venerdì, Giugno 20, 2025
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Elio, recensione del film d’animazione Disney e Pixar

Diretto da Domee Shi e Madeline Sharafian, Elio è il nuovo film d'animazione Disney e Pixar in arrivo nelle sale dal 18 giugno.

Nel vasto e competitivo firmamento dell’animazione contemporanea, Elio si presenta come una rinnovata incursione nel genere fantascientifico da parte della Pixar, che prosegue nella sua vocazione di raccontare l’identità attraverso la meraviglia dell’ignoto. Dopo aver affrontato emozioni antropomorfe (Inside Out), aldilà dal sapore jazz (Soul) e pubertà metaforica (Red), lo studio di Emeryville – archiviata l’accoglienza tutt’altro che positiva riservata a Lightyear – La vera storia di Buzz ci conduce ancora una volta volta nello spazio profondo per esplorare una domanda che risuona universale: cosa significa sentirsi parte di qualcosa?

Elio Solís è un ragazzino di undici anni con una fervida immaginazione e una solitudine palpabile. Orfano, vive con la zia Olga, maggiore dell’aeronautica, in un ambiente che sembra troppo rigido e severo per accogliere la sua indole fantasiosa. Elio non si sente a casa sul suo pianeta e cerca disperatamente un segnale – letterale e simbolico – che lo possa condurre altrove. Il suo desiderio si realizza in modo tanto accidentale quanto spettacolare: viene scambiato per il rappresentante ufficiale del pianeta Terra e teletrasportato nel Communiverse, un consesso galattico popolato da creature affascinanti, bizzarre e spesso più empatiche di quanto ci si aspetti.

A chiunque si sia mai sentito fuori posto… 

È qui che Elio – nelle sale italiane dal 18 giugno – svela la propria natura più autentica. Non è un racconto sull’eroismo, né un’epopea spaziale fatta di battaglie e conquiste, ma una storia intima travestita da space opera. Elio, piccolo ambasciatore per caso, non possiede particolari abilità se non la sua curiosità, la sua gentilezza e il suo desiderio profondo di essere accettato. È in questa sua ordinarietà che il film di Domee Shi (già regista del sopracitato Red) e Madeline Sharafian (al suo debutto alla regia di un lungometraggio) trova il suo centro emotivo: Elio parla a chiunque si sia mai sentito fuori posto, alieno nel proprio mondo, incompreso nel linguaggio emotivo degli altri.

Lo spazio: un luogo ricco di potenziale narrativo

Il design del film accompagna splendidamente questa dicotomia tra isolamento e meraviglia. La Terra, o meglio la base militare in cui Elio vive, è rappresentata con tonalità grigie, geometrie rigide e una freddezza visiva che riflette la distanza emotiva tra il protagonista e l’ambiente che lo circonda. Il Communiverse, invece, è un trionfo di forme organiche, colori brillanti e texture ispirate al mondo microscopico: una tavolozza visiva che rifiuta le classiche estetiche “high-tech” della fantascienza per abbracciare un’idea di universo vivo, naturale, sorprendente.

Lo spazio Pixar diventa, così, un luogo accogliente e ricco di potenziale narrativo, in cui – per stessa ammissione delle registe – è possibile scorgere sprazzi di immaginari ben noti a tutti gli appassionati di fantascienza anni ’80 (da E.T. e Incontri ravvicinati del terzo tipo di Spielberg, passando per Alien di Ridley Scott e La cosa di John Carpenter).

La missione di Elio: trovare un posto nel mondo

Ma non si tratta solo di estetica. Il giovane Elio è uno dei personaggi Pixar più sinceramente vulnerabili degli ultimi anni. La sua missione non è quella di salvare il mondo, ma di trovare un posto nel mondo. Lontano dal prototipo dell’eroe coraggioso, Elio conquista grazie alla sua sensibilità e alla capacità di stringere legami autentici con le creature più improbabili. Il cuore pulsante del film, infatti, è proprio il rapporto tra Elio e Glordon, giovane alieno figlio di un imperioso signore della guerra. La loro amicizia, nata tra malintesi e piccole aperture emotive, è ciò che più si avvicina al vero motore narrativo del film.

In un racconto che talvolta fatica a trovare una tensione lineare, sono i gesti gentili, gli sguardi complici e le paure condivise a dare sostanza e verità all’intreccio. Glordon, come Elio, è prigioniero delle aspettative degli adulti, costretto a indossare un’armatura letterale e metaforica che gli impedisce di capire chi è davvero. Nel momento in cui i due ragazzi abbassano le difese, Elio trova la sua luce narrativa più autentica.

Un racconto di formazione tra le stelle

La regia, condivisa tra Domee Shi e Madeline Sharafian, imprime al film una sensibilità autentica. C’è un’attenzione minuziosa ai dettagli emotivi, alla costruzione del non detto, al tempo del silenzio. Entrambe le registe hanno una comprovata esperienza con storie intime, spesso legate alla famiglia, alla crescita e al bisogno di accettazione. Elio è la somma di queste visioni: un racconto di formazione ambientato tra stelle, pianeti e creature straordinarie, in cui c’è spazio a sufficienza per parlare anche di desiderio di connessione.

Il film riflette sul sentirsi “alieni” non nello spazio, ma qui, sulla Terra, nelle proprie relazioni, nella propria comunità. Il fatto che Elio venga finalmente compreso da esseri provenienti da altri pianeti è una metafora potente: a volte per trovare sé stessi serve allontanarsi da ciò che ci è familiare. Allo stesso tempo, la pellicola affronta temi altrettanto importanti come il lutto, la genitorialità non convenzionale, l’accettazione del diverso e la costruzione della propria identità.

Un’avventura cosmica dal cuore gentile

Elio non corre, non esplode in un climax roboante, ma si sviluppa in modo contemplativo, lasciando spazio alla riflessione. Se questo da un lato rappresenta un pregio, dall’altro può risultare un limite: la trama centrale non sorprende e talvolta si affida a svolte prevedibili, perdendo l’occasione per rischiare davvero. In alcuni momenti, soprattutto nel secondo atto, la narrazione sembra tentennare, come se il film fosse più interessato a suggerire che a sviluppare. Tuttavia, nonostante le sue imperfezioni strutturali, Elio riesce a lasciare un segno per la delicatezza con la quale si approccia ai suoi temi profondi.

Elio – non il film Pixar più spettacolare, né il più sofisticato – è una piccola odissea spaziale dotata di un’anima sincera, che ha il coraggio di proporre un racconto fatto di ascolto, attesa e connessione. Si potrebbe definire Elio un’avventura cosmica dal cuore gentile, che commuove senza retorica e invita chiunque a cercare il proprio posto nel mondo – anche se è a milioni di anni luce da qui. Forse non sarà ricordato come un capolavoro, ma di certo sarà amato da chi riuscirà a cogliere, in quel bambino che parla alle stelle, un riflesso della propria “alienazione”.

Guarda il trailer ufficiale di Elio

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Si potrebbe definire Elio un’avventura cosmica dal cuore gentile, che commuove senza retorica e invita a cercare il proprio posto nel mondo – anche se è a milioni di anni luce da qui. Forse non sarà ricordato come un capolavoro, ma sarà amato da chi saprà cogliere, in quel bambino che parla alle stelle, un riflesso della propria "alienazione".
Stefano Terracina
Stefano Terracina
Cresciuto a pane, latte e Il Mago di Oz | Film del cuore: Titanic | Il più grande regista: Stanley Kubrick | Attore preferito: Michael Fassbender | La citazione più bella: "Io ho bisogno di credere che qualcosa di straordinario sia possibile." (A Beautiful Mind)

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