venerdì, Febbraio 7, 2025
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Wilderness: Fuori Controllo, recensione della serie con Jenna Coleman e Oliver Jackson-Cohen

La recensione di Wilderness: Fuori Controllo, serie thriller con protagonisti Jenna Coleman e Oliver Jackson-Cohen. Disponibile su Prime Video.

Guarda cosa mi hai fatto fare! Si intitola così la canzone di Taylor Swift che accompagna i titoli di Wilderness: Fuori Controllo, serie in 6 episodi creata da Marnie Dickens e disponibile su Prime Video dal 15 settembre. Tratta dal romanzo omonimo di B. E. Jones, Wilderness si apre con le parole di Liv (Jenna Coleman) a proposito del suo rapporto con il marito Will (Oliver Jackson-Cohen): “Mi sono sentita al sicuro e ho smesso di fingere – dice la protagonista, rivolgendosi allo spettatore -: finalmente potevo essere me stessa. È lì che ho sbagliato”.

Il nostro racconto inizia con la più classica premessa da revenge movie, in un’atmosfera che sembra citare Gone Girl – L’amore bugiardo. Liv, come Amy Dunne, compie un errore familiare a molte donne: rinunciare a carriera e ambizioni per compiacere il proprio uomo. Una dedizione cieca e a senso unico, dettata dal timore di mettere a repentaglio una relazione stabile, ma quasi sempre foriera di insoddisfazioni e recriminazioni. Il rimando al film diretto da David Fincher si esaurisce qui, in una suggestione vaga ma comunque sufficiente a catturare l’attenzione del pubblico, ancora una volta desideroso di assistere alla débâcle dell’ingrato di turno.

Una disfatta goduriosa, sì, ma ad un patto: che l’astuta protagonista, autrice di una vendetta machiavellica nella sua tenace freddezza, sia degna di essere presa a modello. E questo, diciamolo subito senza girarci intorno, non è il caso della nostra “paladina”. Liv, dopo aver accantonato una brillante carriera da giornalista in Inghilterra per seguire il marito a New York, scopre di essere stata tradita. Anziché affrontare il fedifrago impenitente, Liv sceglie di vendicarsi, e nella maniera più radicale possibile: uccidendolo. Il vago proposito di neutralizzare il coniuge durante un viaggio organizzato per “fare pace” rischia di fallire miserevolmente quando i due vengono raggiunti, a sorpresa, dall’amante di lui (Ashley Benson) e dal suo ignaro compagno (Eric Balfour).

Il tema della vendetta femminile

Pensiamo per un attimo ad alcuni film che ruotano attorno al tema della vendetta femminile, dal già citato Gone Girl al più recente Una donna promettente, passando per l’iconico Kill Bill: mentre sullo schermo si consuma il dramma perfetto, quello che (per fortuna) nella vita di tutti i giorni si realizzerebbe giusto mentre fantastichiamo sotto la doccia, ci sentiamo più forti, più consapevoli dei retaggi culturali di cui siamo vittime tanto noi quanto i nostri compagni, finalmente decise a far sentire la nostra voce, assumendoci qualche rischio in più in nome di un sano egoismo.

Ebbene, in Wilderness non accade niente di tutto ciò. Il motivo? Liv, oltre ad essere titubante e disorganizzata, è stupida. La pena che vorrebbe infliggere al marito non soltanto è sproporzionata rispetto al crimine commesso e forse destinata a trascinare la sua ideatrice dalla parte del torto, ma è anche frutto di un piano che fa acqua da tutte le parti, votato a naufragare di fronte al primo imprevisto. Se, da un lato, è complicato immedesimarsi nel personaggio interpretato da Jenna Coleman, dall’altro bisogna riconoscere che il sentimento di superiorità che proviamo non soltanto nei suoi confronti, ma anche verso tutte le altre figure che si avvicendano sulla scena (poliziotti compresi) assicura un altro tipo di soddisfazione.

Un prodotto confusionario che oscilla tra vari generi

Difficile stabilire se questo genere di emozione rientrasse nelle ambizioni di chi ha scritto la sceneggiatura: Wilderness, che sulla carta sarebbe un thriller, oscilla tra vari generi, assumendo le caratteristiche di un prodotto fondamentalmente confusionario. Questa assenza di direzione è controbilanciata da un ritmo vivace e “pop”, tale da garantire la suspense e quindi l’attenzione di un pubblico incoraggiato fin da subito al binge watching. In altre parole, le azioni dei personaggi sono talmente prive di logica da risultare imprevedibili e quindi a loro modo avvincenti, specie se inserite all’interno di un racconto così smaccatamente fuori focus (basti pensare alle aspettative legate al thriller, che in questo caso vengono spesso e volentieri sovvertite) da essere alla fine divertente.

La narrazione è dominata, tuttavia, da un tono serioso che ci fa propendere più per la comicità involontaria che per la parodia intelligente e consapevole. E, anche qualora l’intento fosse stato un altro, il fatto stesso che sorga il dubbio non depone a favore di chi ha scritto la serie. Wilderness non è altro che la storia di una coppia male assortita, composta da un cornificatore compulsivo e da una donna priva del carattere necessario per mandarlo a quel paese: per la protagonista di questa vicenda tentare di spingere il marito giù da un burrone è più facile che chiedere il divorzio e forse il punto della serie è proprio questo. In tutto ciò, gli attori principali Jenna Coleman e Oliver Jackson-Cohen fanno del loro meglio per risultare credibili nei panni di due figure schematiche, le cui scelte sembrano scritte più per mandare avanti il racconto in nome di una qualche morale da impartire al pubblico che per conferire una parvenza di profondità a queste sagome di bell’aspetto.

A fine visione, si ha comunque la sensazione che l’intento reale di Marnie Dickens fosse quello di raccontare le peripezie di una psicopatica che si appropria della retorica femminista svuotandola di senso e all’unico scopo di giustificare i propri misfatti e ripulirsi la coscienza: una riflessione che avrebbe potuto essere interessante, se solo fosse stata esplicitata con più decisione. Le frasi altisonanti sulle donne obbligate a tenere alta la guardia e la ripetizione fino allo sfinimento del mònito “non si è mai al sicuro” ci fanno tuttavia propendere per l’ipotesi che l’obiettivo fosse davvero quello di elevare questa anti-eroina squilibrata a fonte di ispirazione. Il monologo finale, dove Liv vomita addosso ad uno sconosciuto uno sproloquio farneticante sui danni compiuti dal patriarcato, conduce però ad un altro tipo di identificazione, del tutto inaspettata: noi siamo quel tizio e, esattamente come lui, non abbiamo capito nulla di quello che ci è stato appena raccontato.

Guarda il trailer di Wilderness – Fuori Controllo

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Wilderness, che sulla carta sarebbe un thriller, oscilla tra vari generi, assumendo le caratteristiche di un prodotto fondamentalmente confusionario. Questa assenza di direzione è controbilanciata da un ritmo vivace e “pop”, tale da garantire la suspense e quindi l’attenzione di un pubblico incoraggiato fin da subito al binge watching.
Annalivia Arrighi
Annalivia Arrighi
Appassionata di cinema americano e rock ‘n’ roll | Film del cuore: Mystic River | Il più grande regista: Martin Scorsese | Attore preferito: due, Colin Farrell e Sean Penn | La citazione più bella: “Questo non è volare! questo è cadere con stile!” (Toy Story)

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