Di fronte allo speciale televisivo Harry Potter 20th Anniversary: Return to Hogwarts, disponibile su Sky e NOW dal 1° gennaio, ci sentiamo irrimediabilmente vecchi. Sono passati infatti venti anni dall’uscita del primo capitolo cinematografico della saga tratta dal ciclo di romanzi di J.K. Rowling: Harry Potter e la pietra filosofale di Chris Columbus.
Sembra ieri che il giovane mago compiva il felice salto dalla carta stampata alla celluloide (non era ancora iniziata la rivoluzione del digitale), trascinato dal successo planetario dei libri della scrittrice inglese. Un vero e proprio fenomeno culturale che invase librerie prima e sale cinematografiche poi, accompagnando una generazione dall’infanzia all’età adulta, ma dimostrandosi capace di attrarre un pubblico di lettori e spettatori di ogni fascia d’età.
Ed è proprio da questa prospettiva che prende le mosse il documentario-reunion realizzato da Eran Creevy, Joe Pearlman e Giorgio Testi. Riflettere sull’impatto che la saga ebbe sugli spettatori (grandi e piccini) in quanto fenomeno di costume, rileggendone l’avventurosa produzione dal punto di vista del cast, concentrandosi in particolare sui tre (all’epoca dell’uscita del primo film, giovanissimi) protagonisti: Daniel Radcliffe, Emma Watson e Rupert Grint. Tre Millennials destinati ad essere catapultati in quel circo a tre piste che è il mondo dello spettacolo, travolti da un successo tanto enorme quanto – a lungo andare – difficilmente gestibile.
Lo speciale tv firmato da HBO è naturalmente un’occasione per gli spettatori di fare un salto indietro nel tempo (qualcuno, lo dicevamo, fino alla propria infanzia), per ripercorrere – film dopo film, aneddoto dopo aneddoto – la saga cinematografica, la sua gestazione, la sua realizzazione e la sua affermazione nell’immaginario collettivo. Un viaggio che Harry Potter 20th Anniversay – Return to Hogwarts mette letteralmente in scena, non propendendo per uno stile documentario statico (il classico susseguirsi di interviste), ma utilizzando il cast in modo attivo, facendolo partecipare direttamente all’azione.
Così, i vari interpreti, registi e produttori vengono invitati a tornare sul famigerato binario 9 3/4 presso la stazione londinese di Kings Cross, a riprendere il treno che li condurrà ad Hogwarts e a tornare sui set dei film che li hanno resi celebri (gli interpreti più giovani) o di cui hanno contribuito al successo grazie al loro allure: i vari Gary Oldman (Sirius Black), Robbie Coltrane (Agrid), Helena Bonham Carter (Bellatrix Lestrange) e, ovviamente, Ralph Fiennes (Voldemort).
A recitare il ruolo di intervistatore d’eccezione non può che essere Daniel Radcliffe (a volte sostituito dalla Watson e Grint), che invita il cast e la troupe a rammentare curiosità e aneddoti sulla realizzazione dei singoli film. Si susseguono così divertenti siparietti sugli incidenti più curiosi avvenuti durante le riprese (ad esempio, sapevate che Mike Newell, regista di Harry Potter e il Calice di Fuoco, si ruppe tre costole sul set?), sulle scene più difficili da girare per gli interpreti (il bacio tra Ron ed Hermione, tra gli altri), sul clima “familiare” che ha sempre contraddistinto le riprese, ma anche commoventi ricordi di coloro che non ci sono più: Richard Harris (il primo Silente, poi sostituito da Michael Gambon), Alan Rickman (Severus Piton), Richard Griffiths (Verson Dursley) ed Helen McCrory (Narcissa Malfoy).
Il ripercorrere i dieci anni che videro la realizzazione della saga, da Harry Potter e la pietra filosofale (2001) a Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2 (2011) non è però solo un viaggio a ritroso per giungere alle origini di una delle serie cinematografiche più apprezzate degli anni 2000, ma anche un resoconto sull’evoluzione del cinema: dai primi film, contraddistinti dal giusto amalgama tra effetti digitali e non (le reali candele accese appese tramite un filo al soffitto del refettorio di Hogwarts, ad esempio), fino agli ultimi, dove ritroviamo un profluvio di CGI necessaria per rendere credibili sul grande schermo le avventure immagine dalla Rowling per il suo giovane ed intrepido eroe.
Ma, dove lo speciale tv Harry Potter 20th Anniversary – Return to Hogwarts fa centro, è sopratutto nella scelta di legare lo sviluppo della saga alla crescita dei suoi (un tempo piccoli, poi mano a mano sempre più grandi) interpreti. Dalle parole di Radcliffe, della Watson e Grint (così come degli altri comprimari) emerge il profondo nesso tra le loro vite extra schermo e quelle vissute sullo schermo nei panni di Harry, Hermione e Ron.
L’infanzia, l’adolescenza (con i suoi primi turbamenti), ed infine il passaggio all’età adulta: tutte fasi che i giovani attori hanno vissuto due volte parallelamente sul set e fuori da esso. E con loro milioni di Millennials in tutto il mondo. Proprio il sottolineare questo aspetto ci riconsegna forse la vera importanza di una saga che passerà alla storia del cinema non solo per la sua ambizione e per l’intelligenza con la quale è stata rinnovata nel tempo (si pensi, ad esempio, all’oculata scelta dei registi, a cominciare dall’assegnazione ad Alfonso Cuarón di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban), ma anche per aver inciso sull’immaginario di una generazione che ne ha seguito l’evoluzione di pari passo, nel tempo, e ora si ritrova ad avere trent’anni e a commuoversi ancora di fronte ai suoi “vecchi” e immaginari compagni di avventure.
Ma non finisce qui. La conclusione della saga (che poi non è mai davvero avvenuta, come testimonia la saga prequel Animali Fantastici) non ha significato (e non può davvero significare) la fine dell’interesse di una storia talmente universale da attirare a sé le nuove generazioni. «Credo che la generazione dei miei figli farà vedere i film ai suoi figli. Quindi è probabile che li vedranno ancora tra cinquant’anni. Peccato che io non ci sarò…ma Hagrid sì», dice a conclusione dello speciale Robbie Coltrane.
Un passaggio di consegne, dunque. Un’eredità che si trasmette di padre/madre in figlio/figlia, e che difficilmente si disperderà nel tempo. Perché, in fondo, quel treno che dalla reale Inghilterra sfrecciava, per la brughiera fino a Hogwarts, è fatto della stessa materia di cui sono fatti i sogni. E finché si continuerà a sognare, Harry Potter e i suoi amici avranno sempre un loro spazio privilegiato nell’immaginario di grandi e piccini.