Mettiamo subito le carte in tavola: The Continental è il più grande regalo che si potesse fare oggi agli appassionati di azione anni ’80, di John Wick e di Matrix. Difficilissimo se non impossibile trovare eguali nel panorama cinematografico e seriale contemporaneo, peraltro con valori produttivi di così alto livello.
Basti pensare che il primo John Wick, di cui questa serie è il diretto prequel, costò nel 2014 attorno ai 20/30 milioni di dollari, grossomodo quanti ne sono stati spesi per ciascuno dei tre episodi – forse sarebbe meglio chiamarli film – di The Continental. Ognuno, infatti, dura circa un’ora e mezza, andando a costituire una piccola trilogia proposta su piattaforma (Peacock negli USA, Prime Video nel resto del mondo) ma che sembra pensata per il grande schermo.
A partire dalle ambientazioni: un ritorno in grande stile del Noir, con una New York anni Settanta fumosa, piena di neon e strade buie, a metà strada tra Sin City e Gotham, ricreata con grande dovizia di particolari. Tra cinema abbandonati, vicoletti umidi, appartamenti fatiscenti e baraccopoli di periferia, ci si aspetta di incontrare da un momento all’altro una delle “iene” di Tarantino o il furioso Mel Gibson di Payback (1999, Brian Helgeland).
E non è un caso che sia proprio lui a interpretare il riuscito villain della serie, Cormac, temuto e pericoloso proprietario dell’hotel Continental, ritrovo di assassini protetti dalla potente organizzazione criminale della Gran Tavola. Al suo fianco Colin Woodell (il giovane Winston, che in John Wick è interpretato da Ian McShane) e una schiera di ottimi attori, che insieme formano una squadra pronta a imbarcarsi in una missione apparentemente impossibile.
Coniugare perfettamente azione e narrazione
La storia, che si dipana attraverso i tre film, racconta di fatto come Winston sia entrato in possesso del Continental succedendo a Cormac; una scelta, quella di concentrarsi quasi esclusivamente su questa vicenda, che se da una parte potrebbe scontentare chi si aspettava approfondite incursioni nell’universo di John Wick dall’altra mantiene intatto il fascino e il mistero dell’universo creato da Derek Kolstad e Chad Stahelski.
Inoltre, la serie colma con tempismo quasi chirurgico una grande lacuna degli ultimi film interpretati da Keanu Reeves, ovvero si prende finalmente il tempo per approfondire dei personaggi, introducendone di nuovi e spaziando tra storie apparentemente diverse tra loro. In questo modo, The Continental riesce a coniugare perfettamente azione e narrazione, velocità e dialoghi, senza prendersi troppo sul serio o indugiare nelle infinite e irreali sparatorie viste nell’ultimo John Wick 4.

La spettacolarità resta comunque al primo posto, a dispetto del budget “ridotto”. La formula è quella collaudata che ha reso così apprezzato il franchise: una messa in scena accurata, magnifiche coreografie di combattimenti che valorizzano il lavoro degli stunt, una regia precisa, creativa e a tratti virtuosa.
Ritroviamo dunque il kung-fu condito con qualche insistenza “pulp” ma anche corse in macchina, duelli “acrobatici” (perfino in una cabina telefonica…) e inseguimenti. Il tutto valorizzato da una fotografia calda e piena di contrasti, che esalta in particolar modo le scene notturne, e una colonna sonora straordinaria.
Le musiche possono dirsi, assieme alla città, autentiche coprotagoniste della serie: su quelle originali di Raffertie, che lavora con acide sonorità elettroniche, si innestano in modo quasi sempre diegetico pezzi cult dei Seventies di genere rock, pop, punk, funk, R&B, soul, reggae e disco (solo nel primo episodio ci sono, tra gli altri, Donna Summer, Santana, Baccara, i Black Sabbath e Boney M).
Uno “spin-off apocrifo”
Infine, con The Continental il mondo di John Wick eredita ufficialmente il testimone di Matrix, pur non avendo niente a che fare con la fantascienza. Si tratta di uno “spin-off apocrifo” che in quanto a riferimenti, citazioni esplicite, location, azione e aura di mistero può dirsi fedele allo spirito del film del 1999 ma allo stesso tempo al passo con i tempi. E per quanti rimasero delusi dall’apparizione fugace dei Twins in Matrix Reloaded (2003), in questa serie c’è una coppia di gemelli che ripaga quel torto subito: si chiamano Hansel (Mark Musashi) e Gretel (Marina Mazepa) e sono letteralmente straordinari.