Game of Thrones è stata una delle serie più popolari dell’ultima decade, un vero e proprio evento collettivo che ha riunito milioni di spettatori davanti alla tv. Uno show che è riuscito a imprimersi di diritto nell’immaginario collettivo, grazie al suo fantasy grounded in reality e ai suoi sconvolgenti colpi di scena (c’è ancora gente profondamente traumatizzata dalle Nozze Rosse). Un appuntamento settimanale imperdibile da vedere in diretta, o il prima possibile, per evitare i possibili spoiler che, tra increduli tweet e meme spassosi, si facevano rapidamente largo sui social.
Dalla fine dell’ultima stagione della serie, basata sui romanzi delle “Cronache del ghiaccio e del fuoco” di George R. R. Martin, siamo rimasti un po’ tutti orfani del mondo di Westeros e Essos. Un vuoto che diversi network e piattaforme hanno cercato di colmare, tutti alla spasmodica ricerca del “prossimo Game of Thrones” (ci ha provato Netflix con The Witcher, poi Amazon con La ruota del tempo). Tentativi non all’altezza della serie di David Benioff e D. B. Weiss, sia nell’imporre un immaginario fantastico diverso che nel far appassionare alle travagliate vicende dei loro protagonisti.
Tre anni dopo la conclusione di Game of Thrones, è la stessa HBO a tornare alla carica con House of the Dragon, dal 22 agosto in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW in contemporanea assoluta con gli Stati Uniti. Serie prequel di GOT incentrata sulla dinastia Targaryen, House of the Dragon è in parte basata sul libro “Fuoco e sangue”, sempre scritto da Martin. Lo stesso autore ha seguito da vicino lo sviluppo della serie, affiancato dagli showrunner Ryan J. Condal (Rampage – Furia Animale) e Miguel Sapochnik (regista premiato con l’Emmy per “La battaglia dei bastardi“, uno degli episodi più memorabili di GOT).
House of the Dragon ci porta 172 anni prima della morte Aerys II, il Re folle, e dalla nascita di Daenerys. Viserys I Targaryen (Paddy Considine), quinto re dei Sette Regni di Westeros, non riesce ad avere figli maschi. Dopo la morte della moglie, e del bambino che questa portava in grembo, durante un parto travagliato, il sovrano fa una scelta senza precedenti: nomina sua erede al Trono di Spade la determinata figlia femmina, Rhaenyra (nei primi episodi Milly Alcock, in seguito Emma D’Arcy). Una decisione che causerà non pochi malumori tra i nobili del regno, soprattutto all’ambizioso principe Daemon (Matt Smith), fratello minore del re e zio di Rhaenyra.
House of the Dragon, nei sei episodi che abbiamo visto in anteprima, torna alle origini di GOT, non solo dal punto di vista cronologico, ma anche nello spirito. Lo show prequel mette in scena machiavellici intrighi di corte, tra alleanze e tradimenti inaspettati, che ricordano da vicino le prime stagioni della serie progenitrice, prima della deriva meno ambigua e più spettacolare della sua ultima parte (cosa, all’epoca, non accolta benissimo dai fan).
Una vicenda che mette al centro una figura femminile forte, una figlia ribelle che si rifiuta di seguire il destino solitamente previsto per le nobildonne del suo rango. Rhaenyra vuole prendere in mano il proprio destino, spesso andando anche contro la volontà del padre, per evitare la terribile fine della madre, “nata per partorire eredi, finché la cosa non l’ha uccisa”. Un personaggio che può contare anche sul carisma magnetico delle sue due interpreti, Milly Alcock e Emma D’Arcy.
Dove House of the Dragon si discosta da GOT è nell’organizzazione cronologica delle vicende narrate. Assisteremo infatti, di episodio in episodio, a salti temporali abbastanza consistenti (tra il quinto e il sesto passeranno addirittura dieci anni, catapultandoci in un contesto quasi completamente stravolto). Una scelta volta ad evocare ancora di più l’idea di grande saga familiare, una cronaca che segue anni di storia cruciali per la casa Targaryen.
Un racconto corale, ma meno ad ampio respiro rispetto a quello presentato in GOT. La serie prequel è per certi versi più intima dell’originale, con un cast di contorno più contenuto, quasi tutto attivo tra le mura della Fortezza Rossa. L’azione si svolge per la maggior parte nella location di Approdo del Re, con poche trasferte attraverso la mappa di Westeros ed Essos, dove si privilegiano comunque le ambientazioni interne. La sensazione, almeno da quanto visto in questi sei episodi, è quella di una storia più piccola, meno importante e dalle potenzialità meno epiche.
House of the Dragon è comunque un’opera che vale assolutamente la visione. Una produzione di altissimo livello, con un cast di tutto rispetto (ottimi Paddy Considine, Matt Smith e Rhys Ifans), che saprà regalare ai fan del mondo delle “Cronache del ghiaccio e del fuoco” tutto quello che desiderano (complotti, tradimenti, violenza, sesso, draghi). Siete pronti a tornare a gridare tutti insieme “Dracarys”?