domenica, Giugno 4, 2023
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Moon Knight, recensione dei primi due episodi della serie Marvel

La recensione dei primi due episodi di Moon Knight, la nuova serie Marvel con Oscar Isaac ed Ethan Hawke. Dal 30 marzo solo su Disney +.

Moon Knight è il titolo dell’attesa nuova serie, targata Disney +, che porta sui piccoli schermi degli spettatori un nuovo supereroe del MCU con una origin story mai vista prima. A distanza di un anno dal debutto dell’acclamata serie WandaVision sulla piattaforma, la Marvel è pronta a veicolare le proprie energie verso nuovi eroi tutti da scoprire, come accadrà presto con gli show originali incentrati su She-Hulk e Ms. Marvel. Sarà quindi possibile, dal 30 marzo, scoprire le avventure che coinvolgeranno da vicino Marc Spector/Steven Grant/Moon Knight, che nella serie è interpretato da Oscar Isaac (visto di recente in Scene da un matrimonio); al suo fianco, Ethan Hawke e il compianto Gaspard Ulliel, nei panni di Anton Mogart/Midnight Man.

Moon Knight segue le vicende di Steven Grant, un tranquillo impiegato di un negozio di souvenir di un museo di egittologia londinese che viene colpito da vuoti di memoria e ricordi provenienti da un’altra vita. Steven scopre, così, di avere un disturbo dissociativo dell’identità (DDI) e di condividere il suo corpo con il mercenario Marc Spector: ma mentre i nemici di Steven/Marc si avvicinano, i due devono imparare a coesistere (e a fidarsi l’un l’altro) per indagare sulle loro identità complesse, fino a spingersi in un mistero mortale tra i potenti dei dell’Egitto capitanati da Khonshu, il potente dio della Luna e della giustizia.

La Marvel ha dimostrato, con determinata ambizione, di non essere solo la “fabbrica” dei supereroi moderni quanto uno studio capace di adattare la nona arte ai tempi, agli spazi e ai ritmi della settima arte, creando le basi per un nuovo epos della pop culture contemporanea. Già con Spider-Man: No Way Home il viaggio dell’eroe protagonista si è arricchito di nuove, quanto contaminate, sfumature in grado di aggiornare tanto la lezione di Omero quanto quella teorizzata da Vogler; ma attraverso ogni serie, sfruttando la disponibilità e il potenziale di una narrazione a puntate di matrice televisiva, il MCU è stato in grado di affrontare anche temi scomodi, delicati e al centro del dibattitto contemporaneo come la salute mentale o l’identità di genere.

Adesso, con Moon Knight, pur strizzando l’occhio – almeno in apparenza – a personaggi preesistenti e ben più famosi (sul grande schermo) come Venom o Deadpool, la direzione intrapresa dallo showrunner Jeremy Slater (The Umbrella Academy) sembra indirizzarsi piuttosto verso i piani dell’onirico e della psicanalisi, provando a spiegare, attraverso un linguaggio pop, gli insondabili e oscuri anfratti della psiche umana. A quest’analisi di matrice freudiana si affianca anche una profonda riflessione sul tema dell’Io rapportato a Dio, del legame quindi che intercorre tra uomo e divinità, coinvolti entrambi in un eterno dialogo complesso e filosofico che di recente anche il film Eternals ha cercato di dipanare, attraverso scene d’azione adrenaliniche e metafisiche sospensioni del giudizio per dare spazio alle riflessioni sul libero arbitrio umano e il fanatismo. Temi scomodi; temi complessi; temi “caldi” e non facili da trattare che potrebbero sembrare fuori luogo tra le strette gabbie di un fumetto ma… Moon Knight dimostra che non è affatto così.

MOON KNIGHT
Photo by Gabor Kotschy. ©Marvel Studios 2022. All Rights Reserved.

