La rilettura di Steven Knight (Peaky Blinders, Spencer) di un classico della letteratura vittoriana quale Great Expectations – “Grandi Speranze” in italiano – di Charles Dickens, dopo le innumerevoli trasposizioni cinematografiche, televisive e teatrali, arriva anche nel catalogo Disney+ come miniserie.
Fedele nella trama, la miniserie sceneggiata da Knight e prodotta a livello esecutivo da quest’ultimo insieme a Ridley Scott e Tom Hardy – già sodali nella produzione della miniserie Taboo – racconta la storia dell’orfano Pip (interpretato da Fionn Whitehead) affidato alle cure manesche della sorella Sara e quelle ben più amorevoli del marito Joe, il quale gli insegna il suo mestiere di fabbro. Nonostante il destino quasi già segnato dalle circostanze, Pip si appassiona alle letture di Shakespeare e ambisce a girare il mondo sulle navi che vede passare lungo il Tamigi.
Non solo le sue aspirazioni gli permetteranno di riscattarsi dalle sue condizioni d’origine ma i diversi incontri fortuiti saranno determinanti per il suo percorso di vita: primo tra tutti, l’evaso dal carcere Magwitch, uomo che Pip aiuterà a fuggire e che nel tempo si rivelerà una conoscenza fondamentale. A cambiare le carte in tavola ci sarà poi l’offerta giunta da parte di una ricca nobildonna, Miss Havisham (interpretata da Olivia Colman), che lo ricompenserà in denaro per diventare “compagno di giochi” della figlia adottiva Estella.
In questa opportunità convergono appunto le “grandi speranze” di tutti: dello stesso Pip che sogna di diventare un gentiluomo, della sua famiglia che potrà guadagnare dei soldi e degli intermediari di quest’affare che rimedieranno dei soldi per il loro contributo. Pip trascorre diversi anni in puntuale compagnia di Miss Havisham, perennemente abbigliata da sposa da quando, decenni prima, fu piantata dall’allora fidanzato prima delle nozze, e di Estella, una ragazza di carattere che ha ammaliato il giovane ospite. Questo risultato sembra infatti essere l’obiettivo di Miss Havisham per vendicare il proprio dolore subito a causa di un uomo: far sì che la figlia affascini gli uomini per poi rifiutarli una volta innamorati.
Al termine di questi anni di compagnia ed istruzione, Pip non è più considerato il benvenuto nella tenuta della Havisham. Viene così raggiunto da un avvocato londinese che gli rivela di essere il destinatario di una cospicua somma di denaro da parte di un benefattore. Da qui Pip si trasferisce a Londra per rincorrere sogni e speranze, certo di riuscire nella scalata sociale e diventare un vero gentiluomo, così da essere nuovamente accolto nella vita di Estella. Ciò che lo aspetta, però, è un detestabile gioco al massacro, pieno di rinunce, rifiuti, passi indietro e compromessi con la propria coscienza: a pesare, infatti, saranno sempre le aspettative, le proprie e quelle di tutti coloro che ne hanno deposte in lui.
Nel buio più gotico della penna di Dickens
Produzione completamente inglese che si affida sia nella scrittura che nel cast a talenti britannici, la versione di Steven Knight di Great Expectations racconta il celebre romanzo lasciando intatti molti degli elementi ricorrenti nelle pagine di tutte le opere di Dickens: un’infanzia mesta, una società segnata dalle conseguenze della rivoluzione industriale, il colonialismo britannico e l’ineluttabilità del destino di ognuno prestabilito dalla gerarchia sociale alla quale si appartiene sin dalla nascita, senza possibilità di raggiungere le vette più alte.
I sei episodi scorrono nel buio più gotico della penna di Dickens, senza mai abbandonare la sua denuncia sociale alla quale lo scrittore non ha mai rinunciato. Un’operazione ben riuscita che colloca perfettamente Fionn Whitehead (not per aver recitato in Dunkirk di Nolan) nei panni del mesto Pip e, seppur modificandone alcune caratteristiche rispetto alla scrittura originale, regala l’ennesima ottima performance del premio Oscar Olivia Colman (La favorita) nei panni dell’eccentrica Miss Havisham.
Puntando su un cast multietnico e rafforzando i personaggi femminili, è probabile che questo Great Expectations farà storcere il naso ai puristi del romanzo ma, alla luce del risultato finale, è innegabile che Knight sia riuscito a non creare alcun disequilibrio tra la sua visione e le pagine scritte da Dickens 200 anni fa, mantenendo inalterati gli elementi cardine della storia, senza quindi disattendere le “grandi speranze” dell’opera originale.