Disponibile dal 10 aprile su Disney+, Iwájú: City of Tomorrow è una nuova miniserie animata in sei episodi prodotta da Walt Disney Animation Studios in partnership con Kugali Media, con il supporto della londinese Cinesite. Un soggetto originale partito da un’idea di Olufikayo Adeola (in arte Ziki Nelson), Toluwalakin Olowofoyeku e Hamid Ibrahim, i tre ragazzi nigeriani fondatori di Kugali Media, compagnia nata con l’obiettivo di sviluppare e promuovere storie immerse nella cultura e nella società africana. Un progetto aziendale che è partito dai fumetti – medium più facilmente approcciabile da una piccola compagnia indipendente agli inizi -, con l’ambizione di espandere la creatività dei suoi artisti ad altre forme di storytelling, come i videogiochi e l’animazione, prevalentemente dominate da immaginari di derivazione occidentale o nipponica.
L’occasione è arrivata con l’interessamento di Jennifer Lee, chief creative officer di Walt Disney Animation Studios e premio Oscar per la pellicola d’animazione Frozen – Il regno di ghiaccio. Il lavoro portato avanti da Kugali Media ha attirato l’attenzione della produttrice, che ha subito approcciato il team africano per collaborare a una serie animata, con lo scopo di dare al giovane studio la sua prima vera esposizione a livello internazionale e, naturalmente, per arricchire con qualcosa di nuovo lo sconfinato catalogo di Disney (è da qualche anno, ormai, che la casa di Topolino cerca di dare spazio a voci diverse e minoritarie, con produzioni come Raya e l’ultimo drago ed Encanto). Accanto al terzetto di autori nigeriani è stata affiancata Halima Hudson, creativa di origini africane in forza a Disney che ha collaborato a produzioni come Big Hero 6 e Nelle pieghe del tempo.
Un futuro in salsa africana
La parola “iwájú” in lingua yoruba – dialetto diffuso nell’Africa occidentale – significa “futuro”, e proprio in un futuro prossimo ci porta questa omonima serie. Siamo in una versione futuristica di Lagos, la città più popolosa della Nigeria, dove nonostante la diffusione di tecnologie all’avanguardia, come macchine volanti alla Blade Runner, permangono profonde differenze di classe. La popolazione della metropoli africana è divisa tra gli slum della mainland e un’isola dove abitano i cittadini più abbienti. Nel quartiere benestante vive anche la piccola Tola Martins (in originale doppiata da Simisola Gbadamosi), figlia del geniale scienziato della Greenwood Tech Tunde (Dayo Okeniyi). L’intraprendette ragazzina dallo spirito ribelle decide un giorno, andando contro gli avvertimenti del padre, di andare alla scoperta dei bassifondi insieme all’amico Kole (Siji Soetan); occasione ghiotta per il boss del crimine Bode DeSousa (Femi Branch) per cercare di rapirla e chiedere un lauto riscatto al facoltoso genitore. Ma Tola potrà fare affidamento sull’aiuto di Otin (Weruche Opia), lucertola robot con la capacità di trasformarsi in un’inarrestabile guardia del corpo.
Il terzetto formato da Nelson, Olowofoyeku e Ibrahim, per loro stessa ammissione, è cresciuto nutrendosi di tutto l’immaginario pop fantastico made in USA, dal cinema d’intrattenimento hollywoodiano ai fumetti di supereroi di Marvel e DC, e si vede. Impossibile non riconoscere nella loro avveniristica Lagos il futurismo africano del Wakanda, la fittizia nazione governata dall’eroe mascherato Black Panther (trovate qui la nostra recensione della sua ultima avventura nel MCU), dove lo stile tribale incontra una tecnologia di stampo fantascientifico. Un’ispirazione che si ritrova anche nella figura dell’antagonista della storia – un personaggio dei quartieri poveri che si è fatto strada seguendo la via del crimine, ma cercando di mantenere una facciata di rispettabilità (a DeSuosa piace presentarsi alla popolazione come una sorta di Robin Hood, che colpisce i ricchi esclusivamente per aiutare i meno fortunati) -, vicina a villain dei comics come il Kingpin di Daredevil, che ricorda anche nella sua imponenza fisica.
Tra influenze e originalità
Ma alcune delle influenze di Iwájú: City of Tomorrow provengono anche dal mondo dei manga e degli anime, soprattutto nelle caratteristiche del robotico difensore Otin. Un animaletto dotato di strabilianti doti di combattimento che fa pensare anche ai mostriciattoli al centro del popolarissimo franchise multimediale dei Pokémon. Tutti elementi declinati al contesto sociale e culturale nigeriano e africano, mettendo al centro tematiche vicine a quel mondo, ma con una valenza anche universale. Su tutti, la condizione di povertà in cui versa la maggior parte della popolazione, che costringe spesso a scegliere la carriera criminale per ragioni prettamente di sopravvivenza (Kole viene convinto a partecipare al rapimento dell’amica per poter guadagnare i soldi necessari per aiutare la madre malata). Uno spirito africano che salta fuori anche sul piano visivo, dove il character design tondeggiante, tipico dell’animazione 3D occidentale, incontra la realtà urbana colorata e piena di vita delle strade affollate e dei rumorosi mercati di Lagos.
La narrativa di Iwájú: City of Tomorrow si dipana in sei brevi episodi, sui 20 minuti di durata. Una lunghezza complessiva più vicina al film d’animazione che a quella di una serie, ma che presenta una struttura narrativa prettamente seriale: ogni episodio, dopo il primo introduttivo, è dedicato a uno dei personaggi, raccontandoci anche elementi chiave del loro passato attraverso flashback che fungono da prologo. Il risultato è sicuramente interessante e riesce a offrire qualcosa di un pochino diverso, naturalmente per gli standard delle produzioni Disney, ma non pienamente soddisfacente. La sensazione è quella di aver assistito ad un lungo pilot con tanto potenziale ancora da sfruttare. La speranza è quella di tornare, prima o poi, in questo nuovo colorato mondo per un’altra avventura e che questa prima collaborazione tra il colosso americano e il promettente team creativo di Kugali Media non sia anche l’ultima.