Apparso per la prima volta su ABC Family oltre sette anni fa e arrivato poco dopo in Italia grazie a Mya, Pretty Little Liars si è trasformato con il passare delle stagioni in un impensato cult, capace di catalizzare l’attenzione di spettatori adolescenti e non. Se infatti le avventure delle piccole bugiarde non ha mai davvero brillato in termini di ascolti televisivi, un pubblico di affezioni sostenitori ha sempre seguito online le surreali vicissitudini di Spencer (Troian Bellisario), Hanna (Ashley Benson), Aria (Lucy Hale) e Emily (Shay Mitchell) nella loro estenuante lotta contro -A, pseudonimo deputato a celare l’identità di molteplici stalker tanto brillanti quanto pericolosi.
Ufficialmente conclusa in America lo scorso giugno e prossima al finale anche sulla rete italiana Premium Stories, la monumentale rete di intrighi creata da Marlene King sembra finalmente aver trovato – almeno in teoria – le risposte di cui necessitava. Tuttavia, dopo anni di numerosi successi e di altrettante critiche, è lecito porsi delle domande: cosa ha reso Pretty Little Liars una serie così amata, odiata, idolatrata e contestata da un numero imprecisato di fan del web e dello streaming? E cosa ha convinto scettici appassionati e ossessionati curiosi a continuare a seguirne le vicende nonostante la sempre più criticabile verosimiglianza?
Cosa ha reso Pretty Little Liars una serie così amata, odiata, idolatrata e contestata da un numero imprecisato di fan del web e dello streaming?
Anzitutto, il mistero. Muovendosi tra un costante aumento di domande irrisolte, di false piste e di inaspettati colpi di scena, la storia delle giovani ragazze di Rosewood è infatti riuscita a mantenere costante il livello di tensione, giocando su innumerevoli cliffhangers abili nell’ossessionare i telespettatori (e, soprattutto, i webspettatori). E poi, poco importava se generalmente le questioni si risolvevo in adolescenti bionde capaci di orchestrare fughe pirotecniche, salvataggi al limite dell’assurdo operati da improbabili sensitive o sorelle segrete transessuali rinchiuse per anni in fatiscenti ospedali psichiatrici; il giallo era mantenuto e il pubblico era di conseguenza fedelissimo.
Pretty Little Liars: addio alle ragazze di Marlene King e ai loro segreti
Accanto al più cupo thrilling, le logiche da teen drama sdrammatizzano invece il clima generale, indirizzando il prodotto al suo target principale: gli adolescenti. Sebbene le protagoniste fossero costantemente proiettate verso la risoluzione di dubbi ed enigmi, non potevano mancare storie d’amore romantiche o aneddoti di vita quotidiana. Così, allora, Aria si innamora del suo professore di letteratura Ezra (Ian Harding), Emily fa i conti con la propria omosessualità, Spencer scopre nel burbero Toby (Keegan Allen) un alleato e un amante mentre Hanna si lega indissolubilmente all’hacker Caleb (Tyler Blackburn).
Non meno importante è tuttavia un terzo elemento che, secondo chi scrive, ha sancito definitivamente il successo: il trash. Nonostante le prime due stagioni siano riuscite a mantenere un certo grado di verosimiglianza, dalla terza in poi è infatti incontestabile che le logiche di realismo e di causalità vadano gradualmente scemando, a favore di archi narrativi indubbiamente più improvvisati. Ma, sfatando l’idea che trash equivalga automaticamente a negativo, non è forse questo ad aver permesso a Pretty Little Liars di ottenere un così vasto seguito? Se non fosse stato per improbabili omicidi, morti fasulle, look leopardati, personaggi inutili, snodi mai spiegati, insensati alberi genealogici, adolescenti dittatrici e stalker psicopatiche, le stronzette – appellativo con cui spesso vengono definite – e il loro universo avrebbero davvero raccolto così tanto interesse?
Sicuramente criticabile sotto molti aspetti, Pretty Little Liars ha segnato l’immaginario televisivo teen degli ultimi dieci anni
Sicuramente criticabile sotto molti aspetti, questa fortunata serie ha segnato l’immaginario televisivo teen degli ultimi dieci anni: che piaccia amarla o che si ami odiarla, le disavventure nate dalla mente di Marlene King sembrano aver finalmente trovato un (degno?) finale. Però, dopo sette stagioni, centosessanta episodi, uno spin-off televisivo, una web-serie e un numero praticamente infinito di misteri irrisolti, un’ulteriore domanda sembra a questo punto necessaria: il mondo è davvero pronto a dire addio a Pretty Little Liars? A voi l’ardua sentenza.