Ferrari Race to Immortality è il documentario diretto da Daryl Goodrich su una sceneggiatura di Rupert Bush e prodotto da Maggie Monteith, Kevin Loader, Julia Taylor-Stanley e Sam Tromansin, che verrà distribuito dalla Universal Pictures. Il film è stato presentato durante il RomaFF12 nella Selezione Ufficiale.
Al contrario di quanto si possa pensare, Ferrari Race to Immortality sceglie di concentrarsi sugli anni ’50 della celebre scuderia, quando Enzo Ferrari era il grande demiurgo pantocratore che controllava l’operato dei suoi uomini in cerca di potere, successo e affermazione, orchestrando i suoi cinque piloti fuoriclasse: gli inglesi Peter Collins e Mike Hawthorn, l’argentino Juan Manuel Fangio, gli italiani Eugenio Castellotti e Alberto Ascari e l’affascinante nobile spagnolo Alfonso de Portago, tutti “piloti gentiluomini” dalle spiccate personalità accomunati da un unico, tragico destino comune, l’ennesima conferma del motto “Live fast, Die young” o del più noto “vivi veloce, muori giovane e lascia un bel cadavere”.
Ferrari Race to Immortality è un prodotto unico nel suo genere: atipico quanto tradizionale nell’impostazione estetico-formale, trova il proprio indiscutibile punto di forza nella storia che sceglie di raccontare
Ferrari Race to Immortality è un prodotto unico nel suo genere: atipico quanto tradizionale nell’impostazione estetico-formale, trova il proprio indiscutibile punto di forza nella storia che sceglie di raccontare. Non le corse, le auto, la potenza bensì gli esseri umani: quelle icone laiche, quegli uomini pronti a sfidare il pericolo sbeffeggiando la morte stessa, soprattutto in un’epoca – la fine degli anni ’50 – dove le misure di sicurezza a tutela dell’incolumità di drivers e spettatori non erano sviluppate come oggi.
Ferrari-Race to Immortality recensione del documentario di Daryl Goodrich
Goodrich si abbandona alla potenza di un montaggio frenetico e alternato che ben restituisce, allo spettatore, il dinamismo e la tensione tipici delle gare di F1; ma la vita si dimostra, ancora una volta, larger than life itself, soprattutto quando si abbina alla potenza della settima arte.
È impossibile rimanere impassibili di fronte alle drammatiche storie di successo e morte dei piloti Ferrari, uomini così affascinanti che, a modo loro, erano ben consapevoli dei rischi che correvano ma non facevano niente per evitarli; al contrario, sembravano quasi consapevoli di dover pagare il fio a questa dea capricciosa e crudele, la Fortuna, che tanto li ha amati ma puniti – allo stesso tempo – per il loro eccesso di Hybris.
Ferrari Race to Immortality è un omaggio toccante e stilisticamente impeccabile a una “lost generation” di piloti gentiluomini colti titanicamente nello streben di sfidare la morte e la sorte stessa
Su queste vicende personali e umane, aleggia ovviamente la presenza super partes di Enzo Ferrari stesso: con le sue dichiarazioni lapidarie, lo spirito acuto e brillante ma soprattutto la capacità di saper resistere, con granitica forza, alle sferzate inflitte dalla vita e dal Destino beffardo.
Gli uomini passano, ma le leggende restano: questa sembra essere la tagline ideale di Ferrari Race to Immortality, un omaggio toccante e stilisticamente impeccabile a un’epoca scomparsa, a una “lost generation” di piloti gentiluomini, guasconi e picareschi, colti titanicamente nello streben di sfidare la morte e la sorte stessa, sorridendo irriverenti a ciò che tutti temiamo più di ogni altra cosa, ossia la paura dell’ignoto.