sabato, Settembre 14, 2024
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The Witcher Stagione 2, recensione della serie con Henry Cavill

La recensione della seconda stagione di The Witcher, serie con Henry Cavill tratta dai libri di Andrzej Sapkowski. Disponibile su Netflix.

L’uscita nel 2019 della prima stagione della serie The Witcher, tratta dal celebre ciclo di romanzi dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski (già trasposti in formato videoludico con enorme successo), ha aperto un dibattito sull’inevitabile vuoto lasciato nella serialità da Games of Thrones per quanto concerne il genere fantasy. “Il re è morto”, ha gridato qualcuno; ma nessuno se l’è sentita di aggiungere “Evviva il re”. Di pretendenti con le carte in regola, infatti, neppure l’ombra. E questo nonostante le aspettative nei confronti di alcuni titoli, tra i quali proprio la serie con protagonista lo strigo Geralt Di Rivia (Henry Cavill), che dal 17 dicembre torna con una seconda stagione, ovviamente su Netflix, di cui abbiamo visto i primi 6 episodi.

Un po’ per la fama che i libri dedicati al cacciatore di mostri e le sue avventure hanno raggiunto da una decina d’anni a questa parte grazie ai videogiochi, un po’ per le caratteristiche insite in un racconto potenzialmente ricco di fascino, The Witcher sembrava, sulla carta, una delle più accreditate pretendenti al trono. Eppure, il clamore suscitato dalla notizia dell’uscita della serie si è spento di fronte a un prodotto, forse, al di sotto delle aspettative; probabilmente realizzato più per calamitare la fanbase che non per attrarre un pubblico eterogeneo. I giudizi impietosi sulla serie non si sono fatti attendere: troppo confusionaria, al limite del kitsch (insomma, Henry Cavill capellone sfiora effettivamente il ridicolo), mal supportata da effetti digitali non sempre all’altezza, e via dicendo.

A determinare però la stragrande maggioranza dei pareri negativi nei confronti della serie, anche il confronto (certamente impietoso) proprio con Games of Thrones. Eppure, a ben vedere, nonostante il trono lasciato vacante dalla serie HBO, confrontare l’epopea televisiva tratta dai romanzi di J.R.R. Martin con quella – comunque, a conti fatti, meno ambiziosa – di The Witcher è un’operazione tanto insensata quanto deleteria proprio per quanto concerne la ricezione della serie Netflix. In fondo, perché fare dei paragoni tra due opere di per sé molto lontane tra loro? La cui storia produttiva nasce in due contesti differenti e con obiettivi ben diversi?

Lasciando per un attimo perdere il contesto del genere fantasy, la prima stagione The Witcher, pur con tutti i suoi difetti, è (secondo il modesto parere di chi scrive) godibile soprattutto per il suo essere orgogliosamente eccessiva e coraggiosamente low budget. Infatti, nonostante una CGI quasi sempre non all’altezza, una trama eccessivamente contorta (una sorta di degenerazione dell’entrelacement utilizzata anche dal nostro Ariosto nell’Orlando furioso), la serie cattura per la sua fanciullesca ingenuità, le caratterizzazioni dei personaggi e per le atmosfere decadenti che contraddistinguono il Continente, realtà popolata da uomini, creature leggendarie (gli elfi, ad esempio) e una miriade di mostri terrificanti.

La prima stagione della serie ideata da Lauren Schmidt Hissrich (The Umbrella Academy), che si affidava a una narrazione pluritemporale, si era conclusa con l’inevitabile incontro tra Geralt, che nel frattempo aveva perso l’amata Yennefer (Anya Chalotra), e il suo destino: la principessa Ciri (Freya Allan), scampata alla distruzione della sua città, Cyntra, e in possesso di poteri sovrumani. La seconda stagione è, di fatto, una prosecuzione della prima. Dopo lo battaglia di Sodden, che ha visto il regno di Ciri scontrarsi con quello di Nilfgaard, Geralt e la giovane trovano rifugio presso Kaer Mohren, la “casa” dei Witcher, abitata dai “colleghi” dello strigo e dal suo mentore: Vasemir (Kim Bodnia), già protagonista dell’interessante film d’animazione Netflix The Witcher: The Nightmare of the Wolf. Ben presto il nostro eroe sarà però costretto ad affrontare nuovi nuovi pericoli.

