Meno brutto di quello che si temeva, meno bello di come si sperava, Madame Web arriva in sala con la mestizia di una campagna promozionale da disastro annunciato. Un solo trailer, pochi spot e una presenza stampa agghiacciante da parte dell’assoluta protagonista Dakota Johnson. Sua la definizione di Madame Web durante una comparsata tv: “Come se l’Intelligenza Artificiale avesse generato il film perfetto per il tuo ragazzo”. Non il massimo come premessa.
A intorbidare le acque si sono aggiunte le voci del repentino licenziamento dell’agente dell’attrice. Lei voleva entrare nel MCU, ma si è trovata suo malgrado nell’universo Sony. Nonostante la produzione stessa non abbia fatto nulla per evitare i numerosi pregiudizi che il film porta con se, noi – prima di entrare in sala – ce li siamo scrollati di dosso. Anche a mente libera ci si trova, però, di fronte a un prologo agghiacciante: due ricercatori in Perù stanno studiando i ragni in cerca di un esemplare raro; tra colpi di scena vari, rapidissimi e mal girati, muore una donna, nasce una bambina. È Cassandra (Johnson), colei che seguiremo nel 2003, a New York.
Una data non casuale, dal momento che lo Spider-Man di Sam Raimi è ambientato un anno prima, ma in realtà senza alcun legame con gli altri angoli del sempre più confuso multiverso dell’Uomo Ragno senza l’Uomo Ragno. Per evitare emicranie, meglio non chiedersi troppo il perché di questa scelta (come detto da Johnson stessa, probabilmente causata da diverse riscritture). Ezekiel Sims (Tahar Rahim) – che nei fumetti è una figura centrale di una run molto importante nella mitologia del personaggio – diventa qui un cattivo quasi opposto alla controparte cartacea: ossessionato da alcune visioni si mette a braccare un gruppo di ragazze che, è convinto, nel futuro lo uccideranno.
Ad aiutare Mattie Franklin (Celeste O’Connor), Julia Cornwall (Sydney Sweeney) e Anya Corazon (Isabela Merced) – questi i nomi delle tre giovani – ci sarà proprio Cassandra Webb che, a seguito di un incidente, ha sviluppato dei poteri di preveggenza. Attraverso violente visioni riesce a intuire il futuro, un senso di ragno potenziato i cui messaggi non sono però sempre chiari. I fatti accadono, ma Cassandra non sa perché: deve fidarsi del suo istinto e provare a sopravvivere in una sfida impari conto il potente Ezekiel.
Usare la testa, meno i costumi
Poteva andare peggio, ma anche molto meglio. Madame Web non è un film totalmente fuori fuoco come Morbius, è più in linea con la recente ondata di cinecomics pigri e poco ispirati. Possiede, però, alcuni interessanti elementi di discontinuità che, se sviluppati meglio, avrebbero potuto fare centro. Il primo – dispiace citare ancora una volta il marketing – è la pressoché totale assenza di costumi e di poteri. Delle quattro protagoniste (che fanno una gara a ribasso di carisma) solo Cassandra possiede dei poteri. Le scene d’azione in costume presentate nel trailer sono relegate a pochi minuti di flash forward. Pubblicità ingannevole a dir poco. Non si era mai visto, però, un cinecomic come Madame Web. Nel bene e nel male.
L’idea di raccontare un’origine senza costume da supereroe, mettendo al minimo livello i poteri è, per lo meno, un tentativo di fare qualcosa di diverso che si può ammirare. Il secondo complimento che si può fare al film (non ce ne saranno molti altri) sta nell’aver gestito il conflitto centrale come uno scontro di due elementi completamente distinti. Uno dei cliché del genere è di mettere un personaggio forte contro uno più forte; uno intelligente può vincere con maggiore intelligenza e così via. Qui abbiamo una sorta di Spider-Man stalker, potentissimo, contro tre ragazze in fuga (e non troppo sveglie) e una veggente. Forza contro logica e preveggenza che ne fanno un film, fondamentalmente, di sopravvivenza. La premessa di Madame Web è proprio quello che sembra: un film più vicino agli high concept della Blumhouse che all’azione Marvel. Ci sono pure i jump scare con un sonoro e un montaggio che appartengono al linguaggio da horror per ragazzi di serie B. Datato primi anni duemila, ovviamente.
Un periodo di cui nessuno ha nostalgia
Madame Web sembra infatti provare un’ingiustificata nostalgia verso la prima epoca dei cinecomics. Prima di Raimi e degli X-Men di Bryan Singer. La regia di S.J. Clarkson ci riporta a quella messa in scena così ipertrofica e naïf dei Blade (quando va bene), di Daredevil (quando va meno bene) e di Electra (quando va male). Se l’idea di una lotta con il futuro funziona, quello che ammazza il film è il ritmo. Ci sono sequenze che vanno avanti troppo a lungo, come un’imbarazzante lezione di rianimazione, fin troppo palese occhiolino rispetto ad una cosa che accadrà nel terzo atto. Altre si ripetono: l’immagine dei Las Arañas è suggestiva, se non fosse che viene ripetuta identica almeno tre volte, prodotta con una pessima CGI ed è spesso in contrasto con la continuità del montaggio. Il più delle volte tutto è confuso, con l’azione incomprensibile e troppo stretta nei dettagli. Insomma, tutte cose che si sperava di essersi lasciati alle spalle all’inizio del millennio.
Ci sono dei forti legami con le vicende dei Parker che – per probabili ragioni di diritti – vengono enunciate a mezza bocca, come se non si potesse dire veramente chi rappresentano alcuni personaggi. Il problema è che la presenza di alcune figure fondamentali nella storia di Peter Parker non è giustificata in alcun modo dalla sceneggiatura. Il film parla di altro, a tal punto che se costoro avessero avuto nomi e cognomi diversi poco sarebbe cambiato. Quei personaggi sembrano scritti su commissione, dal momento che Sony ha rinegoziato gli accordi con i Marvel Studios per lo sfruttamento di Spider-Man: sono come pedine messe lì nell’eventualità che – non si sa mai! – quella storia possa continuare con una nuova versione “Made in Sony” del supereroe dalle cui avventure sono scaturiti tutti questi comprimari.
Madame Web non ha futuro
Madame Web, però, non ha futuro. Come non ce l’ha questo universo Sony pieno di personaggi orfani. Come in Venom, anche qui si sente l’assenza del vero protagonista, dell’unico supereroe capace di ricoprire il posto al centro della tela. Senza Spider-Man, queste storie sono costrette a passare gran parte del tempo a trovare una giustificazione per la loro stessa esistenza. Quando ce la fanno – se ce la fanno – si rivelano contenitori vuoti, a cui manca qualcosa (non è un caso se i film più riusciti di questo progetto Sony siano in realtà pieni di Spider-Persone, ovvero quelli dello Spider-Verse).
In live action, invece, l’errore concettuale è palese. Impossibile sapere quanto sia colpa dei filmmaker e quanto degli ordini dall’alto. Fatto sta che Madame Web – nelle sale dal 14 febbraio – incorre nello sbaglio fatale ormai troppo spesso ripetuto da più parti: vuole creare un universo interconnesso ancora prima di avere dei personaggi in grado di prenderci per mano e portarci all’interno di questo mondo. Restiamo invece alla porta, a contemplare una buona idea male espressa e un progetto senza senso. Vedere ancora questo universo provare a nascere, dopo innumerevoli tentativi, è ormai solo un macabro atto di crudele voyeurismo cinematografico.