È in arrivo su Netflix una nuova serie che riempirà, di sicuro, il vuoto (temporaneo) lasciato nel cuore degli spettatori, in attesa della nuova stagione de L’amica geniale: stiamo parlando di un nuovo adattamento di un romanzo della misteriosa Elena Ferrante – autrice pluripremiata di cui non si conosce la vera identità – che approderà dal 4 gennaio sulla piattaforma di streaming.
La vita bugiarda degli adulti è la trasposizione curata dalla stessa scrittrice insieme a Laura Paolucci, Francesco Piccolo ed Edoardo De Angelis (Indivisibili, Il vizio della speranza, Natale in casa Cupiello), che ne ha firmato anche la regia. Protagonista la debuttante Giordana Marengo, che divide la scena – e i tormenti del suo personaggio, Giovanna – insieme ai veterani Valeria Golino, Alessandro Preziosi e Pina Turco; tutti protagonisti della conferenza stampa di presentazione insieme al regista, agli esponenti Netflix e al produttore Domenico Procacci, già dietro il successo generalista de L’amica geniale.
Con un adattamento “bollente” tra le mani, la finalità targata Netflix era quella di trovare un regista in grado di restituire ai personaggi vividi della Ferrante la loro psicologia e la propria voce, esattamente come nel libro, coinvolgendo anche una forte dose di invenzione e un grande rispetto nei confronti del materiale narrativo di partenza, evitando l’impasse di un confronto con il precedente seriale de L’amica geniale.
Per Procacci, ad esempio, ogni dubbio si è dissipato quando Edoardo De Angelis è salito a bordo del progetto, combinando il suo immaginario con quello dei libri dell’autrice e creando una sorta di “continuum” ideale, visto che i quattro libri della serie de L’amica geniale terminano la loro narrazione negli anni ’80, mentre ne La vita bugiarda degli adulti i fatti narrati hanno luogo nella Napoli degli anni ’90.
«È intrigante lavorare sulle bugie degli esseri umani», ha dichiarato De Angelis, «ed è estremamente interessante avere a che fare con dei personaggi che utilizzano la bugia come strumento di lotta per piegare la realtà ai propri desideri. Poi, all’interno delle stesse bugie, si annida sia la verità che il desiderio, e questo paradosso è molto stimolante sul piano creativo. C’è una bellezza anche nella bugia, come ci dimostra ad esempio il personaggio cardine di zia Vittoria, che nei primi due episodi sembra l’unica sincera ma… non lo è fino in fondo: è stata proprio la Ferrante, attraverso il rapporto epistolare che abbiamo intrattenuto durante la stesura della sceneggiatura, ad indirizzarmi lungo questa strada».
«Lavorare su La vita bugiarda degli adulti è stato un cimento piacevole: le parole di Elena Ferrante sono molto belle, e ancor di più lo è stato aprirle per vedere cosa ci fosse al loro interno. E dentro c’erano davvero tante cose che sono poi diventate fatti, dentro i corpi che le hanno fatte vivere. Adattare un romanzo per il cinema non è poi così complicato né difficile: è esattamente come leggere un romanzo. Se io inizio a leggere, sento quelle parole con la mia voce e quest’ultime mi suggeriscono delle immagini che mi appartengono. Ecco perché quando vediamo degli adattamenti di romanzi molto amati, di solito – da spettatori – ci sentiamo traditi o disorientati, perché sono proprio le parole a generare l’immaginazione… ed è davvero bello che gli spettatori siano pronti ad accettare un romanzo – per immagini – letto dalla mia voce, in un gesto naturale di lettura che dovrebbe trasparire attraverso i fotogrammi».

La vita bugiarda degli adulti dal 4 gennaio su Netflix
Ma come hanno lavorato anche gli sceneggiatori sull’adattamento del romanzo, collocato in una Napoli nel pieno degli anni ’90? «Il nostro è stato un vero e proprio ritorno nel passato», conferma Francesco Piccolo, «ad un periodo ricordato ma non ancora storicizzato: quindi abbiamo compiuto un lavoro certosino di fedeltà pur rimanendo nel tradimento del romanzo stesso. La storia narrata dalla Ferrante è ambientata nel ’94, ma l’autrice non si sofferma sulla sociologia o sulla politica di quegli anni, ma solo sulle psicologie complesse dei loro personaggi. E proprio questa mancanza di descrizioni specifiche rendono il racconto più universale, definendolo come una favola nera».
