La sensazione è che siamo un po’ tutti cascati in un tranello. Nei “giorni cuscinetto” tra la conclusione di WandaVision e l’inizio di The Falcon and the Winter Soldier (ricordiamo che avrebbe dovuto essere il primo prodotto seriale connesso al Marvel Cinematic Universe) se vi era una certezza era che la serie dedicata ai due eroi “marginali” sarebbe stata più muscolare e meno introspettiva (o quantomeno non nella misura dell’opera incentrata sul crollo psicologico di Wanda Maximoff). E invece la Marvel ci ha sorpreso ancora una volta. Perché se effettivamente le prime due puntate della serie su Falcon (Anthony Mackie) e Bucky/Soldato d’inverno (Sebastian Stan) sono contraddistinte da due complesse scene d’azione – lo scontro aereo nel deserto tunisino, quello acrobatico per le strade asfaltate della provincia tedesca -, nel complesso la serie ideata da Malcolm Spellman sarà probabilmente ricordata più che per le scene d’azione – confessiamolo: alcune fin troppo sciatte – per l’introduzione di una serie di temi attuali e complessi, connessi non solo all’MCU ma anche alla nostra contemporaneità.
The Falcon and The Winter Soldier si riallaccia inevitabilmente al finale (a questo punto possiamo anche definirlo “aperto” di Avengers: Endgame, affrontando due questioni di un certo rilievo: la pesante eredità di Captain America (Chris Evans) e le conseguenze del Blip. Il capitolo conclusivo della terza fase dell’MCU (Spider-Man: Far From Home appare più come un film borderline, quasi un’appendice) aveva visto i nostri eroi sconfiggere, non senza difficoltà, Thanos, anche grazie al sacrificio supremo di Tony Stark/Iron Man (Robert Downey Jr.). Nell’epilogo del film dei fratelli Russo, come da copione, si lasciava spazio alle emozioni, descrivendo lo “scioglimento” degli Avengers: Thor (Chris Hemsworth) si unisce ai Guardiani della Galassia, ad esempio, mentre Steve Rogers viene mandato indietro nel tempo a compiere un’ultima missione (riportare le Gemme e il Mjolnir nella loro epoca) e sceglie di non fare più ritorno, ricongiungendosi finalmente con l’amata Peggy (Hayley Atwell).
Non si tratta propriamente di un addio, perché Cap riappare proprio a conclusione del film, in una delle scene emotivamente forse più coinvolgenti dell’intero MCU. Ormai anziano, lo ritroviamo seduto in riva a un placido lago. Accanto a lui c’è Sam/Falcon. È un vero e proprio passaggio di consegne: il vecchio Cap dona il suo scudo a Sam, suggerendo quindi che sia lui a continuare la sua opera. Un fardello non da poco per Sam, il quale – nonostante le premesse – nell’incipit di The Falcon and The Winter Soldier che, lo ricordiamo, è ambientato 6 mesi dopo i fatti raccontati in Avengers: Endgame, riconsegna lo scudo alle autorità, non sentendosi in grado di replicare le gesta dell’amico Steve. Una scelta che avrà delle tragiche conseguenze, ma di questo parleremo a tempo debito.
L’altro aspetto importante legato alla nuova serie Marvel è rappresentato dall’interesse per le conseguenze del Blip. Descritto per la prima volta in WandaVision – lo spettacolare “ritorno alla vita” di Monica Rambeau (Teyonah Parris) – in The Falcon and The Winter Soldier ne vengono mostrate le conseguenze da un punto di vista politico-sociale. Come affrontare a distanza di anni la ricomparsa delle persone precedentemente scomparse? Una domanda attraverso la quale la serie di Spellman sembra indirizzarsi verso riflessioni di carattere geopolitico che – non casualmente – chiamano in causa direttamente la contemporaneità. Perché il ritorno di coloro che qualche anno prima sono svaniti nel nulla comporta il riordino di una società che nel frattempo è cambiata profondamente.
A questi due aspetti se ne aggiunge poi un terzo: l’approfondimento dei due protagonisti. Se Sam è un personaggio mai del tutto scandagliato dall’MCU – troppe volte è apparso eccessivamente in secondo piano -, Bucky ha invece una storia decisamente più articolata. Già presente nella prima fase – Capitan America: Il primo vendicatore -, e poi divenuto assoluto protagonista (prima come villain, e poi come eroe redento) nella seconda e nella terza, il Soldato d’Inverno fin da subito ha dato l’idea di essere uno dei personaggi Marvel più complessi e sfaccettati. Naturale, dunque, che sbarcando nella serialità televisiva si sia puntata sui due personaggi (lo stesso ragionamento, d’altronde, era stato fatto per Wanda e Visione). Senza dimenticare la regola d’oro di ogni prodotto (sia esso cinematografico o seriale) dell’MCU: costi quel che costi, lo spettacolo deve continuare. La Fase Quattro, dopo tutto, è solo all’inizio.
