martedì, Giugno 6, 2023
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Attrazione Fatale, recensione della serie con Joshua Jackson e Lizzy Caplan

La recensione di Attrazione Fatale, rivisitazione del thriller cult del 1987 con Joshua Jackson e Lizzy Caplan. Dal 1° maggio su Paramount+.

Nel giro di pochi anni, Lizzy Caplan ha avuto l’onore di riportare sul piccolo schermo due dei personaggi femminili forse più iconici e inquietanti del cinema a cavallo tra la fine degli ’80 e l’inizio degli anni ’90: prima Annie Wilkes nella seconda stagione della serie Castle Rock, infermiera psicopatica nata dalla mente di Stephen King e interpretata anche da Kathy Bates nel film Misery non deve morire, e ora Alex Forrest in questa rivisitazione targata Paramount+ di Attrazione Fatale, il famosissimo thriller erotico del 1987 diretto da Adrian Lyne (oggi considerato un vero e proprio cult) in cui una superba, incomparabile e dannatamente spaventosa Glenn Close dava vita alla stalker pronta a rovinare la vita di Michael Douglas.

Annoverata tra i personaggi più cattivi della storia del cinema, Alex Forrest rivive sul piccolo schermo, pronta ad assecondare con le paure, le ansie e i comportamenti tanto pericolosi quanto autodistruttivi tipici del personaggio, le esigenze di un mercato audiovisivo pigro e svogliato che preferisce fare affidamento sui revival di grandi classici piuttosto che provare a farsi venire in mente un’idea originale di qualunque tipo. Eppure, in questo adattamento seriale del bellissimo film di Lyne (che venne anche candidato a 8 Premi Oscar, senza vincerne – ingiustamente – neanche uno) è possibile rintracciare più di un elemento interessante, dal momento che la stessa operazione – ideata da Alexandra Cunningham (creatrice della serie Dirty John) insieme a Kevin J. Hynes – si presenta non come il classico remake copia e incolla, ma piuttosto come una profonda rivisitazione del film originale sceneggiato da James Dearden, provando a dare una nuova lettura e interpretazione non solo ai personaggi della storia ma anche alle dinamiche personali e familiari che portano avanti lo sviluppo del racconto. 

Il tessuto narrativo della serie Attrazione Fatale, infatti, diventa più intricato e articolato rispetto a quello dell’originale cinematografico, anche se la premessa è praticamente la medesima: un ambizioso e affascinante procuratore distrettuale di nome Dan Gallagher (interpretato da Joshua Jackson, Dr. Death), con moglie e figlia a carico, perde la testa per una giovane donna, Alex Forrest (Caplan), l’avvocato della vittima di uno dei casi assegnato proprio a Dan. Quella che doveva essere soltanto l’avventura di una notte (o, al massimo, di un fine settimana), si trasforma ben presto in un vero e proprio incubo; i comportamenti ossessivi di Alex iniziano a sfuggire al controllo di Dan, dal momento che la donna… “non vuole essere ignorata”.

Già dal suo incipit, in realtà, la serie di distacca totalmente dal film da cui trae ispirazione. Siamo a Los Angeles, ai giorni nostri, e Alex Forrest è già morta: pare che ad ucciderla sia stato proprio Dan, pronto a lasciare il carcere dopo aver scontato 15 anni per l’omicidio dell’ex amante. L’uomo si dichiara colpevole soltanto per essere rilasciato sulla parola: il suo obiettivo è riconciliarsi con la sua famiglia e, soprattutto, dimostrare che non è stato lui ad uccidere Alex. Da qui, la narrazione cessa di procedere in senso lineare. Veniamo catapultati nel 2008, al primo incontro tra Dan e Alex, in pratica all’inizio dell’incubo: il passato e il presente si mescolano, così come il ritmo, i toni e la direzione generale della serie, che diventa sempre più intrigante e avvincente man mano che gli episodi scorrono (i primi 3 debuttano oggi 1° maggio su Paramount+, i restanti 5 saranno disponibili sulla piattaforma ogni lunedì fino al 29 maggio).

Una Alex Forrest più dolente e malinconica

Se all’inizio il punto di vista è a tutti gli effetti quello di Dan, improvvisamente il focus si sposta da lui ad Alex. In questo nuovo Attrazione Fatale non siamo più di fronte alla squilibrata dall’oscuro passato che diventa ossessionata da un uomo sposato che tenta disperatamente di sbarazzarsi di lei: la serie ci racconta chi è stata Alex durante la sua infanzia, durante gli anni in cui ha studiato legge, mostrandoci anche i primi mesi del suo trasferimento a Los Angeles e rivelandoci come Dan, in realtà, sia sempre stato molto più che un semplice desiderio da soddisfare, bensì la pedina su una scacchiera di cui la donna aveva già da tempo iniziato a tracciare i contorni.

