Chi è nato tra gli anni ‘80 e ‘90 ha attraversato l’epoca pionieristica che ha visto lo sviluppo dei videogiochi, usciti dalle sale Arcade per approdare su dispositivi via via sempre più piccoli e pratici, come delle console da portare sempre con sé. Forse una delle compagnie che ha legato, in modo indissolubile, il proprio nome a questa realtà sempre più in espansione – nel corso di quegli anni – è stata la giapponese Nintendo, artefice di alcuni videogiochi che hanno fatto breccia, in modo definitivo, nel nostro immaginario collettivo fino a plasmarlo; ne è un esempio il suo titolo di punta, ovvero la saga di Mario che trova nel filone di Super Mario Bros. la propria “punta di diamante” sulla quale costruire una credibilità e un vero e proprio impero.
E Mario, il piccolo eroe baffuto protagonista, è diventato uno di noi nel corso di questi ultimi quaranta (e più) anni dalla sua prima apparizione, registrata nel 1981; un compagno di giochi, un amico, un’icona giocabile e un simbolo. Mario l’idraulico italo-americano di Brooklyn, la cui frase cult è “Mamma Mia!”, sempre insieme all’inseparabile fratello Luigi e ad una ricca galleria di personaggi immaginari – la Principessa Peach, Donkey Kong, Yoshi, i Toad, il cattivo Bowser –, ha abbandonato i confini del videogioco diventando reale e acquistando, progressivamente, un suo peso specifico che l’ha portato fin sullo schermo d’argento, prima in un adattamento giapponese degli anni ‘80 e poi nell’omonimo film statunitense del 1993: uno scult oggi indimenticabile ma che, all’epoca, fu stroncato tanto dalla critica quanto dal pubblico, che non riconosceva nella trama quegli elementi salienti che avevano fatto amare, ad una platea di giovani giocatori, il videogioco.
Oggi è la Illumination Entertainment, la casa di produzione madre di Cattivissimo me, Pets e dei Minions, a sfidare l’impossibile riportando l’idraulico (e il suo coloratissimo mondo) sul grande schermo: Super Mario Bros. Il Film è pronto ad approdare nelle sale dal 5 aprile per intrattenere il pubblico grazie alla presenza, nel cast vocale italiano, di Claudio Santamaria (Christian – Seconda Stagione) proprio nei panni dell’omonimo protagonista (mentre, in lingua originale, spiccano tra i doppiatori Chris Pratt, Anya Taylor-Joy, Seth Rogen e Jack Black).
Durante il tentativo di riparare una tubatura sotterranea, Mario e Luigi si ritrovano catapultati in un universo magico, attraverso un misterioso condotto nel cuore della loro Brooklyn: ma quando i due si separano, Mario intraprende una frenetica avventura alla ricerca del fratello perduto, coadiuvato dalla nuova amicizia con Toad – abitante del Regno dei Funghi – e dai saggi consigli della determinata guerriera Principessa Peach, alle prese con l’imminente invasione del cattivissimo Bowser. Apprese le tecniche di combattimento da Peach, Mario dovrà fare appello a tutte le sue forze non solo per ritrovare Luigi, ma anche per fermare l’attacco di Bowser, magari trovando altri alleati lungo la strada come Donkey Kong e gli altri abitanti del suo regno.

Un adattamento che metterà d’accordo tutti
Premessa necessaria: questo adattamento animato del mondo di Super Mario riuscirà nell’arduo compito di mettere d’accordo praticamente tutti. Perché, da una parte, è visivamente nato per stupire e incantare il piacere retinico di chi guarda, complice la magnifica magia del cinema d’animazione, la vivacità del tratto, i colori vividi, la capacità immersiva di creare mondi impossibili (ma plausibili) da giocare; dall’altra, riuscirà a soddisfare il bisogno dei palati più sofisticati, quelli dei giocatori nostalgici che non aspettano altro che un ritorno ufficiale del proprio eroe sul grande schermo, consapevoli che il film del ‘93 è sì uno scult imprescindibile ma che necessita di una “seconda buona occasione” per rilanciare il brand Nintendo.
E la Illumination, consapevole di tutto questo, scava a fondo nella mitologia dell’intera saga di Mario tornando all’essenziale, alla matrice delle storie, per costruire una trama esile ma funzionale alla messa in scena; una struttura fragile e scontata, ma che sfrutta la propria semplicità pop per conquistare tutti (soprattutto i più piccoli), proponendo ad ogni spettatore il classico viaggio dell’eroe, scontato e prevedibile, ma non per questo meno affascinante e suggestivo. Perché il fascino di Mario si annida non solo nella sua giocabilità, ma nel dono di incarnare le caratteristiche dell’uomo medio chiamato, incredibilmente, a compiere delle grandi imprese: solo in tal modo un piccolo idraulico di Brooklyn può trasformarsi in un eroe multitasking, agile e scattante, nel Regno dei Funghi della Principessa Peach, anche lei incarnazione di archetipi ben lontani, però, da stereotipi consunti.
Se Mario è l’everyman straordinario e “fragile”, che scopre se stesso ogni giorno sfidando i propri limiti (nonostante le paure che lo accompagnano), Peach non è solo la classica principessa da salvare: ha sì bisogno di aiuto, ma sa cavarsela da sola, è abile e indipendente, padrona del proprio destino e responsabile per il proprio regno. Peach e Mario sono due facce della modernità, sempre più lontani dai modelli originali degli anni ‘80 eppure mai così vicini alla matrice, all’essenza del progetto videoludico della saga Mario per come è stata concepita dalla Nintendo. E Super Mario Bros. Il Film può contare su un impianto visivo spettacolare, che sfrutta proprio la dimensione del videogioco per creare un’esperienza immersiva popolata di easter egg e riferimenti alla storia di Mario, tra strizzate d’occhio al passato e livelli da completare che si trasformano, davanti agli spettatori, in un’esperienza estetizzante di visione totale.
Senza ombra di dubbio, il film restituisce al videogame originale una dimensione – e un respiro – più completi e ammalianti, riscattando i goffi tentativi in salsa cyberpunk di trent’anni fa; certo, trasforma la propria aderenza agli originali Nintendo in un punto di forza e, al contempo, in un grande limite, che rende l’esperienza da spettatori poco sorprendente. Ma forse, la vera chiave per catturare un pubblico il più ampio possibile, tra giocatori incalliti e neofiti bambini, si trova proprio nella leggerezza generica che permette di dialogare con tutti scegliendo l’arma più dirompente che il cinema ha, da sempre, a disposizione: la potenza delle singole immagini, le uniche in grado di orchestrare (e raccontare) la sinfonia completa di una storia.