giovedì, Febbraio 6, 2025
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Il Re – Seconda Stagione, recensione della serie Sky con Luca Zingaretti

Il Re, il prison drama con Luca Zingaretti, torna su Sky e in streaming su NOW dal 12 aprile con due episodi a settimana.

Ci sono alcuni temi universali che avranno sempre presa sul grande pubblico, soprattutto se filtrati attraverso lo sguardo pop(ular) e mainstream della settima arte o della nuova serialità televisiva, complessa e competitiva: tra questi temi, figurano di sicuro quelli archetipici come il bene e il male, il ruolo del potere e della moralità, le responsabilità individuali e il libero arbitrio che determina le scelte e i comportamenti degli individui nella società civile. Ma il luogo che ha ospitato forse le migliori riflessioni su tali argomenti, mettendone in scena – letteralmente – tutte le infinite sfaccettature, è senza dubbio il teatro: sulle assi del palcoscenico, con l’integrità aristotelica tra spazio e tempo sempre ben presente in mente, i più grandi drammaturghi hanno cercato di fornire le proprie versioni, permettendo agli spettatori di attuare una suggestiva catarsi dal sapore liberatorio e, a tratti, scandaloso.

Forse colui che, meglio di altri, è riuscito a portare gli archetipi a misura di pubblico mainstream è stato William Shakespeare, l’immortale Bardo di Stratford-upon-Avon. Quest’ultimo, il drammaturgo prediletto nel periodo elisabettiano, ha contribuito ad ampliare la riflessione sfaccettata su tali dinamiche drammatiche grazie, soprattutto, alla complessità di personaggi mai banali o stereotipati, ma veri e propri esseri umani dotati di psicologie complesse, spesso illuminate da coni di luci che permettevano comunque alle ombre di danzare, creando psicologie pronte a muoversi nel territorio grigio tra bene e male. Un terreno affascinante ma limaccioso, nel quale sembrano essersi inoltrati anche Peppe Fiore, Alessandro Fabbri e Federico Gnesini, autori forse di una delle serie più affascinanti e, al contempo, complesse del panorama italiano.

Stiamo parlando de Il Re, pronta a debuttare per una seconda stagione su Sky e in streaming solo su NOW, per un totale di otto episodi, a partire dal 12 aprile. Ancora una volta, protagonista di questa stagione è Luca Zingaretti (No Activity – Niente da segnalare), attore amatissimo dal grande pubblico per aver vestito altri panni (quelli del Commissario Montalbano) ma che torna a cimentarsi in una prova di recitazione raffinata grazie al personaggio di Bruno Testori, direttore dell’inviolabile carcere San Michele. Accanto a lui, tornano di nuovo anche Isabella Ragonese (Come pecore in mezzo ai lupi), Anna Bonaiuto, Barbora Bobulova e le new entry Fabrizio Ferracane, Thomas Trabacchi, Stefano Dionisi e Caterina Shulha.

Lo spazio riflette la psicologia dei personaggi

In questo secondo ciclo, il sovrano indiscusso del San Michele si ritrova dietro le sbarre: Bruno Testori è infatti un detenuto nel suo stesso carcere, quando Gregorio Verna (Ferracane), capo dei servizi segreti, fa cadere le sue accuse e lo reintegra nel ruolo di direttore. In cambio deve però far parlare un detenuto importante, il magistrato Vittorio Mancuso (Trabacchi), accusato dell’omicidio di una dipendente della Slimpetroil Spa, rinomata compagnia energetica di bandiera, scoprendo perché si sia macchiato di quel delitto prima che l’uomo testimoni davanti a un GIP. Quando Bruno comincia a sospettare la sua innocenza e a temere che i servizi lo stiano usando, decide di vederci chiaro: ma sarà l’inizio di una battaglia per la verità il cui prezzo da pagare si rivelerà altissimo.

Il fascino de Il Re è, ancora una volta, tutto di tipo espressionista: lo spazio esterno riflette, infatti, la psicologia tormentata dei suoi protagonisti, immortalati in dilemmi esistenziali e lotte di potere degne del più efficace dramma shakespeariano. Dal punto di vista dell’estetica espressionista, le scelte registiche e fotografiche evidenziano la claustrofobia di un luogo – il carcere a strapiombo sul mare – dedalico e oscuro, un “cuore di tenebra” distorto nel quale si agitano, esattamente come spettri ed ombre inquiete, i vari personaggi. E tra lotte di potere e tentativi di mantenere – o ribaltare – lo status quo, questo tipo di stile riflette i codici dei generi scelti per raccontare la storia di Testori: prima il prison drama, il dramma carcerario reso celebre in particolare da Hollywood, dai vari Fuga da Alcatraz passando per Brubaker e Il Castello (ma solo per citarne alcuni) senza dimenticare la serialità televisiva di Prison Break; e poi un tocco di noir e neo-noir che strizza l’occhio alle atmosfere psicologiche dell’espressionismo tedesco degli anni ’20 e ’30, fino ad approdare ad una contaminazione ardita – ma non così fuori luogo – direttamente con la spy story.