Alexandra Cunningham e Kevin J. Hynes rendono, quindi, Alex un personaggio ancora più affascinante, chiarendo l’origine dei suoi atteggiamenti psicotici e fornendo un contesto tanto ai suoi pensieri quanto alle sue motivazioni. Certo, riuscire a far dimenticare la memorabile interpretazione di Glenn Close sarebbe un’impresa irrealizzabile per chiunque, ma Lizzy Caplan riesce a reggere il confronto in maniera egregia, regalandoci una Alex per certi aspetti molto diversa dalla femme fatale impetuosa e ribelle che più di trent’anni fa turbò l’immaginario di tutti i fedifraghi del mondo; dotata indubbiamente di sex appeal e fascino disturbante, questa nuova Alex è forse più dolente, malinconica, selvaggiamente romantica della “mostruosa” controparte cinematografica. 

Il fatto che la serie approfondisca la storia e il passato di Alex, però, non è sufficiente a giustificare il via libera che è stato dato al progetto, al di là di tutte le modifiche e gli arricchimenti del caso (Dan accusato dell’omicidio di Alex – che rimanda al finale originale del film del 1987, poi scartato -, la lotta dell’uomo per dimostrare la sua innocenza o, ancora, il personaggio di Ellen, la figlia di Dan, che nel presente – non essendo più una bambina – cerca di ricostruire un rapporto con suo padre). L’originale Attrazione Fatale, per quanto non fornisca al pubblico alcun appiglio narrativo rispetto al background della stalker protagonista, era perfetto anche per questo motivo, per l’immediatezza e la compiutezza del suo arco narrativo, sorretto da un gusto raffinato per la suspense e per l’immagine (Adrian Lyne è stato un regista fin troppo sottovalutato!), da scene memorabili scolpite nella memoria collettiva (su tutte, il coniglio nella pentola e il finale nella doccia) e da interpretazioni magistrali.

Alla serie ideata da Cunningham e Hynes manca tutto questo, e di certo l’esigenza di espandere e allungare la storia per adattarla ai tempi della serialità ha giocato un peso importante, rendendo alcuni snodi davvero troppo contorti e impedendo al ritmo di trovare fin da subito il suo picco più incalzante, vertiginoso e in un certo senso rassicurante. Tuttavia, non si può negare che la serie Attrazione Fatale resti una visione piacevole e a suo modo coinvolgente che, a differenza del cult del 1987, funziona meno come thriller erotico puro interessato a sviscerare la costitutiva ambivalenza dell’Eros (amore) e del legame che lo connette a Thanatos (morte), molto di più come dramma sui disturbi della personalità, volto a dimostrare quanto il nostro passato sia in grado di definire, nel presente, quell’innegabile bisogno di essere visti e riconosciuti dall’altro.

Guarda il trailer ufficiale di Attrazione Fatale 

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Di certo, l'esigenza di espandere e allungare la storia per adattarla ai tempi della serialità ha giocato un peso importante, rendendo alcuni snodi davvero troppo contorti e impedendo al ritmo di trovare fin da subito il suo picco più incalzante, vertiginoso e in un certo senso rassicurante. Tuttavia, non si può negare che la serie Attrazione Fatale resti una visione piacevole e a suo modo coinvolgente che, a differenza del cult del 1987, funziona meno come thriller erotico puro interessato a sviscerare la costitutiva ambivalenza dell'Eros (amore) e del legame che lo connette a Thanatos (morte), molto di più come dramma sui disturbi della personalità, volto a dimostrare quanto il nostro passato sia in grado di definire, nel presente, quell'innegabile bisogno di essere visti e riconosciuti dall'altro.
Stefano Terracina
Stefano Terracina
Cresciuto a pane, latte e Il Mago di Oz | Film del cuore: Titanic | Il più grande regista: Stanley Kubrick | Attore preferito: Michael Fassbender | La citazione più bella: "Io ho bisogno di credere che qualcosa di straordinario sia possibile." (A Beautiful Mind)

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Di certo, l'esigenza di espandere e allungare la storia per adattarla ai tempi della serialità ha giocato un peso importante, rendendo alcuni snodi davvero troppo contorti e impedendo al ritmo di trovare fin da subito il suo picco più incalzante, vertiginoso e in un certo senso rassicurante. Tuttavia, non si può negare che la serie Attrazione Fatale resti una visione piacevole e a suo modo coinvolgente che, a differenza del cult del 1987, funziona meno come thriller erotico puro interessato a sviscerare la costitutiva ambivalenza dell'Eros (amore) e del legame che lo connette a Thanatos (morte), molto di più come dramma sui disturbi della personalità, volto a dimostrare quanto il nostro passato sia in grado di definire, nel presente, quell'innegabile bisogno di essere visti e riconosciuti dall'altro.Attrazione Fatale, recensione della serie con Joshua Jackson e Lizzy Caplan