C’è un aspetto che affascina gli spettatori, pungendo la loro curiosità: riguarda il dietro le quinte del mondo dello show business, ovvero tutto quello che non si vede dietro le accecanti luci dei riflettori, nascosto dal glam patinato dello star system e che esercita un seducente richiamo su chi guarda, trasformandolo di colpo in un voyeur privilegiato mosso dalla volontà di spiare attraverso il buco della serratura per sapere tutto ciò che non ha mai osato chiedere.
E ogni prodotto audiovisivo orientato in questa direzione inevitabilmente cattura l’attenzione e accresce l’hype del pubblico, a maggior ragione se si tratta del remake di un cult indiscusso come Dix pour cent: stiamo parlando di Call My Agent – Italia, adattamento originale – e nostrano – della famosa serie francese incentrata su un’agenzia di management alle prese con le eccentricità dei propri clienti, tutti “cavalli di razza” dello star system d’oltralpe. Dopo innumerevoli versioni (spiccano, ad esempio, quella britannica, una canadese, turca e perfino una “made in Bollywood”) è arrivato il turno della nostra, che approderà in esclusiva su Sky Serie e in streaming su NOW dal 20 gennaio, per un totale di sei episodi.
La serie racconta le vicissitudini di una potente agenzia di spettacolo e dei suoi soci, alle prese con le carriere delle più grandi star del cinema italiano, per un viaggio ironico e dissacrante dietro le quinte del nostro showbiz. Il cuore della CMA (Claudio Maiorana Agency), agenzia di management romana, sono i suoi storici agenti (e soci): la stacanovista e indomita Lea, il sensibile Gabriele, l’ambizioso Vittorio e la “colonna” Elvira sono pronti a dare l’anima per il proprio lavoro pur di far brillare le loro stelle, tutti nomi di prima grandezza (come Paolo Sorrentino, Paola Cortellesi, Corrado Guzzanti e altri).
Manager, amici, confidenti e psicologi: un buon agente è tutto questo e anche di più per i propri assistiti. E tutti e quattro, ognuno col proprio stile, sono i migliori sul mercato, grazie anche alle presenze costanti dei loro assistenti Monica, Camilla e Pierpaolo. Tra giornate frenetiche e nottate mondane, a rimetterci è la vita privata di tutti loro ma… in fondo si divertono troppo per accorgersene. La partenza improvvisa (e definitiva) del fondatore Claudio Maiorana renderà però le cose un po’ più complicate.
Call My Agent – Italia ha un dono raro, quello di una leggerezza gentile che spesso manca alle opere audiovisive odierne (sia cinematografiche che televisive), pervasa inoltre di un umorismo brillante e mai sopra le righe, lontano dal sensazionalismo mediatico che spesso trasforma un prodotto in un fenomeno virale e globale, pronto a colonizzare l’immaginario collettivo popolare. L’operazione era in partenza rischiosa: l’originale francese, con quattro stagioni all’attivo, si è trasformato in un instant cult assoluto lanciando nell’empireo delle star gli attori protagonisti.
Il tentativo italiano rischiava di essere, almeno su carta, una copia carbone di canovacci già visti, una sbiadita imitazione di un originale brillante e terribilmente francese, sia nella messa in scena che nei dialoghi contraddistinti da un umorismo tagliente. Au contraire, l’operazione condotta dalla sceneggiatrice Lisa Nur Sultan (7 donne e un mistero) e dal regista Luca Ribuoli (Speravo de morì prima) è riuscita a prendere la giusta distanza dalla matrice di partenza delineando i contorni di un microcosmo nuovo, autonomo e originale, glocal ma universale.
Un’alchimia irresistibile tra reale e fittizio
Glocal, perché le avventure della CMA – immaginaria e plausibile agenzia di management – nascono, vivono e si nutrono dell’atmosfera magica e nostalgica di Roma, l’altra grande protagonista del racconto (prima ancora che un semplice fondale romantico). La Capitale è la città feticcio del cinema, simbolo indiscusso di un’industria e di un’epoca lontana contraddistinta dalla Dolce Vita e dal fenomeno di un divismo elegante, nostalgico, ma anche eccessivo e glam (come insegna il periodo d’oro della Hollywood sul Tevere).
Roma accoglie da sempre confessioni, vizi privati e pubbliche virtù dello star system rispondendo implicitamente alla domanda che aleggiava sulla nascita dell’intero progetto fin dall’inizio: ha senso creare una serie del genere, quando forse in Italia è difficile – se non impossibile – parlare di stardom? Spesso il pubblico associa i volti degli attori ai loro ruoli più famosi, riconfermando come in realtà sia la popolarità più pop(ular) a consegnare un membro del mondo dello spettacolo alla memoria degli spettatori: un Oscar vinto, una serie commerciale, la televisione con le famose “fiction” permettono di fare irruzione nelle case degli italiani, conquistandosi la loro fiducia e una porzione di immaginario.
Rispetto ai nostri cugini francesi, il nostro star system è meno iconografico e internazionale, relegato ad una dimensione appunto più glocal ma non per questo meno autonoma e indipendente. E proprio da queste premesse si dipanano le vicende mostrate all’interno di Call My Agent – Italia: se il primo episodio (forse il più debole dell’intero ciclo) è ancora legato all’originale esattamente come una copione carbone, non senza le opportune modifiche e i guizzi umoristici, è dal secondo che la serie mostra la propria cifra stilistica, svelando un carattere indipendente e curioso, caratterizzato da un’atmosfera speciale che contribuisce al successo del format. Più si procede con la visione degli episodi, più si finisce per affezionarsi ai protagonisti, alle dinamiche universali che li legano e che li trasformano in personaggi a tutto tondo, prima ancora che in mere macchiette o imitazioni degli originali.
In Call My Agent – Italia sono tutti consapevoli delle regole del gioco, ecco perché il risultato è così godibile, piacevole e disinvolto: autocitazionista, meta-cinematografico e autoironico, il cortocircuito comunicativo che si crea è la base perfetta di un’alchimia irresistibile tra reale e fittizio, anzi, reality e fictional. Attori che interpretano degli agenti e i loro assistenti; assistiti famosi che giocano con la loro immagine pubblica e la sua percezione, prendendosi poco sul serio grazie ad un sense of humour leggero (come accade, ad esempio, a Matilda De Angelis, Pierfrancesco Favino o agli irresistibili Sorrentino e Stefano Accorsi).
Tutti i personaggi di Call My Agent – Italia si muovono con leggerezza sul palcoscenico accecato dalle luci della ribalta, in quel terreno sottile tra luci e ombre, pubblico e privato, costruendo da zero un mondo nuovo nel quale perdersi, un po’ voyeur e un po’ semplici spettatori, graziati dalla leggerezza dell’ironia. Ed è proprio la forma massima dell’astrazione umoristica, intelligente e affilata, così distante dalle risate grossolane che spesso contraddistinguono i prodotti della tv generalista e popolare, l’arma vincente di questa nuova serie brillante sul dietro le quinte della luccicante fama.
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