Photo Credit: Jay Maidment

La seconda stagione di The Witcher enfatizza ancora di più, se possibile, i limiti della prima. Pur contraddistinguendosi per una trama più lineare, la serie con protagonista Henry “Superman” Cavill (Zack Snyder’s Justice League) non cerca in alcun modo di rinnegare la propria natura, continuando la sua strenue battaglia contro il ridicolo (a volte avendo la meglio, a volte no). Pur mantenendo intatto il fascino dei personaggi (al di là di tutto, la caratterizzazione di Geralt è estremamente efficace, e questo anche per merito del monolitico Cavill) e le atmosfere tenebrose che già contraddistinguevano la prima stagione, anche questa nuova sembra essere deficitaria soprattutto a livello narrativo.

Se però in precedenza le storie di Geralt, Ciri e Yennefer mantenevano una loro identità, risultando tutte e tre interessanti da seguire, in queste nuove puntate di The Witcher le vicende collaterali alle avventure di Geralt e Ciri appaiono assai deboli. Se da una parte viene sacrificato il personaggio di Yennefer (non una scelta vincente), dall’altra acquisisce maggiore spazio il racconto del riscatto del decimato popolo elfico (dimezzato dalla ferocia umana, altro che mostri!). Una scelta che serve certamente a rimpinguare una trama che forse rischiava di essere monocorde, ma che alla lunga non paga, appesantendo eccessivamente il racconto.

A emergere nuovamente è invece il tema della “mostruosità” e delle sue molteplici (e talvolta inaspettate) manifestazioni. “Chi è il vero mostro?” è la domanda che più frequentemente si pone lo spettatore durante la visione: i mostri “certificati”, che i Witcher cacciano da generazioni, oppure quelli che si celano sotto le spoglie – ben più accettabili – di esseri umani? Un quesito che “tradisce” la complessità di una serie tutt’altro che banale e superficiale, che però in questa seconda stagione sembra non possedere il fascino che contraddistingueva la precedente. La sensazione è che questa nuova stagione di The Witcher sia una sorta di riempitivo, il capitolo centrale di una saga destinata a dare il meglio di sé più avanti. Un anello di congiunzione, al di là dei possibili limiti, necessario per portare avanti il racconto, ma al contempo un po’ sacrificato.

Se si è amanti del genere non si rimane comunque delusi dalla visione, nonostante una seconda parte meno incisiva rispetto ai primi episodi (più in linea con quelli della stagione precedente). Anche perché le disavventure dello strigo Geralt sul piccolo schermo hanno pure il merito di aver riacceso l’interesse letterario nei confronti di una saga il cui primo libro è stato pubblicato nell’ormai lontano 1990 e che ha proseguito, nel solco plurisecolare del genere fantasy, una tradizione capace di alimentarsi costantemente. Senza contare che la serie tratta dai libri è solo il primo passo compiuto da Netflix sul Continente, come testimonia anche l’annuncio dell’uscita della miniserie prequel The Witcher – Blood Origin. Insomma, le avventure di Geralt e degli personaggi nati dalla mente di Sapkowski non finiranno certo qui. Quindi, meglio mettersi comodi.

Guarda il trailer ufficiale di The Witcher 2

GIUDIZIO COMPLESSIVO

La seconda stagione di The Witcher enfatizza ancora di più, se possibile, i limiti della prima. Pur contraddistinguendosi per una trama più lineare, la serie non cerca in alcun modo di rinnegare la propria natura, continuando la sua strenue battaglia contro il ridicolo (a volte avendo la meglio, a volte no). Pur mantenendo intatto il fascino dei personaggi e le atmosfere tenebrose che già contraddistinguevano la prima stagione, anche questa nuova sembra però essere deficitaria soprattutto a livello narrativo.
Diego Battistini
Diego Battistini
La passione per la settima arte inizia dopo la visione di Master & Commander di Peter Weir | Film del cuore: La sottile linea rossa | Il più grande regista: se la giocano Orson Welles e Stanley Kubrick | Attore preferito: Robert De Niro | La citazione più bella: "..." (The Artist, perché spesso le parole, specie al cinema, sono superflue)

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La seconda stagione di The Witcher enfatizza ancora di più, se possibile, i limiti della prima. Pur contraddistinguendosi per una trama più lineare, la serie non cerca in alcun modo di rinnegare la propria natura, continuando la sua strenue battaglia contro il ridicolo (a volte avendo la meglio, a volte no). Pur mantenendo intatto il fascino dei personaggi e le atmosfere tenebrose che già contraddistinguevano la prima stagione, anche questa nuova sembra però essere deficitaria soprattutto a livello narrativo.The Witcher Stagione 2, recensione della serie con Henry Cavill