Può un uomo buono trasformarsi nel suo peggior nemico, specchiandosi nel perfetto ritratto del “male” che si è impegnato a cacciare per una vita intera? Questa premessa così dirompente – ed eticamente impegnata – sembra attraversare, in modo febbrile, il concept della nuova serie italiana Amazon Original, The Bad Guy.
Un prodotto – in sei episodi – che strizza l’occhio al crime, al gangster movie (in particolare, alla consolidata tradizione italiana di film e serie sulla mafia) e alla commedia più dark dall’umorismo nero e cinico, affidando il compito di dar vita alle luci (e alle tante ombre) del pubblico ministero Nino Scotellaro ad un ispirato Luigi Lo Cascio (Il signore delle formiche), affiancato da un’ottima Claudia Pandolfi e da Selene Caramazza. I primi tre episodi della serie saranno disponibili su Prime a partire dall’8 dicembre, mentre gli ultimi tre saranno distribuiti a partire dal 15 dello stesso mese.
La serie racconta l’incredibile storia di Nino Scotellaro, pubblico ministero siciliano che ha dedicato tutta la sua vita alla lotta contro la mafia e che improvvisamente viene accusato di essere uno di coloro che ha sempre combattuto: un mafioso. Dopo la condanna, senza più nulla da perdere, Nino decide di mettere a segno un machiavellico piano di vendetta, diventando il “bad guy” in cui è stato ingiustamente trasformato.
Dimentichiamo, per un momento, le convenzionali narrazioni sul tema della mafia, quelle che hanno popolato l’universo mainstream della nostra industria audiovisiva, perché in The Bad Guy ogni dettaglio assume delle sfumature iperboliche, eccessive, paradossali e parossistiche: le premesse affondano le radici nella realtà e in una sua plausibile rappresentazione, ma ogni particolare viene distorto, esagerato, filtrato attraverso una lente deformante che contribuisce ad aumentare il piacere dell’entertainment.
Nonostante un’idea di base non troppo originale, che si muove in un territorio forse troppo abusato dallo storytelling cine-televisivo, The Bad Guy è ufficialmente figlia dei tempi moderni, di una visione più internazionale dell’intrattenimento su piccolo schermo, simbolo delle richieste del mercato e delle nuove piattaforme.

Una serie sospesa tra crime e dark comedy
Non conta tanto l’originalità della storia, ma come essa viene sviluppata dal team di sceneggiatori (composto da Ludovica Rampoldi, Davide Serino e Giuseppe G. Stasi) e “coltivata” da quest’ultimi che hanno dedicato, evidentemente, tempo e attenzioni nel cesellare ogni singolo personaggio. E come nella tradizione della commedia all’italiana, è proprio il dettaglio a rivelare il carattere di protagonisti e comprimari, a svelarne idiosincrasie e chiaroscuri, a renderli persone prima ancora che sagome di carta generate dalla fantasia iperattiva degli stessi autori.
The Bad Guy guarda lontano, oltre i confini italiani e verso un modello mainstream di fruizione seriale, senza però mai perdere di vista la sua autenticità e la natura prettamente italiana, sia per il tipo di storia raccontata che per come viene narrata quest’ultima. La regia, firmata a quattro mani, da Giuseppe G. Stasi e Giancarlo Fontana, è ritmata, incalzante, con le immagini che immortalano e modificano la realtà che noi conosciamo e che ci circonda, pronta ad uscire riveduta, “corrotta” e centrifugata da questa operazione compiuta attraverso la macchina da presa. E a catturare l’attenzione dell’occhio meccanico sono soprattutto i contrasti, sia nelle anime – e nei comportamenti – dei personaggi che negli ambienti e nelle situazioni, con leitmotiv musicali anacronistici a sottolineare gli eventi (come Mina che accompagna l’irruzione dei ROS per prendere il temibile capo dei capi).
Quella alla base di The Bad Guy sembra essere un’operazione simile a quella dietro un altro prodotto italiano recente di Amazon, ovvero Bang Bang Baby: storie plausibili, storie già raccontate che però incontrano un nuovo destino, venendo così catapultate nel futuro dell’audiovisivo grazie alla lente deformante e sperimentale di una macchina da presa che non ha paura di osare, spingendosi oltre i limiti delle convenzioni di forme, modelli e canoni del mondo cine-televisivo nostrano.