Perché in questa seconda stagione c’è quasi una cesura nel ritmo, forte e determinata: il dramma carcerario più tradizionale si anima grazie ad una nuova sottotrama inquietante che conduce dritti nelle stanze del potere, facendo vacillare perfino la (discutibile) moralità del direttore Testori. Ed ecco quindi che il tema del libero arbitrio diventa protagonista di questa seconda stagione de Il Re, dominando la scena e definendola, scolpendo i contorni degli spazi e le psicologie di tutti coloro che si muovono al loro interno, fino a confondere i confini tra vittime e carnefici, carcerieri e prigionieri, colpevoli e innocenti all’improvviso soggiogati da una forza superiore che valica perfino l’autorità intoccabile di Testori.

Luca Zingaretti ne Il Re. Foto di Andrea Pirrello

Il libero arbitrio, emblema di una dubbia moralità 

Una nuova stagione, quindi, che si caratterizza per una scrittura ancora più profonda e complessa, che si distingue in un mondo seriale spesso preda delle logiche di algoritmi che determinano i gusti del pubblico, indirizzando perfino la serialità lungo particolari direttive commerciali. Gli autori qui dimostrano di avere ben saldo uno scenario narrativo capace di districarsi in un arco di tempo molto più lungo e strutturato, iniziato con la prima stagione e pronta a proseguire con la nuova; la difficoltà maggiore risiede nei pensieri dei personaggi, nel cercare di districare i complessi nodi che definiscono le loro sfumature, rendendoli sempre più affascinanti e realistici, mai banali o macchiettistici.

Come ogni essere umano, sono soggetti alla fallibilità e ad una morale ambigua, in grado di cambiare in modo repentino assecondando le situazioni e le opportunità che si presentano, definendo in tal modo le loro vere nature. Le dinamiche che si creano sullo schermo somigliano ad una partita a scacchi, con mosse difficili lanciate su una scacchiera pericolosa dove la posta in gioco è più rischiosa del previsto: la vita, di sicuro, o la stessa sopravvivenza in carcere, messa alla prova da legami e protezioni offerte da una fazione piuttosto che un’altra. E nel delineare le psicologie dei vari personaggi, i tre sceneggiatori sembrano ispirarsi al ben noto Shakespeare ma anche al modello dei tragici greci, tratteggiando caratteri umani – ma portati all’estremo – messi al centro di scelte ardue, solleticando le corde di una catarsi sottile nell’animo del pubblico che, pian piano, è sempre più coinvolto nella grande “commedia umana” orchestrata all’interno del San Michele.

Il Re riconferma, grazie ad una seconda stagione capace di alzare ancora di più la posta in gioco, la propria capacità di distinguersi nel mare magnum seriale odierno, e lo fa a partire dalla scelta consapevole di contaminare i generi tra loro ibridando i rispettivi linguaggi, attingendo a piene mani da forme e modelli che hanno caratterizzato, in particolare, alcuni periodi gloriosi della storia della settima arte. E il risultato, nella sua spietata lucidità e suggestione, ha il sapore amaro di un affresco corrotto, pronto a raffigurare un microcosmo nel quale il libero arbitrio diventa discutibile, emblema di una moralità dubbia e dalle molte facce. Siamo noi i padroni del nostro destino, oppure ci sono forze superiori che condizionano le nostre scelte? Anche se su un piano più ridimensionato e meno esistenziale, Il Re cerca di suggerire una risposta (senza fornirla) prendendo la vicenda del direttore Testori come paradigma ideale, mostrando come la sorte possa cambiare nel giro di poco costringendo perfino un “inviolabile” a reinventarsi, in nome della sopravvivenza.

Il monarca assoluto viene così detronizzato; come un Amleto, un Riccardo III o un Re Lear è senza regno ma si dimostra pronto a riconquistarlo ad ogni costo, almeno finché non è un potere superiore – incarnato dall’oscurità “machiavellica” dei servizi segreti – a mettere a dura prova la sua fedeltà e una morale che ha sempre risposto ad un unico “padrone”: lui stesso. In questa stanza degli specchi dove ogni riflesso appare distorto e deformato, tra le pieghe delle ombre che avvolgono il San Michele, si aggirano personaggi inquieti con un passato e un ruolo tutto da svelare, in una partita a scacchi forse condotta contro il destino stesso e le sue ambigue ossessioni.

Guarda il trailer ufficiale de Il Re – Seconda Stagione

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Il Re torna con una seconda stagione che approfondisce le dinamiche già tracciate dalla prima: il libero arbitrio, l'ambiguità morale e le lotte di potere sono gli elementi cardine intorno ai quali si dipanano le vicende dei vari personaggi. Con le loro innumerevoli sfaccettature psicologiche, quest'ultimi si avvicinano alla tragicità greca e shakespeariana, permettendo agli spettatori di effettuare una catarsi liberatoria mentre riflettono esattamente quello che è rappresentato dallo spazio esterno, un claustrofobico carcere la cui estetica è dettata dall'espressionismo tedesco quanto dalla contaminazione tra i generi.
Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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