domenica, Giugno 4, 2023
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La vita bugiarda degli adulti, recensione della serie Netflix tratta da Elena Ferrante

La recensione de La vita bugiarda degli adulti, serie in 6 episodi tratta dal romanzo omonimo di Elena Ferrante. Disponibile su Netflix dal 4 gennaio.

Crescere non è mai un’esperienza facile, un viaggio tranquillo lungo i sentieri della vita; crescere è, piuttosto, un’avventura rocambolesca nel dedalo caotico dell’esistenza, con il rischio di perdersi annidato dietro ogni angolo oscuro, punti ciechi nei quali possono nascondersi mostri dal volto umano e dolori da affrontare, pronti a trasformarsi in ferite tragiche difficili da sanare.

Ed Elena Ferrante, nascosta dall’ombra del suo anonimato (chi si cela, infatti, dietro l’identità della scrittrice?), sembra conoscere molto a fondo la natura umana, tanto da scriverne con la curiosa e vivida lucidità intellettuale di un chirurgo dell’anima, che analizza e seziona con il proprio bisturi le contraddizioni che dilaniano le coscienze degli adulti ma, soprattutto, dei più giovani, spesso oggetto privilegiato delle sue analisi. Ne è una dimostrazione il successo mondiale del ciclo di romanzi de L’amica geniale, approdata sul piccolo schermo in una serie Rai altrettanto amata dal pubblico quanto dalla critica.

Se lì, nella saga di Lila e Lenù, l’autrice mostrava uno spaccato dell’Italia – dal dopoguerra agli anni ‘80 – attraverso le vicissitudini private delle due amiche protagoniste, transfert intimi e collettivi che permettevano, al pubblico, di esorcizzare pensieri ed opinioni sul ruolo del femminino nella Storia recente, nel nuovo La vita bugiarda degli adulti il focus è proprio nella contrapposizione tra un mondo – quello dei “grandi” – e quello abitato, invece, dagli adolescenti. La serie, un prodotto originale Netflix Italia in collaborazione con Fandango, arriverà sulla celebre piattaforma streaming dal 4 gennaio per un totale di 6 episodi diretti (e co-scritti, insieme alla stessa Ferrante e a Francesco Piccolo e Laura Paolucci) da Edoardo De Angelis (Indivisibili, Natale in Casa Cupiello).

Ne La vita bugiarda degli adulti, attori come Valeria Golino, Alessandro Preziosi, Pina Turco e l’esordiente Giordana Marengo sono pronti a dar vita, davanti alla macchina da presa, ai personaggi nati dalla fervida immaginazione della Ferrante: sullo sfondo degli anni ’90, la ricerca – da parte della protagonista Giovanna – di un nuovo volto, dopo quello felice dell’infanzia, oscilla tra due Napoli consanguinee che però si temono e si detestano: la Napoli “di sopra”, che s’è attribuita una maschera fine, e quella “di sotto”, che si finge smodata, triviale. Giovanna oscilla tra alto e basso, ora precipitando ora inerpicandosi, disorientata dal fatto che, su o giù, la città pare senza risposta e senza scampo.

Attraverso La vita bugiarda degli adulti, Netflix ha messo a segno il colpo giusto per iniziare il nuovo anno con un prodotto, tra le mani, dal potenziale altissimo: una piattaforma streaming famosa in tutto il mondo, un pubblico sconfinato, una scrittrice amata anche all’estero e un’attrice come Valeria Golino, che è riuscita a costruirsi una solida carriera tanto in Europa quanto ad Hollywood, sono tutti gli ingredienti giusti per avere appeal sul mercato internazionale, prima di conquistarlo definitivamente attraverso la forza di una storia che è locale ma, soprattutto, globale e universale.

Perché la serie non è il classico coming of age affascinante ma prevedibile, con la sua struttura convenzionale che affabula ma non seduce, fino in fondo, il piacere retinico e la curiosità intellettuale dello spettatore più esigente; La vita bugiarda degli adulti è un’amarissima riflessione su una transizione specifica, che coincide con l’abbandono della pubertà e l’ingresso nel mondo degli adulti (appunto), caratterizzato da convenzioni, aspettative, rituali, bugie e ipocrisie che si imparano a conoscere (e a riconoscere) lungo il percorso.

