul Bettany forse l’aveva sparata un po’ grossa e avrebbe dovuto aggiustare un po’ il tiro. Così l’attore britannico, facendosi scudo dietro la sua doppia apparizione come Visione bianco, ha confessato che quando menzionò l’attore con il quale avrebbe sempre voluto lavorare stava in realtà facendo ironicamente riferimento a se stesso. Fine della storia? In parte. Perché nella grande confusione mediatica che si è generata intorno a WandaVision il sospetto, come anticipato, è che la narrazione della serie si sia sviluppata anch’essa su due piani diversi: l’uno della finzione seriale, l’altro della realtà recettiva-spettatoriale. Aver alimentato supposizioni circa gli sviluppi della serie, i suoi risvolti narrativi e il suo finale ha avuto un ruolo fondamentale per mantenere altissima l’attenzione relativamente al progetto. E alla fine sappiamo di essere stati per certi versi presi in giro, ma più che offesi ci sentiamo orgogliosi di essere stati parte di un processo creativo parallelo alla stessa serie.
Sitcom, ovvero la realtà come vorremmo che fosse
Le prime due straordinarie puntante di WandaVision ci avevano lasciato un dubbio: riuscirà la serie a mantenere e giustificare l’estetica da sitcom di cui si avvale? Confessiamolo: la sensazione che l’escamotage narrativo fosse un po’ fine a se stesso un po’ di ha (piacevolmente) tormentato. La vita “seriale” che Wanda si è cucita addosso ha seguito pedissequamente l’evoluzione della televisione: dagli anni ’50 fino ai 2000. Da Vita da strega fino a Modern Family. Un omaggio a un mondo forse troppo sottovalutato a livello critico, ma anche un modo per Wanda di costruire una realtà modellata sulle sue aspettative.
Dopo tutto la sitcom, in quanto genere televisivo, ha sempre promosso una rappresentazione del mondo come tutti vorremmo che fosse. Semplicemente perfetto. Può succedere di tutto, ma alla fine ogni cosa tornerà al suo posto. Per Wanda, però, questa tipologia di intrattenimento televisivo ha anche una doppia valenza. Dopo tutto, perché utilizzare proprio il “modello sitcom”? Ce lo spiega la serie nell’ottavo episodio, quando Wanda ripercorre le fasi più traumatiche della sua vita spingendosi fino alla giovinezza in Sokovia. Con la nazione dilaniata dalla guerra, l’unico passatempo della famiglia Maximoff era quello di guardare proprio le sitcom americane. È recuperando quell’illusione primigenia che Wanda decide – nel presente – di esigere quella felicità che la realtà le ha tolto. Sola, senza Visione, senza Pietro (quello vero), senza futuro, Wanda si chiude in se stessa per fa deflagrare il proprio dolore al di fuori di sé. Si dà una seconda possibilità, anche se naturalmente è solo un illusione.
Che cosa rimarrà di WandaVision?
Forse un po’ tutti ci siamo chiesti perché mai Marvel e Disney avessero scelto proprio Wanda e Visione per inaugurare la quarta fase dell’MCU. Dopo tutto, anche se non personaggi secondari, fino ad oggi non avevano mai ricevuto un’attenzione esclusiva. Certo, l’ultimo dittico dedicato agli Avengers aveva lasciato adito a possibili sviluppi: che ne sarà di Wanda ora che Visione è morto? Inoltre, i due personaggi erano effettivamente gli unici – insieme a Black Widow (Scarlett Johansson) e Occhio di Falco (Jeremy Renner) – a non essere stati approfonditi.
Eppure c’era il rischio di concentrare le forze su due figure ritenute quasi “marginali” dal grande pubblico. Tutti a piangere per Tony Stark o per Captain America (Chris Evans), o a tifare per Thor (Chris Hemsworth) e per Hulk (Mark Ruffalo) ma, sinceramente, chi si è mai filato a dovere Wanda e Visione fin dalla loro apparizione in Avengers: Age of Ultron? Probabilmente solo gli appassionati dei fumetti, che gli avevano conosciuti da un’altra prospettiva. È chiaro che le aspettative erano enormi, e il fatto di essere la prima serie Marvel prodotta in esclusiva per il canale streaming Disney+ ha sicuramente dato la possibilità a sceneggiatrice, regista e produttori vari di cullare il progetto a dovere, senza bruciare le tappe. Un bel lusso dati i tempi della serialità televisiva.
Quello che ne è uscito fuori è un piccolo capolavoro. “Piccolo”, in realtà, solo per il suo formato casalingo. WandaVision è una serie struggente e, al contempo, coraggiosa. Perché non serve, a volte, avere tutti i soldi possibili ed immaginabili a disposizione per realizzare qualcosa di veramente efficace da entrare di diritto nell’immaginario collettivo. Quelli ti servono per pensare più in grande, per realizzare effetti speciali all’altezza di quelli cinematografici – un modello dal quale la serialità Marvel non potrà mai discostarsi -, per assoldare i migliori attori in circolazione (bravi, ovviamente, la Olsen e Bettany, ma vogliamo parlare di Kathryn Hahn?). Ma tutti questi elementi, se non supportati a dovere a livello di scrittura, rischiano di acuire i limiti dell’operazione.
Per questo motivo, al di là della funzionale regia di Mark Shakman, da lodare è soprattutto lo script di Jac Shaeffer. Non solo per l’idea di omaggiare l’universo delle sitcom americane, ma per la capacità di strutturare il racconto con la sapienza di un veterano: tenendo conto dell’eredita dell’MCU, donando alla storia di Wanda una sua identità specifica, alimentando l’MCU stesso dando il là a nuove possibili storie. È proprio a livello di scrittura che WandaVision dà il meglio di sé. È quello il suo tratto distintivo. Sembra rompere con la tradizione cinematografica Marvel, pur rimanendo nel suo alveo, per affermare la sua singolarità. E sfrutta in modo sapiente anche la dimensione televisiva dello streaming. Ma, nell’elogiarla, viene spontaneo chiedersi se la strada tracciata dalla serie sarà perseguita anche dalle successive produzioni.
La sensazione, infatti, è che per una serie di fattori WandaVision sia un’opera difficilmente replicabile. Un po’ come The Mandalorian per quanto riguarda l’universo di Star Wars. È chiaro che la Disney, intenta ad espandersi sul mercato dello streaming, si sia concentrata a dismisura sulle prime opere destinate al proprio canale. La domanda allora è: sarà disposta a farlo sistematicamente anche in futuro? Già The Falcon and the Winter Soldier appare come un ritorno alla normalità, almeno da quanto si evince dal trailer. Il che non è per forza di cose un male, anzi. Bisognerà però vedere se quest’ultima serie, che debutterà il 19 marzo su Disney+, sarà stata curata nei minimi dettagli come quella dedicata a Wanda e Visione. Quel che è certo, è che la narrazione iniziata – chissà con quanta consapevolezza – nel 2007 con il primo Iron Man ha acquisito con il passare del tempo una forza tale da essere capace – anche dopo la sua ipotetica conclusione – non solo di rinnovarsi, ma anche di articolarsi tra due media vicini e lontani quali cinema e tv. Se è vero il detto che “chi ben inizia è a metà dell’opera”, dopo WandaVision ci sarà da divertirsi.