Settembre è il titolo dell’esordio, dietro la macchina da presa, dell’apprezzata sceneggiatrice Giulia Louise Steigerwalt: dopo aver firmato numerosi film (come Moglie e marito, Il campione, Croce e delizia), grazie alla Groenlandia di Matteo Rovere e Sydney Sibilia è pronta a trasformare le sue parole in immagini che danzano sullo schermo d’argento; al suo fianco, in questo viaggio – dopo il debutto con un omonimo cortometraggio – troviamo i giovanissimi Margherita Rebeggiani e Luca Nozzoli, insieme ai veterani Barbara Ronchi, Fabrizio Bentivoglio, Thony e Andrea Sartoretti, tutti protagonisti davanti alla macchina da presa e prossimi ad approdare, sul grande schermo, dal 5 maggio.
Accade in un giorno di Settembre che tre personaggi si accorgano che la vita in cui si ritrovano non è quella che sognavano, e che la felicità è un’idea lontana ma forse ancora possibile. Dopo le vacanze estive, Maria (Rebeggiani) apprende dal compagno di scuola Sergio (Nozzoli) che il ragazzo che le piace l’ha notata ed è interessato ad andare a letto con lei; intanto Francesca (Ronchi), la madre di Sergio, complice il risultato di una delicata visita medica, sta cambiando radicalmente la prospettiva sulla sua vita, avvicinandosi sempre di più alla sua amica Debora (Thony), con cui sta nascendo un rapporto nuovo e più autentico, che in passato non si era mai concessa. E Lo confessa una sera al suo medico, Guglielmo (Bentivoglio), incontrato per caso in un bar, che da quando la moglie l’ha lasciato vive come bloccato in una bolla di apatia, squarciata soltanto dalle chiacchierate con la giovane prostituta Ana (Litvan), che vorrebbe a sua volta trovare il coraggio di cambiare vita e di iniziare una relazione con il ragazzo che le piace, dando una nuova direzione alla sua esistenza.
Settembre è, già a partire dal titolo, un’opera prima ricca di correlativi oggettivi, nella quale ogni dettaglio rimanda ad improvvise epifanie che deflagrano nelle esistenze dei vari protagonisti, cambiandole radicalmente e permettendo loro di sbocciare e maturare, proprio come l’avvento di settembre segna il passaggio cruciale da una stagione (della vita) all’altra, da una lunga estate calda al tiepido preludio autunnale. Le vite dei vari personaggi, intrecciate tra loro come radici di piante alla disperata ricerca di luce per crescere, si dipanano progressivamente divincolandosi da questo stretto abbraccio, finalmente libere di svilupparsi inseguendo diverse direzioni. La Steigerwalt costruisce un raffinato racconto corale per organi (soprattutto cuori) caldi, un’elegia delle piccole “cose” quotidiane che permettono di individuare la strada giusta da seguire per trovare, infine, se stessi e il coraggio necessario per affermare la propria voce nel caos quotidiano, mentre si è alla costante ricerca di una felicità perduta.
Uomini e donne; adulti e adolescenti; mariti e mogli sono solo alcune delle coppie dicotomiche che si alternano sullo schermo, inseguendosi in un forsennato valzer degli addii di kunderiana memoria; solitudini e malinconie che non aspettano altro che incontrarsi, trovando quella seconda buona occasione per poter cambiare, grazie ad un rinnovato slancio esterno, teso come un gancio che giunge del tutto inaspettato, sull’onda del concetto junghiano di sincronicità. La scrittura della Steigerwalt segue le onde emotive che travolgono i “suoi” personaggi cavalcandole in un delicato equilibrio tra dramma e commedia, nel quale la risata insegue le lacrime e viceversa, ed entrambe sono immortalate in una ininterrotta danza delle emozioni. La regista riconferma il suo talento nel maneggiare con estrema cura non sole la parole ma anche un genere, la dramedy, che affonda le proprie radici negli anacronismi dell’esistenza, dominata dagli alti e bassi offerti dalla realtà stessa.
Il pregio di Settembre è proprio quello, infatti, di raccontare le idiosincrasie del quotidiano senza ricercare necessariamente il colpo di scena iperbolico, l’evento scatenante e drammatico per “sedurre” l’attenzione dello spettatore, il buon motivo per solleticare il suo piacere retinico: il film non ricorre agli stratagemmi tecnici più comuni della Settima Arte, eppure allo stesso tempo è pienamente figlio della macchina-cinema, dei suoi meccanismi narrativi per raccontare una storia attraverso le immagini, immortalando l’essenza stessa della vita in tutto il suo semplice – e disarmante – stupore. A veicolare con maggior forza il messaggio emotivo del film ci pensano, appunto, inquadrature, intere sequenze e scelte di regia specifiche che occhieggiano al mondo del cinema d’autore indie americano, tra evocativi tagli di luce, tramonti mozzafiato, neon notturni che incorniciano volti e sentimenti: Settembre non si limita ad imitare la realtà così com’è, trasgredendo le regole base del cinema, ma instaura con quest’ultimo un processo mimetico che ne riproduce i meccanismi, sublimandoli attraverso l’occhio meccanico della MdP.
Settembre è, quindi, una dramedy atipica e intima che sfrutta la base della Teoria del Caos per mettere in scena casuali atti di gentilezza capaci di rivoluzionare il mondo: a cambiare non è il reale, ma il privato dei singoli protagonisti coinvolti, anime alla ricerca solo di una buona occasione per risvegliarsi dal lungo torpore delle loro grigie e monotone esistenze; persone in cerca di una buona occasione per poter imparare ad accettare il cambiamento, considerandolo come un’opportunità. L’ottimo cast rende perfettamente, sullo schermo d’argento, tutte queste sfumature: dalla malinconia “blu” di Bentivoglio alla dolcezza innocente della coppia di adolescenti Rebeggiani-Nozzoli, fino all’incomunicabilità distratta di Sartoretti e, last but not least, l’insondabile complessità delle figure femminili. La fragilità di Ana, interpretata da Tesa Litvan; ma soprattutto il delicato caleidoscopio di emozioni incarnato dai personaggi di Francesca e Debora, nei cui panni si calano rispettivamente le attrici Barbara Ronchi e Thony (protagoniste delle nostre videointerviste, insieme alla regista e ai giovani Rebeggiani e Nozzoli), entrambe capaci di tratteggiare appena – attraverso poche pennellate – il ritratto di un femminino moderno, affascinante e imperscrutabile.