Gli universi e multiversi audiovisivi di Marvel e DC rischiano spesso di farci dimenticare che il mondo (cartaceo) dei fumetti è molto più articolato di quanto possiamo immaginare. L’enorme successo dei film e delle serie con protagonisti Avengers vari, Batman e Superman ha circoscritto l’interesse nei confronti di questi “storici” personaggi, concedendo poco spazio (anche nell’immaginario collettivo) ai loro colleghi supereroi nati sotto etichette meno inflazionate. Un po’ più di fortuna, negli ultimi anni, l’hanno avuta gli antieroi della graphic novel di Alan Moore e Dave Gibbons Watchmen – prima protagonisti dell’omonimo film di Zack Snyder e poi ispiratori della serie di Damon Lindelof -, e i “ragazzacci” scorretti di The Boys, serie Amazon tratta dal fumetto di Garth Ennis e Darick Robertson. Ed è ancora una volta la società di Jeff Bezos a distribuire dal 26 marzo su Prime Video una serie animata dedicata a un giovane supereroe che ha riscosso (ormai diversi anni fa) un notevole successo tra gli appassionati: Invincible, di cui abbiamo visto in anteprima tre episodi (su un totale di sette).
Effettivamente Invincible – questo il suo nome di battaglia – non è propriamente una “matricola”, essendo apparso per la prima volta in un albo dell’etichetta Image Comics nel lontano 2002. Creato da Robert Kirkman (The Walking Dead) e Cory Walker, il personaggio è stato eletto ufficialmente protagonista nel 2003 e le sue storie sono state pubblicate fino al 2018, anno in cui Amazon ha commissionato allo stesso Kirkman, in collaborazione con Simon Racioppa, lo sviluppo di una serie tv dedicata al supereroe. Ma perché continuare a battere una strada già percorsa – oltretutto con notevoli risultati – dalla citata The Boys? Tenendo conto, oltretutto, che Invincible pur essendo un cartoon è comunque un prodotto rivolto ad un pubblico adulto: maturo, violento, esplicito (anche se non ai livelli della serie incentrata su Il Patriota & Co.).
Il motivo, forse, è da ricercare nella prospettiva dalla quale è osservata la parabola (coming of age) del protagonista, nonché dalla possibilità di raccontare una storia dal taglio più realistico, concentrandosi sulle problematiche connesse al possedimento di poteri sovrumani. Diceva lo zio Ben del Peter Parker del primo Spiderman diretto da Sam Raimi: «Da grandi poteri derivano grandi responsabilità». Parole sante, ma prima di tutto bisogna saperli adoperare quei poteri, onde evitare di combinare guai. È quello di cui si rende conto l’adolescente Mark, figlio di Omni-Man, il leader dei cosiddetti “Guardiani del Globo”: manipolo di supereroi che proteggono il pianeta più che altro dalle invasioni aliene.
Giunto alla soglia della maggiore età senza aver mai manifestato poteri eccezionali (sua madre è un’umana, a differenza del padre, appartenente a una razza extraterrestre), Mark sembrava essersi arreso all’idea di vivere una vita comune, come quella della maggior parte dei suoi coetanei, salvo poi sviluppare da un giorno all’altro incredibili doti psicofisiche. Ma diventare un supereroe non è per nulla semplice. Non basta, infatti, scoprire di poter volare per saperlo effettivamente fare: è necessario tenere di conto dei venti, dei vuoti d’aria, degli aerei. Per non parlare, poi, della gestione delle proprie forze: puoi anche salvare una vecchietta da un’invasione aliena, ma se poi cercando di trarla in salvo le fai sbattere il capo a destra e a manca che razza di eroe sei?
L’aspetto più interessante della serie animata Invincible è proprio l’attenzione nei confronti della quotidianità di un supereroe alle prime armi che non solo deve apprendere l’arte del mestiere – da questo punto di vista, ha la fortuna di avere un padre/mentore disposto ad aiutarlo -, ma anche capire quale sia la propria strada nella vita. Perché se è vero che Mark si sveglia una mattina con poteri che fino al giorno prima non gli appartenevano, è anche vero che lui è pur sempre un adolescente costretto a confrontarsi con i problemi tipici della sua età, a cominciare dalle tribolazioni amorose: meglio l’irraggiungibile compagna di scuola/supereroina Eve o la “normale” Amber?
Apprezzabile è anche la scelta di optare per un’estetica che non vuole solo omaggiare le tavole a fumetti, ma anche le serie animate “vintage” degli anni ’90 e dei primi 2000. Laddove, però, i primi episodi di Invincible convincono meno è a livello narrativo. Non è tanto nello sviluppo del racconto – da questo punto di vista è forse ancora troppo presto per poter dare un giudizio -, quanto nella scelta di aver optato per un format contraddistinto da episodi eccessivamente lunghi (ogni puntata dura all’incirca tra i 45 e i 50 minuti); una soluzione che costringe gli sceneggiatori a raccontare all’interno di ogni episodio più accadimenti, con il rischio di restituire l’immagine di un prodotto caotico a cui avrebbe giovato di una struttura più snella: al massimo 30 minuti.
Rispetto alle puntate viste in anteprima, quindi, la sensazione è quella di trovarsi di fronte a un’opera dall’enorme potenziale ma dall’incedere altalenante. Bisognerà capire se negli episodi successivi Invincible riuscirà a compiere un necessario cambio di passo – cosa di cui, naturalmente, ci auguriamo -, o se invece si limiterà a accumulare spunti narrativi in previsione eventualmente di una seconda stagione. In attesa di scoprirlo il nostro giudizio non può che essere positivo con riserva.