Valeria Golino ne La vita bugiarda degli adulti. Cr. Eduardo Castaldo/Netflix © 2022

Un’amara riflessione su una transizione specifica

Giovanna, la protagonista, inizia ad abbandonare il proprio bozzolo da adolescente-crisalide quando origlia, accidentalmente, la verità dietro una bugia dei propri genitori: un evento in apparenza banale che costituisce la miccia capace di far deflagrare un mondo intero, rovesciandolo di colpo e trascinando la quindicenne in una “tana del Bianconiglio” che è un tunnel pronto ad aprirsi su un mondo a lei sconosciuto, quello di una Napoli “bassa” povera ma pulsante di vita, in aperta contrapposizione con la versione ricca e borghese nella quale ha sempre vissuto.

Posillipo e il Vomero, il Pianto e i quartieri “di Sotto”: sullo sfondo di una Napoli magica e affascinante, in costante movimento e mutamento, pronta ad affacciarsi sulla soglia della fin de siècle (pur essendo incompleta e impreparata), si muovono gruppi di adulti rimasti bambini e adolescenti (im)maturi che vogliono sbarazzarsi in fretta della propria infanzia, immortalati nello slancio titanico, nello streben romantico di non diventare assolutamente come i loro genitori, convinti di non voler riproporre i loro stessi errori anche se sembra inevitabile l’ombra del passato e dell’imitazione.

Giovanna (Marengo), eroina protagonista di una storia che può essere interpretata secondo lo schema della fiaba di Vladimir Propp, lotta per compiere il proprio destino (o per scongiurarlo); lo status quo iniziale del suo mondo viene scosso dall’entrata in scena di zia Vittoria (Golino), prima evocata, poi ingombrante presenza vitale e pantagruelica: Vittoria è l’aiutante magico, la presenza quasi esoterica che apre gli occhi di Giovanna (regalandole perfino uno strumento magico, il braccialetto di famiglia) e che le permette finalmente di vedere la verità dietro le bugie che hanno edificato il mondo che la circonda. Genitori ad un passo dalla separazione, coppie di adulti scoppiate, apparenze borghesi da mantenere, ideologie ormai infrante da tenere in piedi esattamente come delle rovine; rovine di un’epoca, di un secolo ormai prossimo alla fine, portatore sano di innovazioni e mostruosità che ci hanno traghettato nel XXI secolo che conosciamo.

Se nel romanzo della Ferrante i riferimenti specifici al periodo storico sono appena accennati, secondari rispetto alla narrazione dei caratteri, nella versione seriale de La vita bugiarda degli adulti gli anni ‘90 in cui fluttua il microcosmo di Giovanna sono fondamentali, un momento storico al crocevia che restituisce quell’aria ribelle e decadente, quell’atmosfera da fiera (o sagra) dismessa che contribuisce a costruire le psicologie di ogni singolo personaggio e del luogo nel quale si muovono, una Napoli misterica e babelica. E l’occhio meccanico di Edoardo De Angelis riesce nell’impossibile, ovvero adattare della materia letteraria – viva e pulsante – senza tradirne la provenienza, anzi, esaltando la matrice di partenza.

L’immaginario del regista è forte e preponderante, capace di tradurre in immagini le parole evocative della scrittrice, creando un flusso unico di pensieri narrativi fondato su fotogrammi e musica, intersecati in un singolo storytelling. Allegorie e trasfigurazione della realtà – attraverso la creatività di De Angelis – vengono sottolineate dalla musica degli Almamegretta, dei 99 Posse o dei Massive Attack, tutti simboli di una controcultura anni ‘90 forte e riconoscibile, che echeggia ancora nel nostro presente e tra le fragili pareti delle gabbie costruite dalle bugie (e dalle mezze verità) della vita adulta.

Guarda il trailer de La vita bugiarda degli adulti

GIUDIZIO COMPLESSIVO

La vita bugiarda degli adulti non è il classico coming of age affascinante ma prevedibile, con la sua struttura convenzionale che affabula ma non seduce, fino in fondo, il piacere retinico e la curiosità intellettuale dello spettatore più esigente; la serie è un’amarissima riflessione su una transizione specifica, che coincide con l’abbandono della pubertà e l’ingresso nel mondo degli adulti, caratterizzato da convenzioni, aspettative, rituali, bugie e ipocrisie che si imparano a conoscere (e a riconoscere) lungo il percorso.
Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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La vita bugiarda degli adulti non è il classico coming of age affascinante ma prevedibile, con la sua struttura convenzionale che affabula ma non seduce, fino in fondo, il piacere retinico e la curiosità intellettuale dello spettatore più esigente; la serie è un’amarissima riflessione su una transizione specifica, che coincide con l’abbandono della pubertà e l’ingresso nel mondo degli adulti, caratterizzato da convenzioni, aspettative, rituali, bugie e ipocrisie che si imparano a conoscere (e a riconoscere) lungo il percorso.La vita bugiarda degli adulti, recensione della serie Netflix tratta da Elena Ferrante