Attenzione, da qui in avanti seguono SPOILER!!!
Il ritorno degli eroi
Arrivati all’ultima puntata di The Falcon and The Winter Soldier, sappiamo che i Flag-Smashers stanno per compiere un ultimo disperato gesto per non permettere al Global Repatriation Counsil (GRC) di validare il decreto attraverso il quale tutti i profughi accolti dopo il Blip dai paesi più abbienti del pianeta vengano rispediti nei loro paesi d’origine e si proceda con la ridefinizione dei confini tra le varie nazioni. Un obiettivo certamente nobile quello del gruppo rivoluzionario, capitanato dalla prode Karli (Erin Kellyman), ma che sfocia in una violenza che più rivoluzionaria appare fin troppo terroristica. Bucky si reca sul posto per fermare l’insurrezione, ma il vero colpo di scena (già anticipato, di fatto, dall’ultima sequenza del quinto episodio, “Verità”) è la trasformazione di Sam nel nuovo Captain America.
Abbandonata la casacca blu, il nuovo Cap si affida a un costume d’ordinanza bianco che comprende naturalmente anche le meraviglie tecnologiche di cui poteva vantarsi Falcon, con tanto di ali che gli permettono di volare e ingaggiare anche spettacolari combattimenti aerei. Ad aiutare i due Avengers nella loro impresa, sopraggiunge anche l’agente Sharon Carter (Emily VanCamp), la cui identità viene finalmente svelata. È lei la misteriosa Power Broker, colei che comanda l’isola di Madripoor e che ha iniziato a commerciare il Siero del supersoldato, il cui doppio gioco, oltretutto, è messo ben in evidenza nella scena post-credits dell’episodio finale, in cui viene riabilitata in quanto agente governativo, senza avere alcuna intenzione di abbandonare le proprie ambizioni criminali.
Ma Sharon non è l’unica a collaborare con Sam e Bucky. Anche il destituito John Walker non si tira indietro, deciso a vendicare la morte dell’amico Lemar Hoskins/Battlestar (Clé Bennett) e a uccidere Karli. Sebbene mosso da uno spirito di vendetta, alla fine anche John sembra in qualche modo redimersi; ma il futuro del personaggio sembra ancora tutto da definirsi: alla fine della puntata viene proclamato U.S. Agent dalla misteriosa Valentina Allegra de Fontaine (Julia Louis-Dreyfus), il cui ruolo all’interno dell’MCU è ancora tutto da valutare.
Chiuso (per ora) il capito John Walker, torniamo allo scontro tra Captain America, Bucky e i ribelli, che continua senza esclusione di colpi. Naturalmente, i due Avengers riusciranno ad avere la meglio, anche se il ritorno all’ordine costituito sembra molto più problematico rispetto al passato. Morta Karli – uccisa da Sharon -, e uccisi dal maggiordomo di Zemo tutti gli altri supersoldati catturati, il mondo sembra in procinto di andare finalmente avanti. Ma resta da chiarire in che modo. La responsabilità di indicare la strada se l’assume Sam: non è più ammissibile un mondo diviso. Il discorso finale del nuovo Captain America sancisce la profondità di una serie che ha toccato, come si scriveva all’inizio di questo articolo, tematiche pressoché estranee all’universo di riferimento.
E l’epilogo dedicato alla figura di Isaiah Bradley (Carl Lumbly), colui che avrebbe dovuto essere – in un mondo giusto – il primo Captain America e invece, dopo essere stato sfruttato in qualità di cavia umana, è stato gettato via come se fosse spazzatura per lasciare il posto al diafano Steve Rogers, è emblematico. Figura solo all’apparenza marginale all’interno della narrazione proposta da The Falcon and The Winter Soldier, Isaiah è di fatto colui che fa comprendere a Sam la necessità di un cambiamento, che lo aiuta anche a prendersi le sue responsabilità non solo verso sé se stesso e verso l’umanità, ma anche verso la propria “gente”, bistratta ormai per troppo tempo. Così, per chiudere il cerchio, Sam, novello Captain America, mostra ad Isaiah che la storia non si può certamente cambiare – il dolore che ha provato non verrà mai cancellato -, ma si può imparare a riscriverla criticamente, dando voce a coloro che fino a quel momento erano stati condannati al silenzio.
