Un prisma rifrange la luce bianca, in modo tale da scomporla mostrando le varie sfumature dei diversi colori che la compongono. E inseguendo la stessa romantica utopia, Prisma – la serie creata da Ludovico Bessegato, già artefice del successo di SKAM Italia – torna sui piccoli schermi (ça va sans dire) di Prime Video con una seconda stagione, riprendendo esattamente il discorso dove era stato interrotto, permettendo così agli spettatori di scivolare progressivamente nel mondo caotico, colorato e spesso complicato dei suoi giovani protagonisti.
In tal modo, Bessegato e la co-sceneggiatrice Francesca Scialanca cercano di tracciare una rotta ben definita nel racconto dell’adolescenza moderna, lontana da molti degli stereotipi che hanno contraddistinto un’intera epoca. Perché un tempo parlare di questo cruciale passaggio, quando si inizia ad affrontare l’età adulta (e le sue difficoltà) per la prima volta, era quasi un esercizio di stile, uno storytelling spesso infarcito di stereotipi e lontano dalla realtà effettiva, complice la lontananza anagrafica tra chi scriveva e chi, davvero, viveva quell’età.
Lo stesso problema che ha afflitto – e continua ad affliggere – il discorso sul male gaze del resto, solo che proiettato su un piano generazionale: per fortuna un’impasse che molti narratori sono riusciti a superare, senza però staccarsi del tutto da un prototipo americano a base di High School, prime cotte e classi sociali, come spesso veniva mostrato in serial (generazionali) come Beverly Hills 90210, Dawson’s Creek, The O.C. o Gossip Girl (solo per citarne alcune che hanno attraversato, con successo, gli anni ‘90-‘00).
Oggi il tono della narrazione è cambiato, c’è meno patina e più voglia di approfondire le dinamiche che animano gli adolescenti, mettendole in scena all’insegna del verismo e del naturalismo: e lo ha dimostrato proprio il successo internazionale di un prodotto come SKAM, nato nel Nord Europa e poi esportato – ed adattato – anche altrove, incontrando un grande successo di pubblico e di critica. SKAM Italia aveva, da parte sua, la capacità di costruire un mosaico di volti e storie, soprattutto in fase di scrittura; una serie di frammenti che spezzavano la narrazione, rendendola tanto rapsodica quanto antologica, saltando di stagione in stagione.
L’adolescenza tra struggenti malinconie e lampi di libertà
Personaggi ricorrenti quindi, volti pronti a tornare e ogni volta dei protagonisti diversi per molteplici punti di vista differenti, perché oggetto del vero focus di ogni season; ma Prisma non tenta assolutamente di replicare questo modulo, anzi, si allontana scegliendo di spezzare solo il tempo, variabile impazzita che schizza lungo gli assi cartesiani della vita. Ma per il resto i personaggi principali che gli spettatori ritrovano in questa seconda stagione sono sempre gli stessi, a partire dai gemelli interpretati da Mattia Carrano: una prova di recitazione notevole e significativa, caratterizzata sempre più da una differenza abissale che attraversa i due fratelli, diversi tra loro come le due facce di una stessa medaglia.
Marco e Andrea incarnano, simbolicamente, le dicotomie che in età adolescenziale viviamo (e attraversiamo) tutti, presto o tardi; da una parte c’è Andrea, curioso e aperto al cambiamento (pur temendolo), work in progress umano che scopre nella fluidità la chiave di lettura di se stesso, della propria complessità e del mondo circostante. Per lui pian piano tutto acquista un nuovo senso, perfino il rapporto con Daniele, compagno di scuola e oggetto di un’attrazione unica (quanto reciproca). D’altra parte però c’è Marco, restio al cambiamento e ai suoi scossoni, incapace di adattarsi alla corrente e fragile; creatura che coltiva la rabbia come un esercizio amaro, che lo tiene ancorato ad un presente tutto da scrivere e scoprire. E tra i due poli opposti incarnati da Marco e Andrea, c’è uno spettro infinito di rappresentazioni di un microcosmo adolescenziale rappresentato dai loro amici, da tutti quei characters che gravitano intorno alle loro vite.
