Ci stiamo avvicinando sempre più alla fine dell’Universo Cinematografico Marvel così come lo abbiamo conosciuto e Captain Marvel è probabilmente uno dei cinecomic più attesi di sempre: non solo perché si tratta del primo film della Casa delle Idee interamente dedicato ad una supereroina, ma anche perché rappresenta l’ultimo tassello che separa fan e appassionati da Avengers Endgame, vero e proprio punto di svolta all’interno della storia di un franchise che, nel bene o nel male, è riuscito a sovvertire i canoni dell’intrattenimento cinematografico.
In uscita nelle sale italiane domani 6 marzo (in America arriverà l’8 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna), Captain Marvel segna ufficialmente l’esordio nel MCU del premio Oscar Brie Larson (Room), una delle personalità artistiche più interessanti dell’odierno panorama hollywoodiano, pronta a mettersi in gioco e a prestare non solo le sue espressioni ma anche la sua fisicità ad un personaggio dotato di grandi e profonde sfumature, che non si accontenta di uno status di indiscussa superiorità ma che piuttosto preferisce scavare a ritroso nella memoria per riuscire a capire fino in fondo chi è e quale posto occupa nel mondo.
Da questo punto di vista, Captain Marvel si rivela una origin story unica nel suo genere, che parte da uno stato di apparente consapevolezza dell’eroe di turno – un’eroina in questo caso – per andare poi a scavare nel suo passato e connetterlo intimamente con la sua umanità: al di là della forza sovrumana, della proiezione energetica e dell’abilità di volare, Carol Danvers è un personaggio che non riesce a scindere il lato sovraumano da quello umano, di fatto imprescindibili l’uno dall’altro – come mai era accaduto prima in un film del MCU – per dimostrarsi tanto una guerriera tenace e combattiva quanto una donna caparbia alla ricerca e alla scoperta della sua identità.
Dove il lavoro di Anna Boden e Ryan Fleck (registi e anche sceneggiatori del film) si rivela assolutamente vincente è proprio nel raccontare della formazione dell’eroe che, per trovare la consapevolezza dei suoi poteri e della sua forza, deve necessariamente affermare la propria unicità. Attraverso la figura di Carol, il film veicola tutta una serie di messaggi – anche socio-politici – più o meno importanti che ben si incastrano con certe assurdità dei nostri pazzi tempi moderni, dove l’emotività è ancora un’arma a doppio taglio, capace di minare gravemente la nostra capacità di giudizio, e dove nessuno vuole più giustificarsi (a ragione!) per quello che sceglie di fare o decide di essere.
Lontano dall’essere un cinecomic veramente rivoluzionario, Captain Marvel (qui il trailer italiano ufficiale) non tradisce nella maniera più assoluta la rassicurante godibilità dei film Marvel, né tantomeno quello stile e quella visione – comunque coerenti – canonizzati nel corso di dieci lunghi anni di lotte, inseguimenti, villain e pianeti da salvare, creando addirittura delle dinamiche tipiche da buddy movie (grazie soprattutto ai divertenti siparietti tra la protagonista ed un ringiovanito, meno esperto e decisamente più scanzonato Nick Fury, interpretato sempre da Samuel L. Jackson).
Boden e Fleck mettono tantissima carne a fuoco: si rivelano più abili nella gestione di una trama ricca di sorprese e plot twist, meno furbi nel cedere alle logiche della nostalgia derivanti dall’ambientazione e dalla colonna sonora (comunque mai esagerate), e decisamente poco abili nell’orchestrare le sequenze d’azione, che di fatto risultano poco inventive e a tratti deboli. Ciò che resta davvero alla fine della visione di un film che si ricollega direttamente a ciò che gli Avengers sono stati e saranno, è un messaggio positivo di uguaglianza che non manca di sottolineare con vivacità e sicurezza quanto contino – oggi come ieri – l’affermazione e la consapevolezza di sé.