Con un evidente richiamo alle proteste di qualche mese fa del movimento Black Lives Matter, reo secondo molti di voler cancellare la storia abbattendo le statue di figure storiche fin troppo celebrate (o forse sarebbe il caso di dire, erroneamente celebrate), Sam mostra a Isaiah – e allo spettatore – che le statue possono sì essere abbattute, ma possono (anzi, forse devono!) essere anche innalzate. Come quella di Isaiah, che campeggia all’interno del museo dedicato a Captain America. Un omaggio a un eroe dimenticato – o meglio: mai conosciuto -, che ha dato tutto al proprio paese senza ricevere nulla in cambio.
Due eroi: un’eredità difficile
Che cosa accomuna Sam e Bucky? Oltre al fatto di essere entrambi degli Avengers, sembrerebbe nulla. Sempre pronto alla battuta il primo, la cui forza è proporzionale all’armamentario che si porta appresso; decisamente più tenebroso il secondo, afflitto dai ricordi di un passato problematico, in cui era uno spietato sicario al soldo dell’Hydra. Eppure, all’inizio di The Falcon and The Winter Soldier i due personaggi non sembrano poi così diversi. Devono infatti entrambi affrontare problemi di un certo peso. Sam non solo è costretto a fare i conti con la pesante eredità di Cap, ma deve anche riappropriarsi della propria vita dopo il Blip (era uno dei tantissimi svaniti nel nulla). Decide, quindi, di prendersi una pausa dai suoi impegni di “vendicatore”, tornando nella natia Louisiana, dove ad aspettarlo c’è la sorella Sarah (Adepero Oduye) e i nipotini.
Un ritorno a casa che non coincide, però, con un periodo di quiete, anzi. Afflitta da problemi economici, Sarah sta per mettere in vendita la barca di famiglia, appartenente al padre pescatore. Ma Sam non ci sta e convince la sorella a chiedere un prestito, scontrandosi però con la realtà: nessuna banca glielo può accordare, perché lui non solo non ha guadagnato un centesimo negli ultimi anni (era svanito nel nulla), ma non dispone – in quanto supereroe – neanche di un’entrata fissa per poter garantire il prestito. Una vita grama, quella degli eroi. Il giorno prima salvi il mondo e sei incensato, quello dopo non vali già più niente.
Non se la passa certo meglio Bucky. Uscito di scena l’amico Steve, l’ex Soldato d’inverno sprofonda nella solitudine. Le sue settimane sono scandite dagli incontri con una psicologa, gli incubi notturni attraverso i quali rivive tutte le nefandezze compiute prima di redimersi, e le cene con il dirimpettaio nippo-americano (che poi scopriremo essere l’anziano padre di una delle tante vittime innocenti di Bucky). Munito di un taccuino nel quale sono segnate tutte le persone con cui ha avuto a che fare – brutti ceffi da denunciare, familiari di vittime a cui confessare le sue responsabilità -, Bucky vaga per una New York sberluccicante che acuisce ancora di più la sua condizione. A destarlo dal torpore esistenzialista sarà un evento sconvolgente: la nomina di un nuovo Capitan America.
La prima puntata di The Falcon and The Winter Soldier si conclude, infatti, con un colpo di scena spiazzante. Sappiamo che Sam ha riconsegnato il suo scudo, non sentendosi pronto per raccogliere l’eredità di Cap. Eppure, all’improvviso, un servizio trasmesso dalle tv nazionali informa personaggi e spettatore che un nuovo Captain America è pronto per entrare in azione. Ed ecco palesarsi uno strano figuro con un ghigno tutt’altro che rassicurante: John Walker (Wyatt Russell). Un personaggio che abbiamo imparato a conoscere, durante il corso delle puntate, per la sua ambiguità profondamente umana. Può essere definito un villain? Assolutamente no. Come Sam e Bucky, John desidera solo essere accettato. Non solo dalla società, ma anche dai colleghi supereroi. Anche lui sente il peso del ruolo che è chiamato ad interpretare: sostituire Steve, dopo tutto, non è semplice.
