Una nave fantasma che veleggia sulle onde dell’oscuro mare, ignoto il terribile destino toccato al suo povero equipaggio, misteriosamente scomparso. Un topos presente in molta narrativa classica dell’orrore, dal “Dracula” di Bram Stoker (il vampiro per antonomasia arriva in Inghilterra, a Whitby, sulla nave Demetrio, dopo averne sterminato l’intero equipaggio) a “Il richiamo di Cthulhu” di H.P. Lovecraft (il vascello Emma, il cui unico sopravvissuto, il marinaio norvegese Johansen, troverà presto la morte a causa della terribile scoperta fatta su una strana isola).
Al male piace viaggiare via mare, preferibilmente in prima classe; un setting che offre un contesto di totale isolamento, perfetto per costruire momenti di tensione, dove i protagonisti sono intrappolati insieme ad una minaccia inarrestabile. Da questo canovaccio sono stati ispirati anche Jantje Friese e Baran bo Odar, i creatori dell’instant cult Dark, per la loro nuova serie tv mystery horror d’ambientazione storica: 1899, disponibile sulla piattaforma di streaming Netflix dal 17 novembre.
La trama della serie – naturalmente ambientata nell’anno del titolo – segue il viaggio verso New York del transatlantico Kerberos. A bordo sono presenti passeggeri provenienti da tutto il mondo, dall’Inghilterra alla Cina, e di varia estrazione sociale (i rapporti tra le differenti classi di viaggiatori assomigliano a quelli rappresentati nel Titanic di James Cameron), tutti in fuga da qualcosa.
Durante la traversata, la nave riceve un messaggio telegrafico con le coordinate dove trovare il piroscafo gemello Prometheus, misteriosamente scomparso poco tempo prima. Mentre un gruppo sparuto di uomini, guidato dal capitano Eyk Larsen (Andreas Pietschmann, qui particolarmente somigliante a Guy Pearce), va ad esplorare la spettrale nave perduta, un’oscura figura si intrufola sulla Kerberos.
Senso di mistero e colpi di scena spiazzanti
Partendo da un incipit che ricorda la pellicola sci-fi horror Punto di non ritorno (naturalmente declinato in una ambientazione tardo-ottocentesca), i tedeschi Friese e Odar mettono in piedi un’opera dalle ambizioni internazionali già partendo dal cast, un melting pot di nazionalità e lingue differenti (si parla tedesco, spagnolo, polacco, cantonese e altro; l’inglese è utilizzato da diversi personaggi, ovviamente, come lingua franca).
1899 è una serie corale che mette in scena un viaggio dei dannati, dove i protagonisti dovranno affrontare le colpe del proprio passato. Tutti hanno segreti da nascondere o traumi da elaborare; storie personali che ci verranno svelate, poco a poco, attraverso incubi – ogni episodio si apre con una sequenza onirica inerente il passato di uno dei personaggi – e visioni spettrali, in una lenta discesa verso la follia.
Una coralità di più facile approccio rispetto a quella della precedente Dark, dove risulta più immediato iniziare ad associare volti e nomi, grazie anche alla maggiore diversità etnico-culturale dei personaggi coinvolti. Un modo di presentare il nutrito cast di protagonisti che assomiglia, per struttura, alla serie televisiva di culto Lost, creata da J. J. Abrams, da cui 1899 mutua anche il perenne senso di mistero e l’accumulo di colpi di scena spiazzanti.
Un contesto di paura e isolamento che farà insorgere anche contrasti tra i passeggeri della Kerberos, portando a conflitti interni simili a quelli visti in film come The Mist (anche qui è presente la figura di una fanatica religiosa che si metterà alla testa della folla spaventata). Il tutto mentre 1899 continua ad aggiungere pezzi, singolarmente interessanti, al suo complesso puzzle.
Per valutarne la resa generale, bisognerà vedere come si incastreranno insieme sul finale, quando il mistero verrà completamente, o parzialmente, svelato (abbiamo avuto occasione di vedere, in anteprima, solo sei degli otto episodi che compongono la prima stagione). Per ora la valutazione, per quanto parziale, non può che essere positiva, visto l’innegabile fascino di questa nuova produzione firmata Jantje Friese e Baran bo Odar.