Anna è la nuova serie firmata da Niccolò Ammaniti: lo scrittore, dopo il successo sancito da Il miracolo, ha deciso di mettersi in gioco in prima persona scrivendo – insieme a Francesca Manieri (Il primo re, Il miracolo, We Are Who We Are) – e dirigendo l’adattamento televisivo del suo romanzo omonimo, incentrato sulle avventure della giovanissima protagonista in un mondo post-pandemico.
Una realtà che, oggi, sembra drammaticamente vicina alla situazione che stiamo vivendo con il Covid-19; un’idea che ovviamente non ha mai sfiorato la mente dell’autore (come ha raccontato durante la conferenza stampa) mentre lavorava sul set, che vede protagonista la giovanissima Giulia Dragotto nei panni di Anna, oltre ad Alessandro Pecorella, Giovanni Mavilla, Clara Tramontano e alle veterane Elena Lietti e Roberta Mattei (Non essere cattivo, Veloce come il vento). La serie, un prodotto Sky Original, sarà disponibile con tutti gli episodi dal 23 aprile su Sky e NOW.
Quattro anni dopo La Rossa, un virus che ha sterminato tutti gli adulti, il mondo è abitato solo da branchi di bambini selvaggi. In Sicilia Anna vive con il fratellino Astor al Podere del Gelso; ma un giorno esce per cercare da mangiare e quando torna Astor non c’è più. Per ritrovarlo inizia un viaggio avventuroso tra i resti del mondo. Si scontrerà così con i Blu, una comunità comandata da Angelica, la perfida regina che tiene con sé La Picciridduna, un adulto sopravvissuto, che pare abbia il potere di salvare da La Rossa. Anna riuscirà a fuggire dalla villa di Angelica e a intraprendere un viaggio nella natura selvaggia verso il continente con il fratellino, nella speranza di trovare una cura per sé e per l’umanità.
Anna è una serie distopica ed inquietante: una finestra fantascientifica aperta su un mondo post-apocalittico, mai così vicino come adesso alla realtà che stiamo vivendo. Un mondo crudele nel quale orrore e bellezza, innocenza e colpa si rincorrono in una forsennata danza sull’orlo dell’apocalisse. Ad orchestrare questa danza sono i bambini e i pre-adolescenti, protagonisti assoluti di un pianeta alla deriva ereditato dagli adulti; il virus che li ha colpiti si manifesta solo con l’entrata ufficiale nella loro dimensione, e i “bimbi sperduti” di questa selvaggia Isola che Non C’è (la Sicilia) provano a sopravvivere senza pensare al destino che li aspetta.
Anna, giovane selvaggia e coraggiosa, è pronta a tutto pur di superare il presente, lanciando uno sguardo lungimirante su un futuro incerto ma possibile: rispetto agli altri, la ragazzina non si limita a vivere “l’oggi”, cercando piuttosto un modo per fuggire da quella prigione e traghettare l’umanità intera fuori dal lungo inverno in cui è piombata. Una ragazza al bivio, non più bambina ma nemmeno donna, che apparentemente sembra l’unica a coltivare il valore della memoria e del ricordo in uno stallo temporale della Storia, che rischia di cancellare il passato distorcendone i contorni fino a confonderli definitivamente. Nella scrittura di Anna, Niccolò Ammaniti ritrova il piacere del genere, i cui codici stilistici permettono di rielaborare la realtà e la verità che essa porta con sé.
Il linguaggio della macchina-cinema si omologa a quello del genere scelto, definendone suggestioni, suoni, atmosfere e inquadrature; il regista empatizza con i giovani protagonisti e finisce per far aderire il suo occhio (meccanico) al loro punto di vista, mettendosi letteralmente nei panni dei personaggi per seguire lo sviluppo delle loro storie, allargando la narrazione – già sviluppata nel romanzo – al fine di comporre un mosaico più ampio e sfaccettato, basato sulla varietà dell’ampio campionario d’umanità mostrato. Nei primi due episodi di Anna il set up si dipana rispettando il proprio ritmo, in modo lento ma incessante, tanto da aprire uno spiraglio sugli sviluppi narrativi che coinvolgeranno i personaggi con il progredire della storia.
Per quanto accenda la fantasia dell’immaginario sci-fi degli spettatori in modo atipico, pur collocandosi allo stesso tempo nel solco della narrazione apocalittica, Anna sconvolge la percezione del pubblico per via dell’estrema contemporaneità dei temi trattati/mostrati: pur essendo stati scritti lontani dal cono d’ombra del Covid-19, sia la serie che il romanzo contengono echi inquietanti e sinistri, profilando la narrazione come una plausibile profezia della fine del mondo, anticipata dalla realtà stessa. Il cortocircuito narrativo che si crea spiazza a tal punto da risultare disturbante, nel senso più freudiano del termine: come un incubo macabro, le ombre della ragione corrompono i contorni del sogno, trasformandolo in un incubo lucido dalla forma distorta.