Chiunque voglia fare un tuffo nella vita reale e nella contemporaneità degli Stati Uniti d’America, si metta comodo davanti allo schermo e cerchi il titolo Maid su Netflix. Uscita da un circa mese, questa miniserie nasce dal memoire di Stephanie Land e da una produzione della Warner, a cui ha collaborato anche Molly Smith Metzle (già sceneggiatrice di Orange is the New Black).
Maid si compone di 10 episodi da circa 50 minuti ciascuno e catapulta lo spettatore nell’inesattezza della definizione che l’America sia il paese delle opportunità. Esplicito, diretto e a volte crudele, è il racconto della protagonista Alex, interpretata dall’attrice Margaret Qualley (C’era una volta a Hollywood), una ragazza, per età, una donna matura, per esperienza, alle prese con una vita che mai le ha regalato niente e forse mai lo farà. Figlia di una madre pittrice bipolare e di un padre ex violento e ora vicino, forse troppo, alla religione cristiana, Alex conquista la vita e la serenità giorno per giorno, facendo grandi sacrifici per poter dare un futuro migliore alla figlioletta Maddy. Vittima di violenze emotive da parte del compagno, abbandona la casa familiare con la figlia e tenta di trovare un lavoro e un alloggio dove poter stare.
La tematica della violenza psicologica mai come in questa serie è trattata con così tanta profondità e serietà: Alex, pur comprendendone la gravità, non riesce ad ammettere a se stessa che le molestie emotive siano al pari di quelle fisiche, tanto che agli inizi, quando le consiglieranno di rivolgersi ad un’associazione per donne vittime di violenza, lei stessa reputerà il male subito inferiore rispetto a quello vissuto dalle altre donne. Sebbene gli eventi mostrino al pubblico una donna, la regia non perde mai occasione di ricordarci che Alex è una giovane ragazza, alle prese con una vita più grande di lei; i dettagli sul volto, su quegli occhi grandi e celesti, su quella pelle giovane e fresca ci raccontano quanto non sia scontato che lei spenda tutte le sue energie nell’affrontare le difficoltà di una madre sola e povera.
Alex rammenta raramente la sua età e ciò che ne dovrebbe conseguire, sentendosi in colpa in seguito a quei rari momenti dove l’entusiasmo e la frivolezza tipica della giovinezza prendono su di lei il sopravvento. Alla protagonista sembra quasi vietato godersi la vita, perché ogni conquista fatta spesso sfuma a causa di motivi esterni: un ex compagno alcolizzato e collerico e una madre i cui disturbi mentali la portano a vivere in strada come una barbona e a frequentare gli uomini sbagliati. Nonostante tutto il dolore che le persone care ad Alex le abbiano arrecato, lei non porta rancore, anzi, alle volte sembra quasi voler tornare sui suoi passi per non abbandonarle, cosa che meriterebbero.
Probabilmente il suo istinto dipende molto dalla sua sensibilità ed intelligenza: lei sa che se la madre è così, è perché non ha avuto una vita facile, così come l’ex compagno. La forza che la spinge ad allontanarsi dai guai è Maddy, l’amore per questa figlia, più che l’amore per sé stessa. L’unico spazio, l’unico angolo di pace che riesce a ritagliarsi è quando scrive il suo diario, dove racconta, con voracità, le sue esperienze lavorative. Alex è una “maid“, cioè una donna delle pulizie, una colf, una che pulisce centinaia di bagni e abitazioni, una che fa caso agli oggetti e alla vita delle persone che le abitano. Le sue storie saranno, infatti, la sua via di fuga, l’unica possibilità di un riscatto personale che vada oltre l’amore per la figlia, l’unico modo che ha di amare sé stessa.
Il livello attoriale di questa miniserie è altissimo, grazie soprattutto all’iconica Andie MacDowell, che interpreta il ruolo di Paula, madre di Alex (le due interpreti sono madre e figlia nella vita reale), e che riesce a creare un personaggio di un’intensità talmente rara da far pensare allo spettatore che sia la sua migliore interpretazione. Maid è un piccolo gioiello che rischia di passare inosservato su una piattaforma come Netflix, perché non propone niente di audace, psichedelico o anticonformista; Maid è vita vera, è un racconto talmente intenso ed incisivo da richiamare tutti e cinque i sensi dello spettatore e da coinvolgere visceralmente il pubblico over 20.