A livello concettuale, lo spettatore viene coinvolto da vicino nella manifestazione (visiva) del disturbo dissociativo dell’identità (DDI) che domina l’esistenza di Steven, un tranquillo impiegato appassionato di Egitto che lavora nel negozio di souvenir di un museo: il pubblico vive da vicino il dramma lacerante di un uomo tranquillo incapace di dormire, di avere perfino la piena padronanza – e coscienza – della propria volontà, che sembra costantemente alla mercé di misteriose forze esterne. Una contraddizione, se si pensa all’antagonista che compare fin dal primo episodio al suo fianco: un sinistro Ethan Hawke nei panni di Arthur Harrow, quello che a tutti gli effetti si presenta come il guru di una setta che venera una temibile dea egizia; un uomo che ha plasmato le menti dei suoi seguaci per perseguire scopi non nobili, portando a compimento il proprio desiderio di dominio e potere. La mente di Steven, labile e inaffidabile, non cede alle suggestioni perverse di Harrow: quel “caos” che sembra dominarla in qualche modo lo protegge, creando un labirinto inestricabile nel quale smarrirsi.

In Moon Knight la presenza di questa scissione in tre parti che contraddistingue il protagonista – Steven, il mercenario Marc e infine Moon Knight il vigilante – sembra quasi riproporre e semplificare, rigorosamente in chiave pop – la suddivisione freudiana in Io, Es e Super-Io, utilizzando la DDI come espediente estremo per mostrarne le contraddizioni e le continue lotte interne che animano la personalità umana. A livello tecnico, questo confine sfumato tra onirico e reale viene reso dai registi Mohamed Diab, Justin Benson e Aaron Moorhead (alla regia dei primi due episodi) con un uso frenetico e alternato del montaggio, una costante frammentarietà che caratterizza il ritmo quanto le inquadrature, capaci di sfidare quindi le regole terrestri dello spazio-tempo per rendere, nel migliore dei modi, il limbo onirico e perturbante nel quale cerca di orientarsi (senza mai smarrirsi) Steven/Marc.

Dopo la visione dei primi due episodi, Moon Knight si mostra come un prodotto ambizioso e complesso se collocato nel più ampio panorama del MCU; un unicum intrigante soprattutto per via delle tematiche affrontate, che ben restituiscono la natura puzzled and confused di alcuni disturbi della psiche, cercando di approfondirli in modo affascinante e mai retorico. Lo stesso intento si riflette anche nella scelta dei generi che ogni episodio affronta tramite la scrittura: dai toni cupi del thriller passando per l’adrenalina dell’horror più misterioso, fino al dramma, all’umorismo nero che pervade le scene d’azione (più coinvolgenti) e infine un alone affascinante da film di spionaggio.

Moon Knight è un viaggio della mente e delle percezioni (soprattutto visive) compiuto attraverso diverse scatole cinesi, dentro le quali lo spettatore non può mai immaginare cosa troverà. Il primo episodio, caratterizzato da un arco narrativo definito e incalzante, costituisce un set-up capace di coinvolgere lo spettatore nella presentazione di Steven, quanto nell’ascesa repentina e deflagrante di Moon Knight, il vigilante dal pallido costume lunare. Questa perfetta costruzione del personaggio – con tanto di cliffhanger finale – sembra soffrire, in parte, un secondo capitolo più funzionale ai progressi narrativi della storia, pronto a fare da ponte per gli importanti sviluppi drammaturgici che dissemina (con parsimonia) all’interno della propria sceneggiatura.

Guarda il trailer ufficiale di Moon Knight

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Moon Knight si mostra come un prodotto ambizioso e complesso se collocato nel più ampio panorama del MCU; un unicum intrigante soprattutto per via delle tematiche affrontate, che ben restituiscono la natura puzzled and confused di alcuni disturbi della psiche, cercando di approfondirli in modo affascinante e mai retorico. Lo stesso intento si riflette anche nella scelta dei generi che ogni episodio affronta, passando dal thriller, all'horror, fino al dramma, all'action e alla commedia nera senza dimenticare l'alone di mistero tipico di una spy story.
Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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Moon Knight si mostra come un prodotto ambizioso e complesso se collocato nel più ampio panorama del MCU; un unicum intrigante soprattutto per via delle tematiche affrontate, che ben restituiscono la natura puzzled and confused di alcuni disturbi della psiche, cercando di approfondirli in modo affascinante e mai retorico. Lo stesso intento si riflette anche nella scelta dei generi che ogni episodio affronta, passando dal thriller, all'horror, fino al dramma, all'action e alla commedia nera senza dimenticare l'alone di mistero tipico di una spy story.Moon Knight, recensione dei primi due episodi della serie Marvel