L’ultima cosa che mi ha detto è la nuova serie thriller targata Apple TV+, in arrivo sulla piattaforma di streaming a partire dal 14 aprile (dopo il rilascio dei primi due episodi, i restanti seguiranno un’uscita settimanale, per un totale di sette puntate).
Tratta dall’omonimo bestseller di Laura Dave, la serie tv è stata adattata per il piccolo schermo dall’autrice stessa, insieme al produttore e sceneggiatore Josh Singer (First Man, The Post). Tra i nomi dei registi coinvolti, spicca quello di Olivia Newman, dietro la macchina da presa della recente pellicola La ragazza della palude.
Vi siete mai trovati a pensare, a seguito di qualche evento inaspettato, di non conoscere per niente una persona a voi cara? Magari uno degli affetti a voi più vicini, di quelli più intimi e fidati, come un coniuge o un genitore. È proprio quello che accade alle due protagoniste de L’ultima cosa che mi ha detto, la placida artista Hannah (Jennifer Garner) e la figliastra adolescente Bailey (Angourie Rice).
Un giorno, di punto in bianco, l’ingegnere informatico Owen Michaels (Nikolaj Coster-Waldau) – marito della prima e padre della seconda – scompare improvvisamente, mentre sono in corso delle indagini per frode fiscale nell’azienda per cui lavora. La donna e la ragazza – il cui rapporto non è dei migliori, soprattutto da parte della giovane Bailey – dovranno mettere da parte le proprie divergenze per indagare su quanto accaduto. Una ricerca che porterà a galla l’oscuro passato dell’uomo, all’apparenza un normale padre di famiglia.
Una serie prevedibile ma che riesce ad appassionare
Una tranquilla esistenza borghese – con casa galleggiante sul pontile, in un bel quartiere nella periferia di San Francisco – viene infranta, in questa serie prodotta dall’attrice premio Oscar Reese Witherspoon (nelle vesti di produttrice già nelle miniserie Big Little Lies e Little Fires Everywhere), da un’incursione inaspettata dei fantasmi del passato. Un passato di criminalità e violenza, tornato a minacciare la serenità del nuovo nucleo familiare costruito dal fuggitivo, come accadeva al Tom Stall/Joey Cusack (interpretato da Viggo Mortensen) di A History of Violence.
In L’ultima cosa che mi ha detto, la vicenda avrà esiti meno sanguinosi che nel film di David Cronenberg, ma per questo non meno traumatici. A pagarne il prezzo sarà soprattutto la figlia Bailey, le cui poche certezze sulla propria identità crolleranno come un castello di carte. Ma questa ricerca della verità, tra la Bay Area e Austin, l’avvicinerà alla matrigna, con cui condivide un profondo trauma: l’assenza nella sua vita di una figura materna (Bailey è orfana di madre, mentre Hannah è stata abbandonata dalla sua quando era un’adolescente, per essere poi cresciuta dall’amorevole nonno).
Una componente mystery che ricorda, nella sua struttura quasi schematica, una delle vecchie avventure grafiche per computer (videogiochi, spesso di natura investigativa, dove si procedeva raccogliendo prove e risolvendo enigmi). Un’indagine tra indizi, intuizioni e frammenti di ricordi spesso, purtroppo, penalizzata da risvolti troppo prevedibili. Ma L’ultima cosa che mi ha detto riesce comunque ad appassionare, soprattutto grazie alle due protagoniste, tratteggiate efficacemente dalla scrittura e ben interpretate da Jennifer Garner e dalla giovane Angourie Rice.