sabato, Settembre 14, 2024
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Swan Song, recensione del film con Mahershala Ali

La recensione di Swan Song, film interpretato da Mahershala Ali al fianco di Naomie Harris e Glenn Close. Dal 17 dicembre su Apple TV+.

Un canto del cigno – forse? – futuribile e ambientato in un ipotetico “domani” quello firmato da Benjamin Cleary nel suo Swan Song, disponibile a partire dal 17 dicembre sulla piattaforma streaming Apple TV+. Il lungometraggio che vede protagonista il premio Oscar Mahershala Ali, che fa parte anche della schiera di produttori, accompagnato da Naomie Harris, la rapper Awkwafna e la signora dello schermo Glenn Close.

Cameron (Ali) è un uomo di mezza età a cui è stata diagnosticata una malattia incurabile. La sua fine sembra essere segnata e, nella speranza di non dover mai abbandonare la moglie Poppy (Harris) e il figlio Cory, decide di ricorrere ad una rinomata agenzia adibita alla creazione di cloni sotto la direzione della Dottoressa Jo Scott (Close).

La questione etica si dischiude ben presto: l’avatar è effettivamente un’altra persona all’infuori dell’essere umano che funge da matrice? Come possono arrivare a convivere esigenze diverse ma derivanti da un’unica sorgente di memoria? Per certo le risposte sono molto meno evidenti di una realtà pesante e incorruttibile come quella di una persona dall’avvenire mortalmente segnato.

Swan Song riprende tematiche molto care alla cinematografia, a partire dagli anni ’70 con I ragazzi venuti dal Brasile (F. J. Schaffner, 1978) passando per – citandone solo alcuni – The Island (Michael Bay, 2005) e Gemini Man (Ang Lee, 2019), in cui l’uomo viene messo alla prova in ambito fisico, mentale e sentimentale con il suo doppio. E non si tratta di un doppio faustianamente diabolico come ci insegna la letteratura tedesca, il famigerato doppelgänger, ma di un clone che si instaura come perfetta riproduzione del soggetto richiedente e necessario alla perpetrazione del suo ricordo e della sua presenza sulla terra.

Il lungometraggio di Benjamin Cleary si sofferma su due aspetti fondamentali: la creazione di un mondo molto simile a quello contemporaneo ma con qualche pennellata di fantascienza dal gusto quasi vintage – macchine che vanno da sole, schermi che si materializzano nell’aria, piccoli diodi capaci di leggere la memoria del soggetto se posti sulle tempie – e la riscoperta del tema dell’assenza.

Swan Song si muove quindi nella volontà di far scontrare due entità che, su carta, sembrano effettivamente impossibili da accostare. Il clone, l’avatar, si pone come simbolo di doppiezza e permanenza nel tempo; mentre la consapevolezza di una perdita, in questo caso quella di se stessi in quanto corpo, ovvero la morte, è la negazione totale di ogni avvenire.

Trait d’union rimane quello della memoria, la cui condivisione diviene momento di scontro quando Cameron si ritrova faccia a faccia con la sua riproduzione in carne e ossa. La memoria è l’unico vero luogo intimo della percezione umana e condividerla, se non addirittura cederla, diventa campo di battaglia tra due entità figlie dello stesso patrimonio cellulare.

Swan Song è perciò consigliabile a tutti coloro vogliano mettersi faccia a faccia con una problematica che sembra essere sentita sempre di più con il passare del tempo: cosa resterà di noi su questa terra? Probabilmente la risposta non esiste, ma ci si può lavorare.

Guarda il trailer ufficiale di Swan Song

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Swan Song riprende tematiche molto care alla cinematografia, in cui l’uomo viene messo alla prova in ambito fisico, mentale e sentimentale con il suo doppio. E non si tratta di un doppio faustianamente diabolico come ci insegna la letteratura tedesca, il famigerato doppelgänger, ma di un clone che si instaura come perfetta riproduzione del soggetto richiedente e necessario alla perpetrazione del suo ricordo e della sua presenza sulla terra.
Carlotta Guido
Carlotta Guido
Dopo la visione de Il Padrino Parte II capisce che i suoi film preferiti saranno solo quelli pari o superiori alle tre ore | Film del cuore: Il Padrino | Il più grande regista: Aleksandr Sokurov | Attore preferito: Marlon Brando | La citazione più bella: "Il destino è quel che è, non c’è scampo più per me" (Frankenstein Junior)

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Swan Song riprende tematiche molto care alla cinematografia, in cui l’uomo viene messo alla prova in ambito fisico, mentale e sentimentale con il suo doppio. E non si tratta di un doppio faustianamente diabolico come ci insegna la letteratura tedesca, il famigerato doppelgänger, ma di un clone che si instaura come perfetta riproduzione del soggetto richiedente e necessario alla perpetrazione del suo ricordo e della sua presenza sulla terra.Swan Song, recensione del film con Mahershala Ali