Quel che ha reso grande la Marvel (sia nei film, ma soprattutto nei fumetti) è un concetto a dir poco rivoluzionario, che è sintetizzato nella ormai celeberrima massima “supereroi con super problemi”. Di Spider-Man ci piace visceralmente il concetto del teenager problematico, che si staglia contro le paure di quella età, che si personificano nei terribili super cattivi che affronta quando indossa la maschera. Così Iron Man, Captain America e tutti i supereroi della Casa delle Idee hanno un loro lato problematico, che li rende vulnerabili nonostante i loro spettacolari poteri.
Il grande successo cinematografico del Marvel Cinematic Universe (MCU) ha permesso la realizzazione di un sotto universo televisivo, in grado di auto-sostenersi in maniera autonoma. Dall’apparizione di Daredevil nel 2015, passando per Jessica Jones e proseguendo con la seconda stagione delle avventure del vigilante di Hell’s Kitchen, si è arrivati infine all’arrivo di Luke Cage. Una scelta che poteva apparire piuttosto azzardata, ma che in qualche modo ha avuto terreno fertile grazie alle produzioni precedenti.
Dopo gli eventi avvenuti negli episodi di Jessica Jones, Luke Cage torna nel suo quartiere adottivo: la rinascente Harlem. Il quartiere però vive nella morsa di Cottonmouth, capace di alimentare l’avidità dei giovani di Harlem. Luke Cage vuole vivere in tranquillità, ma una promessa fatta ad un vecchio amico lo costringerà a prendere parte alla battaglia per la salvezza dell’anima della sua comunità.
Luke Cage continua sulla scia di Daredevil, facendo esplodere ancora di più quel messaggio sociale già intercettato precedentemente; solo che in questo caso l’occasione è colta in maniera altamente appropriata, e l’ambiente afroamericano della nuova Harlem è l’ambientazione migliore per narrare questa tematica. Harlem è il personaggio meglio riuscito, dalle persone che la abitano a tutti i personaggi secondari, dalle location alla musica, tutto è perfetto. Ed ecco il grosso “MA”, il setting e l’ambiente è perfetto, ma il supereroe protagonista, i super cattivi antagonisti e molto spesso la trama in sé, lasciano alquanto a desiderare.
Il problema di fondo è che Luke Cage è bello, forte e indistruttibile, non ha alcun punto debole, nemmeno la sua backstory è in grado di renderlo vulnerabile. Di conseguenza le sue nemesi (ad eccezione di Cottonmouth che forse resta un po’ più impresso solo per la bravura di Mahershala Ali che lo interpreta) sono debolissime, quasi inconsistenti, esseri umani deboli che tentano di sconfiggere un dio. Il punto più basso è lo scontro finale che sarebbe dovuto essere il climax della trama, mal realizzato tecnicamente e privo di pathos.
Luke Cage è una serie che si prende i suoi tempi e i suoi spazi per raccontare magnificamente la comunità di Harlem e le sue contraddizioni sociali, ma è un pessimo esempio di racconto supereroico. Nonostante ciò non possiamo che attendere il momento in cui anche gli eroi televisivi si uniranno in The Defenders.
Joseph Crisafulli