Solitamente quando sentiamo parlare di “conquista dello spazio” pensiamo immediatamente all’Apollo 11 e all’allunaggio del 1969. Un evento epocale che ha tenuto incollati a televisore e/o radio milioni di persone in tutto il mondo. Ricordiamo Neil Armstrong, il primo uomo a mettere piede sul suolo lunare (“Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità“), ma raramente ci soffermiamo a riflettere sul percorso che ha permesso alla NASA di portare in orbita i propri astronauti. È a questa storia “dimenticata” che rende omaggio The Right Stuff – Uomini Veri, serie composta da 8 episodi prodotta da National Geographic e distribuita in esclusiva su Disney+ a partire dal 9 ottobre, della quale abbiamo visto in anteprima i primi due episodi.
Tratta dal romanzo di Tom Wolfe The Right Stuff e dal film di Philip Kaufman Uomini veri (1983), la serie, ideata da Mark Lafferty (Castle Rock) e prodotta anche dalla Appian Way di Leonardo DiCaprio, è incentrata sui primi esperimenti spaziali della neonata NASA tra la fine degli anni ’50 e i primi ’60. Protagonisti sono i 7 aspiranti astronauti che vennero scelti per far parte di quello che fu il progenitore del “Programma Apollo”: il “Programma Mercury”. Tale programma, che ebbe luogo tra il 1958 e il 1963, fu realizzato per cercare di recuperare il terreno perduto nei confronti dei Sovietici e portare il primo astronauta americano in orbita (cosa che accadde il 5 maggio 1961, pochi giorni dopo il successo registrato dall’URSS con Jurij Gagarin).
Nel 1959, la NASA sta cercando di assoldare i migliori piloti dell’Areonautica Statunitense. La “Guerra Fredda”, entrata ormai nel vivo, si combatte non solo negli uffici diplomatici ma anche nello Spazio, ed è bene farsi trovare pronti. Dopo una prima scrematura d’ufficio e visite mediche specifiche (sia fisiche che psicologiche), in 7 vengono prescelti per far parte del nuovo programma spaziale: coloro che passeranno alla storia come i “Mercury Seven“. Tra di loro ci sono anche il pacato, determinato e già celebre John Glenn (Patrick J. Adams), lo spavaldo donnaiolo Alan Shepard (Jake McDorman), che sogna di essere il primo uomo ad andare nello spazio, e il giovane Gordon Cooper (Colin O’Donoghue), appena separatosi dalla moglie e ancora traumatizzato dall’incidente aereo mortale che ha coinvolto un suo collega e amico.
The Right Stuff – Uomini Veri è una serie dall’impostazione scolastica ma efficace. Si avvale di una struttura narrativa semplice, composta da una trama principale – la missione a cui è chiamato a partecipare il “Programma Mercury” -, e sottotrame volte ad approfondire la vita degli astronauti e delle loro famiglie. Una vita non semplice, fatta di sacrifici e complessi rapporti familiari, che la serie descrive in maniera non dissimile rispetto a quanto fatto da altre recenti opere audiovisive dedicate alla “conquista dello Spazio” come il film capolavoro di Damien Chazelle First Man (sul primo allunaggio) e la serie Netflix Away (dove si racconta della prima missione su Marte). Nulla di nuovo davanti agli occhi degli spettatori quindi, ma ciò non toglie che la serie prodotta da National Geographic sia interessante, quantomeno a livello informativo.
Se infatti da un punto di vista drammaturgico The Right Stuff – Uomini Veri paga lo scotto di qualche semplificazione di troppo – specie riguardo ai caratteri troppo stereotipati di alcuni personaggi -, da un punto di vista documentale (si tratta di un’opera di fiction ma si basa pur sempre su fatti realmente accaduti) la serie cattura proprio perché incentrata su una storia celebre probabilmente più negli Stati Uniti che non nel resto del mondo. Diviene quindi avvincente seguire le vicissitudini legate al progetto: i primi esperimenti, le aspettative dell’opinione pubblica, il nascere della rivalità tra gli astronauti (specie tra gli antitetici Glenn e Shepard), nonché la paura di non riuscire a raggiungere i propri obiettivi e i propri sogni di gloria.
Tutti questi elementi fanno di The Right Stuff – Uomini Veri una serie da non perdere, che riesce sempre a tenere alta la tensione nonostante lo spettatore – almeno colui che si è informato preventivamente sugli avvenimenti – sappia già come andrà a finire l’avventura del “Programma Mercury”. Un’opera destinata non esclusivamente agli amanti del genere, ma capace di catturare anche coloro che non nutrono una particolare attrazione riguardo allo Spazio, alla sua conquista, e alle storie ad essa correlate.