Gli anni ’80 sono stati un periodo che ha lasciato una profonda impronta sull’immaginario pop, specialmente per quanto riguarda il cinema mainstream, con l’uscita di pellicole iconiche di vario genere (la commedia sovrannaturale Ghostbusters – Acchiappafantasmi, l’action Trappola di cristallo, ecc.). Una produzione cinematografica di cui fa parte anche un filone di piccole gemme del fantasy, come La storia fantastica e Labyrinth – Dove tutto è possibile, spesso non ricompensate da un immediato successo al box office, ma che, col tempo, hanno assunto lo status di cult.
Sotto quest’ultima categoria rientra pienamente Willow, avventura fantastica nata dall’inventiva mente di George Lucas, autore del soggetto e produttore, e portata sullo schermo dal regista e amico Ron Howard (un sodalizio, quello tra i due, iniziato con American Graffiti). Un fantasy che prendeva alcune suggestioni tolkeniane – innegabili i paralleli tra diversi elementi della trama di Willow e opere letterarie come “Lo Hobbit” e “Il Signore degli Anelli” – declinandole in chiave “pop-avventurosa”, così come i film di Star Wars avevano fatto in precedenza con “Dune”, saga fantascientifica scritta da Frank Herbert.
La storia delle disavventure del piccolo apprendista stregone, interpretato da Warwick Davis, non ha subito fatto breccia nei cuori del pubblico (la pellicola, alla sua uscita nel lontano 1988, non incassò quanto sperato), ma è diventata negli anni, come sopra accennato, un piccolo cult. Un’interesse che ha convito Lucasfilm, sotto la nuova gestione di Kathleen Kennedy, a realizzare una serie tv sequel del film, in arrivo su Disney+ a partire dal 30 novembre. Intitolata semplicemente Willow, la serie è stata affidata allo showrunner Jonathan Kasdan (Solo: A Star Wars Story), figlio del leggendario sceneggiatore Lawrence (L’impero colpisce ancora, I predatori dell’arca perduta) e, da sempre, fan della pellicola originale.
Sono passati anni dalla sconfitta della malvagia regina Bavmorda e Sorsha (Joanne Whalley) governa saggiamente su un regno che ha ritrovato, almeno in apparenza, pace e tranquillità. Si avvicina il giorno delle nozze della figlia ribelle Kit (Ruby Cruz) con l’impacciato principe Graydon (Tony Revolori), quando alcune misteriose e terrificanti creature attaccano il castello e rapiscono l’altro figlio di Sorsha, Airk (Dempsey Bryk), fratello gemello della principessa. Sarà allora che Kit deciderà di imbarcarsi, affiancata da un gruppo di improbabili compagni (la spadaccina Jade/Erin Kellyman, la sguattera Dove/Ellie Bamber, il ladro Boorman/Amar Chadha-Patel e il suo promesso sposo), in una disperata missione di salvataggio, ma non prima di aver cercato l’aiuto del più grande mago vivente: il nelwyn Willow (Davis).
Catturare l’innocente magia dei fantasy anni ’80
In questa nuova incarnazione di Willow, Kasdan infonde tutto il suo amore per il film dell’88, disseminando diversi rifermenti all’originale e riportandoci in alcune location note (il villaggio dei nelwyn, la tenebrosa Nockmaar), mantenendo, comunque, un occhio di riguardo verso il pubblico più giovane. Una mediazione di toni che traspare nell’umorismo, dal sapore “marvelliano”, e nel cast composto, in larga parte, da personaggi adolescenti (ognuno alla ricerca della propria identità, del proprio posto nel mondo).
Un’amore, quello che traspare dalla serie, riservato non solo al mondo di Willow, ma che riguarda anche le più celebri produzioni targate Lucasfilm: i film di Star Wars. Lo show, infatti, incorpora nella narrazione diversi elementi della popolare saga; come un Willow, ormai maturo, che assume il ruolo di mentore, a mo’ di Obi-Wan Kenobi o Yoda, descrivendo la magia, oltretutto, in termini non dissimili da quelli usati dai jedi per la Forza. Paralleli che si possono riscontrare in quasi tutti gli episodi della serie (nel quarto, per esempio, è presente un duello tra Jade e lo spettro del generale Kael, molto simile a quello tra Luke e l’apparizione di Darth Vader nella caverna su Dagobah).
Willow, purtroppo, non è esente da difetti: lo show Disney+ non riesce a nascondere alcuni dei suoi limiti produttivi, con scenografie spesso eccessivamente posticce – se non proprio assenti; a volte è forte la sensazione di stare assistendo ad una scampagnata di cosplayer nel boschetto dietro casa – e costumi dal design molto generico. Una sciatteria generale che si riflette anche nella regia delle scene d’azione, quasi mai all’altezza, similmente a quanto visto nella serie dedicata a Obi-Wan Kenobi. Mancanze che risultano ancora più evidenti dopo la recente uscita di produzioni fantasy di alto profilo, come House of the Dragon e Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere.
Aspetti, innegabilmente, non del tutto riusciti della serie, che pesano soprattutto durante i primi episodi, passando però presto in secondo piano con lo svilupparsi della trama e delle relazioni tra i vari personaggi, interpretati da un cast molto affiatato. Willow riesce nell’intento di far affezionare ai suoi nuovi protagonisti, rendendoli a tratti anche più interessanti di quelli storici, e a catturare, in alcuni momenti, l’innocente magia delle produzioni fantasy degli anni ’80. Se i primi due o tre episodi non vi convincono del tutto, non arrendetevi, vedrete che la serie saprà ripagarvi a dovere.
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I primi due episodi a mio avviso sono appena appena interessanti, forse avevo troppe aspettative. Nello scontro al castello sembra che in tre abbiano distrutto l’intera guarnigione di due regni… Bah.
Nel complesso mi incuriosisce la storia e lo scudiero è il personaggio che da il tocco in più. Rimango sempre allibito dell’uso appiccicato, superfluo e stucchevole delle figure lebicbe o omosessuali in tutti i nuovi film o serie. A mio avviso qui è assolutamente fuori luogo e fuori storia. A dire il vero l’unica serie che ha inserito ottimamente una storia tra due donne è, a mio avviso, la ruota del tempo su prime video. E non è un problema di essere retrogrado, è solo dover mettere ovunque qualcosa solo perché bisogna… Imbarazzante e soprattutto controproducente.
Spero che il proseguo della serie mi appassioni maggiormente e che sia un po’ più distaccato da una love story lesbo come uno dei fili conduttori della serie. Se volevo vederne una non avrei scelto willow, ce ne sono tante più interessanti e meglio fatte. Stessero sul canovaccio della storia da cui sono partiti
A me i primi episodi, come dico nell’articolo, non hanno convinto, infatti le mie aspettative si sono abbassate. In seguito, direi dal quarto episodio, si riprende e inizia a diventare interessante, anche nell’evoluzione di personaggi come Graydon.