La storia della famiglia reale britannica raccontata su Netflix, creazione di Peter Morgan, è giunta al termine: The Crown si chiude con quest’ultima sesta stagione, la cui uscita è stata suddivisa in due parti (arrivate in piattaforma rispettivamente il 16 novembre e il 14 dicembre).
La scelta non è stata casuale: la prima parte, infatti, ha avuto al centro le ultime vicende che hanno visto protagonista la Principessa Diana (Elizabeth Debicki, Tenet), ma è chiaro che la scrittura dello show si sia concentrata su una linea narrativa che in qualche modo assolvesse la Corona inglese, liberandola dalle ombre che per decenni l’hanno oscurata in merito alla morte di Lady D. Viene dato estremo risalto al ruolo avuto dall’imprenditore egiziano Mohamed Al Fayed nelle dinamiche che hanno inciso sull’unione tra il figlio Dodi (Khalid Abdalla) e la Principessa del Galles. Non solo, sembra si voglia indicare l’ex gestore di Harrods come colui che ha contribuito a creare eco ed enfasi sulla coppia, sfinita per questo dalla presenza costante dei paparazzi.
Pare inoltre evidente che le sue illazioni che hanno indotto a pensare ad un possibile coinvolgimento della Famiglia Reale britannica nell’incidente parigino del 31 agosto 1997, siano state figlie di un risentimento nei confronti della stessa. Parallelamente, Carlo (Dominic West) è combattuto per come affrontare pubblicamente il lutto e si scontra con l’algida Corona britannica, sempre pronta a sottostare a protocolli e a non lasciarsi andare a facili sentimentalismi: se infatti l’attuale Re in carica cerca una soluzione favorevole alla celebrazione di Diana come membro della Famiglia Reale, la stessa non vuole proclamarne neppure il lutto, come se la donna non ne avesse alcuna appartenenza.
L’aderenza o meno alla realtà dei fatti
Il focus sulla Principessa passa dalle reazioni alla sua dipartita sino all’ultimo evento pubblico che la vede protagonista: il funerale. Le immagini del rituale colpiscono per la ruvidezza che trasmettono: 26 anni di video della processione dei Principi di Windsor ci hanno consegnato la percezione di un grande dolore sussurrato tra gli astanti della famiglia che si fiancheggiavano dinanzi al carro funebre; The Crown ci lascia invece immaginare che i due giovani orfani di madre abbiano sapientemente scelto di mantenere la schiena dritta, spegnendo le proprie emozioni per non cedere alla pornografia del dolore di cui le telecamere non sono mai sazie e facendosi più che altro delle domande sull’inspiegabile sofferenza altrui nei confronti della morte della loro madre.
Che questo aderisca o meno alla realtà dei fatti – come ogni episodio di ogni stagione della serie – è naturalmente relativo e ininfluente; si tratta soltanto dello stravolgimento del modo in cui l’immaginario comune aveva categorizzato i funerali di Lady D.
Meno incisiva la seconda parte di stagione, che offre una panoramica sugli anni che hanno succeduto il 1997 fino al 2005, momento conclusivo della storia. Se la scelta del cast della scorsa stagione non ha premiato West nei panni di Carlo perché troppo carismatico rispetto all’attuale Re, lo stesso accade per ragioni opposte con l’interprete del Principe Harry, il fulvio Luther Ford.
Il colore dei capelli dell’attore è infatti l’unico tratto che lo accomuna al più piccolo dei figli di Diana, da sempre noto per avere un modo di fare travolgente e magnetico: qui di magnetico c’è ben poco, oltre ad essere palese la scelta di dare poco margine di racconto al minore dei fratelli per esaltare maggiormente colui che sarà il prossimo Re d’Inghilterra, William (Ed McVey). Inoltre, altissima è l’attenzione nei riguardi della sua storia con Kate Middleton (Meg Bellamy).
La domanda sorge spontanea: che questo poco spazio dato al personaggio di Harry sia stato dettato dalle scelte che nelle vita reale lo hanno condotto ad allontanarsi dalla Famiglia Reale? Che Peter Morgan sia uno di quei sudditi fedeli che si è sentito tradito dalla decisione di Harry e l’abbia volutamente messo da parte?
Una scrittura poco graffiante e a tratti frettolosa
Molti gli eventi, tristi o meno, avvenuti nei primi anni del Duemila vengono raccontati in questo finale di serie, ma rendono evidente che i fasti della scrittura delle prime stagioni hanno lasciato posto ad una sceneggiatura poco graffiante e a tratti frettolosa. Apprezzabile aver dato degna conclusione alla vita della Regina Elisabetta (ancora Imelda Staunton, Downton Abbey II: Una nuova era), tributandole un saluto con tutti gli annessi, collocando in quel tempo le sue riflessioni su una ipotetica abdicazione in favore del figlio e usandolo come pretesto per celebrarla e condurla alla fine del suo Regno.
Persasi un po’ la solennità delle prime stagioni, a The Crown va comunque riconosciuto il pregio di aver saputo raccontare la Famiglia Reale inglese, restituendo allo spettatore un omaggio degno di nota sia nei riguardi della Corona ma soprattutto in quelli di colei che ha regnato per il tempo più lungo della storia britannica: Elisabetta II.