Una verità con la quale John Walker si scontra fin da subito, ma che diviene evidente soprattutto nel momento in cui la moralità del personaggio comincia progressivamente a vacillare. L’uccisione del rivoluzionario reo di aver contribuito all’uccisione dell’amico Lamar (in realtà colpito a morte, involontariamente, da Karli) rappresenta il classico punto di non ritorno. Di fronte alle videocamere di una moltitudine di smartphone che riprendono la scena, John colpisce senza pietà, con lo scudo di Cap, l’inerme rivoluzionario. La conclusione della quarta puntata, “Il mondo intero ci guarda”, è emblematica e sancisce il passaggio di John da potenziale eroe (dopo tutto, fino a quel momento, nonostante i suoi modi rudi, avevamo ancora la speranza che potesse raccogliere l’eredità di Steve) ad antieroe vittima delle sue insicurezze, della sua frustrazione, e della sua inadeguatezza
One World, One People
E se The Falcon and The Winter Soldier fosse la serie più politica dell’MCU? In fin dei conti, due dei suoi temi principali sono profondamente connessi alla contemporaneità: la questione razziale negli States e quello, più generale, relativo a un mondo lacerato da divisioni sociali e politiche. Se del primo aspetto abbiamo già parlato in precedenza, soffermarci sull’importanza della figura di Isaiah, è interessarsi concentrarsi sul secondo, soprattutto sul modo in cui è trattato. L’MCU ci ha sempre abituato a una suddivisione netta tra buoni e cattivi. Nella nuova serie disponibile su Disney+, invece, la distinzione appare decisamente meno evidente. Siamo davvero sicuri che Karli e i suoi seguaci – che poi abbiamo capito essere anche marionette di quelli che potremmo definire “i poteri forti” – siano effettivamente dei “cattivi”?
In realtà, per nulla. Perché se è vero che così vengono mostrati nella prima puntata, dal titolo evocativo “Il nuovo ordine mondiale”, già dalla seconda la prospettiva con cui questi sedicenti terroristi sono descritti ce li riconsegna più come un manipolo di rivoluzionari che combattono certamente per una giusta causa – il loro motto, “Un mondo, un popolo”, è significativo da questo punto di vista -, ma come spesso accade lo fanno attraverso le modalità sbagliate. È un po’ quello che Sam cerca di spiegare a Karli in più di un’occasione. Combattere per i propri ideali è giusto, ma non si possono usare gli stessi strumenti dei carnefici. Bisogna in qualche modo distinguersi da loro. Più facile probabilmente a dirsi che a farsi. Ma tant’è, anche nelle due puntate conclusive, gli antagonisti più che essere Karli e i suoi compagni (alcuni, a dire il vero, sempre meno convinti della loro missione) appaio altri: a cominciare dal GRC.
Sembra un cambio di prospettiva da poco, ma invece è molto significativo. Nel mondo post Blip la linea di demarcazione tra eroi e villain appare molto labile, anche perché ad emergere è soprattutto la rappresentazione di una realtà così complessa da essere per certi versi difficilmente leggibile. Da questo punto di vista, uno dei grandi pregi di The Falcon and The Winter Soldier è quello di concentrarsi molto sulla descrizione del nuovo mondo con cui si troveranno a confrontarsi i nostri eroi da questo momento in avanti. Se WandaVision aveva racchiuso la vicenda all’interno di uno spazio infinitesimale – la cittadina di Westview -, la serie con protagonisti Sam e Bucky allarga la sfera del visibile aggiungendo un tassello informativo importante.
To Be Continued…
Come detto in precedenza, la scena post-credits presente nell’ultimo episodio di The Falcon and The Winter Soldier mostra il definitivo ritorno nell’MCU dell’agente Carter, nelle vesti di nuovo (potenziale) villain. Ma, come per tutti i prodotti Marvel, sono molteplici gli elementi che connettono la nuova serie all’universo di riferimento o che sono introdotti con la finalità di alimentarlo. In primis, la presentazione del nuovo Captain America. Sam raccoglie, anche se un po’ in ritardo, l’eredità di Steve e presumibilmente in questa nuova veste apparirà nei prossimi film/serie. E che dire, invece, di John Walker? Abbiamo già accennato alla sua trasformazione in U.S. Agent nel finale dell’ultimo episodio. Per la serie: nuovi vendicatori crescono. Staremo a vedere se avranno la capacità di imporsi a livello di immaginario come quelli “storici”.
Più che portare avanti la narrazione creando un ponte con un’altro film o un’altra serie (è il caso di WandaVision, che anticipa Doctor Strange in the Multiverse of Madness), The Falcon and The Winter Soldier compie comunque un lavoro più di fino, mostrando l’evoluzione dei personaggi “classici” (ora che Bucky ha fatto i conti con il suo passato, che cosa succederà?), richiamando in causa vecchie conoscenze come Zemo (Daniel Brühl), oltretutto uscito inspiegabilmente di scena troppo presto, e, come già accennato, concentrandosi sulla descrizione di una realtà in evoluzione che avrà sicuramente un peso all’interno dell’MCU. Difficile che reciti un ruolo da protagonista già nella prossima serie Loki, in arrivo l’11 giugno su Disney+, ma la speranza è che le suggestioni emerse in The Falcon and The Winter Soldier non vengano disperse.