venerdì, Dicembre 6, 2024
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Sweet Tooth, recensione della serie basata sul fumetto di Jeff Lemire

La recensione di Sweet Tooth, la serie basata sul fumetto di Jeff Lemire, prodotta da Robert Downey Jr. Dal 4 giugno disponibile su Netflix.

Ibridazione, “Grande Crollo” e soprattutto: pandemia. La nuova serie della scuderia Netflix Sweet Tooth, creata da Jim Mickle e basata sull’omonimo fumetto di Jeff Lemire – ex sqaudra DC Comics – tratta delle tematiche molto vicine al sentire contemporaneo navigando le rotte del fantasy. Sweet Tooth è disponibile dal 4 giugno sulla piattaforma streaming Netflix, per il momento, con la sola prima stagione composta di 8 episodi.

Gus (Christian Convery) è un bambino di dieci anni alle prese con il suo essere “ibrido”, metà umano metà cervo. La sua nascita è tragicamente coincisa con lo scoppio di una pandemia mondiale, detta “Il Grande Crollo”, che ha condotto proprio all’ibridazione tra esseri umani e animali. L’umanità in questione, sempre decisa a non lasciar decadere quel sentimento di sospetto e rabbia verso “l’altro”, decide di dare la caccia agli ibrisi, temendo una loro connessione malevola con il propagarsi dell’infezione. La strada di Gus verso la salvezza sarà irta di pericoli e ben presto scoprirà che il bosco felice del suo amorevole Pubba (Will Forte) non avrà niente a che vedere con l’inafferabile Mondo.

Sweet Tooth è un grande calderone. Sul multiforme background di un mondo pandemico – chi non sa che cosa voglia dire, ad oggi – il versante fantasy-visivo si rifà ad un complesso di famigerati precedenti come Nel paese delle creature selvagge (Spike Jonze, 2009) ed anche Darkest Minds (Jennifer Yuh Nelson, 2018), nel grande contesto di quelle storie con bambini/giovani dai particolari poteri braccati dalla società e di prodotti tratti dalla carta stampata.

In una serie del genere le premesse sono quindi tra le più interessanti, tutto sta nelle modalità di sviluppo di quanto premesso. Per questo motivo Sweet Tooth si rivela essere un’arma a doppio taglio: fantasia che serve a contestualizzare la realtà oppure un un tentativo bizzarro di unire verosimiglianza e contesti fantastici per acchiappare lo spettatore? Pur facendo leva su una regia ben articolata e un immaginario abbastanza solido, Sweet Tooth si perde talvolta in una tavolozza fiabesca a volte imprudente, perdendo di vista una direzione più precisa.

Il lato fanciullesco dell’esposizione narrativa sembra troppo preponderante rispetto ad una – tra le dovute virgolette – più adulta, rischiando quindi di perdere smalto e credibilità. Buono e affiatato il gruppo di attori principali, tra cui il Dottor Singh interpretato da Adeel Akhtar, già conosciuto in Enola Holmes (2020), e il già citato Pubba interpretato da Will Forte, per molti anni punta di diamante del Saturday Night Live.

Sweet Tooth si propone quindi come un bildungsroman circondato da elementi fiabeschi, nel tentativo di ricercare una connessione tra il mondo reale e la sua interpretazione visiva, sia che parli la lingua dei fumetti che quella della televisione.

Guarda il trailer ufficiale di Sweet Tooth

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Sweet Tooth si propone come un bildungsroman circondato da elementi fiabeschi, nel tentativo di ricercare una connessione tra il mondo reale e la sua interpretazione visiva, sia che parli la lingua dei fumetti che quella della televisione.
Carlotta Guido
Carlotta Guido
Dopo la visione de Il Padrino Parte II capisce che i suoi film preferiti saranno solo quelli pari o superiori alle tre ore | Film del cuore: Il Padrino | Il più grande regista: Aleksandr Sokurov | Attore preferito: Marlon Brando | La citazione più bella: "Il destino è quel che è, non c’è scampo più per me" (Frankenstein Junior)

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