Quante lacrimucce e cuori infranti ha causato l’incipit del film Avengers: Infinity War, dove un Loki finalmente redento si sacrificava nel tentativo di colpire Thanos, per poi perire per mano di quest’ultimo. Un tragico prologo che ha tolto ogni speranza ai fan – almeno sul momento – di rivedere l’affascinante Dio dell’Inganno nella sua nuova veste di eroe. C’è voluto l’annuncio dell’omonima serie tv dedicata al fratellastro di Thor, personaggio amato da quasi la totalità del pubblico, a rincuorare gli sconsolati adepti dei film Marvel, sin da quel giorno in attesa trepidante di rivedere il loro antieroe preferito in azione. Loki, nuovo tassello della Fase Quattro del MCU, sarà infatti disponibile su Disney+ dal 9 giugno.
Regista dietro tutte e sei le puntate di Loki – in uscita ogni mercoledì sulla piattaforma di streaming Disney – è Kate Harron, talento che ha mosso i primi passi in BBC per poi approdare a Netflix, dirigendo alcuni episodi dell’acclamata serie Sex Education. Questa pazza avventura, che promette assurdi viaggi tra le varie linee temporali – cosa che vi abbiamo anticipato anche in articoli precedenti -, non poteva che avere uno showrunner come Michael Waldron, allievo e partner in crime di quel folle di Dan Harmon su opere come Community e Rick and Morty.
La serie MCU – di cui abbiamo visto i primi due episodi – parte da un momento a noi familiare: la scena di Avengers: Endgame in cui il viaggio temporale nel passato dei nostri eroi, tornati alla fine della battaglia di New York del primo Avengers, causa la fuga di Loki (Tom Hiddleston) col Tesseract. Il malvagio dio norreno, teletrasportatosi nel deserto del Gobi, viene subito raggiunto e arrestato dagli agenti della Time Variance Authority. La TVA è un’agenzia creata per vigilare sulle varianti temporali, pericolose anomalie – come lo stesso Loki – che potrebbero causare deviazioni dai risultati devastanti per la linea temporale prestabilita. Mentre la maggior parte dei membri della TVA vorrebbe cancellare Loki dall’esistenza, l’agente Mobius M. Mobius (Owen Wilson) cercherà di coinvolgerlo in una loro indagine, vedendolo come una preziosa risorsa per catturare un’altra minacciosa e sfuggevole variante.
Questa in soldoni – ed evitando spoiler – la trama dell’inizio di Loki; serie che, in questi primi episodi, si prende il suo tempo per descrivere al meglio – anche con un occhio di riguardo nei confronti dei non avvezzi a certa fantascienza – il contesto e le regole della sua storia. Un incipit di sicuro dal ritmo più blando rispetto alle precedenti produzioni tv targate MCU, dove la palpabile inquietudine (WandaVision) e l’azione (The Falcon and the Winter Soldier) vengono trascurate in favore dell’aspetto investigativo e dei dialoghi fortemente ironici. Proprio i brillanti e spassosi dialoghi rappresentano il punto forte di questi due episodi, dove assisteremo a duetti gustosi tra Loki/Hiddleston e Mobius/Wilson, coppia che mostra un affiatamento quasi perfetto.
Un poliziesco quindi, memore di pellicole come 48 ore di Walter Hill, dai toni ironici e con elementi fantascientifici, aspetto che per ora rimane il meno sfruttato. Le potenzialità dei viaggi nel tempo e delle linee temporali alternative, infatti, sono poco approfondite in queste prime due puntate; tutte cose che quasi sicuramente – viste le premesse “esplosive” del finale del secondo episodio – diventeranno il fulcro dell’avventura di Loki.
Un inizio quindi positivo per la serie, ma che dà l’impressione di non aver ancora mostrato tutto il potenziale delle sue interessanti premesse. Loki parte con il freno a mano tirato rispetto alle precedenti WandaVision e The Falcon and the Winter Soldier, ma riesce comunque ad intrattenere e divertire grazie ai suoi spassosi dialoghi, valorizzati dal carisma e dalla bravura dei sue interpreti.