«Ad aiutarci molto, nel corso della scrittura delle varie stesure, è stata la musica scelta da Edoardo e inserita in determinate playlist: ne La vita bugiarda degli adulti gli spettatori troveranno molti artisti della scena musicale di quel periodo, tra i 99 Posse, gli Almamegretta e i Massive Attack – tra gli altri – e questa selezione ci ha riportato indietro alla nostra gioventù, esattamente come un elastico. E il tutto inserito poi nel racconto, a più voci, di una Napoli dalle molte facce, divisa tra l’alto e il basso, preda di differenze sociali che creano contrasti interessanti sul piano narrativo e per quanto riguarda il racconto di formazione della protagonista Giovanna».
Ad incarnare gli adulti del titolo, prede facili delle loro bugie alle quali finiscono per credere ciecamente, sono attori noti del panorama cine-televisivo italiano come Valeria Golino, Alessandro Preziosi e Pina Turco, che qui si confrontano per la prima volta con una serie originale Netflix.
«Preparare zia Vittoria per me è stato un lavoro “dedicato”, importantissimo e lungo, continuato nel corso del tempo del film, per migliorare, ad esempio, il linguaggio», ha dichiarato la Golino. «Per me, che sono comunque napoletana, quel dialetto era molto estraneo; lo stesso era l’approccio al corpo, alla sua presenza fisica nello spazio, e confesso che cercare di essere lei è stato ansiogeno in più di un momento: mi sentivo sempre di non aver fatto abbastanza. La mia volontà era quella di creare un ossimoro, facendo vivere l’immaginario della Ferrante in quello di Edoardo: con Vittoria volevo rappresentare la disubbidienza, lo stare nel torto, l’essere sbagliati, sguaiati, brutti, esagerati, liberi e bugiardi e tutto nello stesso tempo; volevo farlo restando teneri e arcigni in contemporanea, ed è la prima volta che mi capita un’opportunità simile con questo personaggio. Poi c’era lo guardo di Edoardo, che non mi ha mai fatto sentire giudicata o a disagio sul set. Per quanto riguarda la bugia, un bravo attore non deve essere per forza un bravo bugiardo, ma di solito lo è e sa dirle anche molto bene! Ho conosciuto degli attori bravi che, all’esempio, non lo sono assolutamente».
«Il mio personaggio, Andrea, è il padre della protagonista Giovanna», racconta Preziosi. «Un ruolo scomodo per via della tendenza alla legittimazione della bugia, che è però un aspetto interessante sia nella letteratura che nel teatro; le bugie sono meravigliose perché sono spesso spinte fino all’estremo, come nel caso del mondo di Andrea. Una realtà che conosco abbastanza bene perché ne ho avuto alcuni assaggi innocui durante la mia adolescenza napoletana, tra una borghesia alle prese con scalate di opportunismo fatali che vengono, infine, spesso smascherate attraverso la forza della verità. Una verità che è come quella dello sguardo di Edoardo, che è fatto di tanti colori e mi ha sorpreso – e rivoltato come un calzino! – per la sua capacità di sorprendere e spiazzare. Ed è proprio in quei momenti che ho visto come letteratura e cinema possano incontrarsi in una cerniera straordinaria di libertà creativa. Da attore, La vita bugiarda degli adulti è stata un’enorme opportunità tutta all’insegna di un delicatissimo gioco in mano ad un preparatissimo regista, in grado di creare un’esperienza all’insegna della mistificazione della realtà, tipica della letteratura e del cinema».
«Ne La vita bugiarda degli adulti, per la prima volta, ho trovato una profonda semplicità nel concepire il personaggio di Nella, che somigliava molto alla mia mamma», aggiunte la Turco. «Un tipo antropologico che conoscevo molto bene, con ferite tragiche affini. Nella commette l’errore – commesso da molte donne – di affidare la sua felicità nelle mani di qualcun altro e, nella seria, pagherà tutto questo a caro prezzo. È un errore che tendenzialmente si paga, perché il percorso da fare e intraprendere è un altro».