In questa seconda stagione, soprattutto, dopo un intenso finale di stagione, gli spettatori ritroveranno i personaggi proprio al punto in cui li avevano lasciati. Nel nuovo ciclo di avventure della serie young adult, i ragazzi di Latina affronteranno nuovi amori e desideri, segreti e incomprensioni, e tutte le sfumature di quello spettro di colori infinito che l’adolescenza porta con sé verso la scoperta della propria identità. Nessuno di loro può più nascondere il suo amore inaccettabile, il suo talento, il suo desiderio, il suo istinto autodistruttivo, i suoi errori e il suo segreto inconfessabile.
Questo nuovo ciclo sarà disponibile, per un totale di otto episodi, a partire dal 6 giugno solo su Prime Video. E questa volta Bessegato è pronto ad aggiungere alla mitologia di Prisma nuovi tocchi di colore, tra struggenti malinconie e lampi di libertà, tracciando in tal modo i contorni dell’essere adolescenti oggi. Una condizione esistenziale quindi, che immortala con intelligente lucidità l’attualità contingente, regalando un’istantanea della Generazione Z catturata nel passaggio cruciale tra una spensierata giovinezza e le criticità dell’essere adulti.
Un equilibrio narrativo accattivante per forma e contenuti
Tutti, però, sono chiamati a compiere un periglioso viaggio nell’auto-consapevolezza e nell’affermazione di sé, trasformando quindi il modello del teen drama tradizionale in un young adult drama, un coming of age costante capace di sfruttare i vantaggi dello storytelling televisivo – e, soprattutto, la sua scansione molto più libera dello spazio-tempo – per raggiungere i propri obiettivi e mettere in scena i temi più cari, creando anche un equilibrio narrativo accattivante tanto nella forma quanto nei contenuti.
Questo ritorno di Prisma mette ancor più a fuoco gli elementi che permeavano il ciclo precedente, concentrando la propria attenzione sulle traiettorie emotive che legano i singoli personaggi, giovanissimi alle prese con le difficoltà della crescita che si muovono in un microcosmo quasi tutto loro, nonostante la presenza marginale degli adulti che fluttuano ai confini dell’inquadratura (e delle loro esistenze). Il titolo stesso della serie è una forte dichiarazione di intenti, perché la volontà di Bessegato e soci è quella di sondare la sfera più intima e nascosta degli adolescenti, partendo da plausibili storie vere che da particolari si trasformano in universali; e ogni adolescente potrà trovare conforto (e forse anche delle risposte) nelle avventure dei gemelli Marco e Andrea, in quelle di Carola, Nina, Daniele, Ilo e soci, riconoscendosi nel riflesso dei loro occhi curiosi e inquieti, pronti ad affacciarsi su un mondo per loro nuovo e popolato di infinite possibilità.
E nella narrazione alla base della serie c’è tanta voglia di scoprire e approfondire temi importanti e diversi, d’attualità e “scomodi”, tanti riflessi diversi frutto della scomposizione della luce attraverso le facce del suddetto prisma: c’è il revenge porn, la disabilità; ma ci sono anche i primi amori, i social, la scoperta dell’identità sessuale e di genere, la fluidità e l’inclusività uniti ai diritti (militanti) della comunità LGBTQIA+, dimostrando quanto la serialità – e le piattaforme – possano essere un avamposto creativo libero, una zona franca nella quale muoversi per riflettere le complesse sfumature della realtà. Perché del resto la grande differenza che continua a separare l’audiovisivo tradizionale – destinato alle sale – dai nuovi modelli VOD non si annida più nella qualità, sempre più competitiva (soprattutto da parte delle seconde), ma nella disponibilità a plasmare la materia narrativa e, di conseguenza, lo storytelling. Una serie composta da più episodi per stagioni è in grado di approfondire nel dettaglio le dinamiche più intime, profonde, inconfessabili e conflittuali che animano i suoi protagonisti, permettendo al contempo al pubblico di affezionarsi, in una catarsi crescente.
Il cinema ha sempre contato sull’importanza del montaggio per determinare il ritmo e il taglio del racconto (per immagini), spesso sacrificando un approfondimento psicologico di temi e situazioni che necessitavano del tempo giusto per potersi sviluppare. E Prisma, con il suo ventaglio sconfinato di possibilità narrative, tematiche, situazioni e characters, può esistere e crescere solo nel grembo di una serialità matura che traghetta il drama da una sfera teen, più patinata e “di plastica”, verso un mondo young adult impegnato a scandagliare le sfaccettature della moderna adolescenza.