The Witcher: Blood Origin è la nuova miniserie spin-off, composta da quattro episodi, del popolare show fantasy basato sui libri di Andrzej Sapkowski. Un’avventura che ci riporta nel Continente, ma 1200 anni prima delle vicende legate a Geralt (Henry Cavill, che dalla quarta stagione verrà sostituito da Liam Hemsworth), Ciri (Freya Allan) e Yennefer (Anya Chalotra); un prequel volto a rivelare le origini di diversi aspetti riguardanti quel mondo fantastico, pronto ad approdare su Netflix il giorno di Natale, il 25 dicembre.
Dopo il film animato The Witcher: Nightmare of the Wolf, incentrato sul giovane Vesemir, la piattaforma di streaming punta ad espandere ulteriormente le produzioni legate al famoso franchise, popolarizzato dalla serie di videogame sviluppati da CD Projekt RED. L’oneroso fardello è caduto di nuovo sulle spalle di Lauren Schmidt Hissrich (Daredevil, The Umbrella Academy), showrunner della serie principale, affiancata, questa volta, da Declan De Barra (Iron Fist, Chapelwaite), accreditato come co-creatore dello spin-off.
Nel passato di The Witcher: Blood Origin, è da mille anni che i regni elfici di Xin’trea, Pryshia e Darwen sono in guerra. Per porre fine a questo spargimento di sangue senza fine, il re di Xin’trea decide di convocare gli altri sovrani per stringere un accordo di pace; occasione che viene sfruttata dall’ambizioso Alto Saggio Balor (Lenny Henry) per eliminare tutti i reggenti e mettere sul trono l’imperatrice fantoccio Merwyn (Mirren Mack). L’unica minaccia alle aspirazioni di dominio di Balor è costituita da un gruppo di sette guerrieri reietti: Éile (Sophia Brown), Scian (Michelle Yeoh), Fjall (Laurence O’Fuarain), Fratello Morte (Huw Novelli), Meldof (Francesca Mills), Syndril (Zach Wyatt) e Zacaré (Lizzie Annis). Lo scontro tra i Sette e il tirannico impero porterà al cataclisma della Congiunzione delle sfere e alla nascita del primo witcher.
Uno spin-off che mantiene i difetti della serie originale
A fare da collante tra questa storia – ambientata nel passato remoto del mondo di The Witcher, prima che mostri e umani arrivino tra gli elfi – e la serie principale troviamo il personaggio del bardo Ranuncolo (Joey Batey), a cui vengono raccontate queste vicende, da una misteriosa entità mutaforma, affinché il cantastorie tramandi la leggenda ai posteri (una cornice che accompagna la narrazione, in tutti gli episodi, attraverso un eccessivamente didascalico voice over).
The Witcher: Blood Origin mantiene i difetti che affliggono lo show progenitore, tra valori produttivi spesso non all’altezza e una scrittura non proprio brillante, non potendo nemmeno contare sul carisma del personaggio di Geralt di Rivia. Un prequel che mette in scena una delle più generiche quest fantasy mai viste su schermo, dove il pathos latita, con protagonisti dei personaggi tristemente anonimi, sia nella caratterizzazione che nel look (i costumi, ma anche le ambientazioni, non sono per niente memorabili).
Un antipasto poverello, incapace di saziare minimamente la fame dei fan, in spasmodica attesa della terza stagione di The Witcher, ma anche solo di regalare qualche momento di sano intrattenimento agli spettatori meno esigenti.