Come trattare la questione razziale in una comedy? Ci prova Kenya Barris, già pratico dello svolgimento di questo tema grazie la sit-com Black-ish, che questa volta si cimenta in un progetto targato Netflix dal titolo You People, disponibile in catalogo dal 27 gennaio.
Strizzando un po’ l’occhio all’iconico Indovina chi viene a cena?, al centro del film troviamo una coppia di promessi sposi alle prese con le differenze culturali tra le rispettive famiglie, nella odierna Los Angeles. Nelle vesti di Akbar, un padre contrariato per il nuovo compagno della figlia troviamo Eddie Murphy: musulmano, estremamente legato alla propria cultura afro, non accetta che sua figlia Amira sia intenzionata a unirsi in matrimonio con l’ebreo Ezra, interpretato da Jonah Hill. Quest’ultimo, a sua volta, trova difficile frenare gli eccessivi entusiasmi dei suoi genitori Sherley e Arnold (Julia Louis-Dreyfus e David Duchovny), che vedono in Amira il simbolo di una cultura discriminata con la quale misurarsi, peccando spesso di pietismo.
Ezra ed Amira trovano un loro equilibrio e un’intesa eccellente, ma l’incontro tra le loro famiglie non riesce allo stesso modo: Akbar, infatti, non riesce a immaginare che la propria figlia si mescoli ad una cultura differente alla propria, non solo perché Ezra è ebreo ma soprattutto in quanto bianco; per questa ragione, tenta costantemente di imbarazzare il futuro genero e metterlo alla prova. Dal canto suo, Shelley prova a legare con la futura nuora, enfatizzando il colore della sua pelle e la sua appartenenza alla cultura afro, non valutandola in quanto persona ma quasi soltanto come emblema degli afroamericani a lungo vessati e tuttora vittime di razzismo.
Tra commistione culturale ed eccessivo simbolismo
You People prova a mescolare gli elementi romantici a quelli della commedia, attraverso alcune gag che però risultano già viste e altre dai risvolti prevedibili. Nonostante sia infarcito da un citazionismo eccessivo, però, il film prova ad evidenziare quanto ancora ci sia da fare (e soprattutto da dire!) sul tema dell’integrazione di culture e religioni differenti.
Alcuni momenti del film sono particolarmente apprezzabili (come quello delle due famiglie riunite che iniziano pacatamente a confrontarsi fino a ritrovarsi in un dibattito tra chi delle due culture abbia storicamente subito più ingiustizie e persecuzioni, avviando uno scontro sul paragone tra schiavismo e Olocausto), e alla fine le tematiche – sicuramente di enorme portata – vengono soppesate attentamente per non impattare sulla leggerezza del film.
L’ultimo lavoro di Kenya Barris poteva essere senza dubbio più incisivo, approfondendo lo spessore dei suoi personaggi, alcuni dei quali sembrano solo un margine del racconto, come ad esempio Amira (interpretata da Lauren London), di cui si sa ben poco perché – appunto – viene dato maggiore risalto a suo padre e alla sua cultura. In questo modo, la figura stessa della donna viene completamente dominata dagli elementi che all’interno della stessa narrazione cerca di scrollarsi di dosso per emergere come persona. Probabilmente, una delle pecche più evidenti della sceneggiatura.
Quanto al cast, l’interpretazione seriosa di Eddie Murphy (che torna a recitare dopo Il principe cerca figlio del 2021) è godibile e convincente, pur differenziandosi di molto dall’immagine goliardica dell’attore cui siamo abituati, mentre Jonah Hill nei panni di un Ezra particolarmente impacciato risulta credibile ma non a sufficienza, quasi come se il ruolo non fosse stato pensato davvero per lui (nonostante l’attore ricopra anche il ruolo di co-sceneggiatore). Infine, un’esagitata Julia Louis-Dreyfus, attraverso il suo personaggio, sembra apparire quasi come una caratterista.
Se l’intenzione di You People era focalizzarsi sulla questione razziale e sociale, il risultato non è certo dei migliori. Tuttavia, rispetto a tante altre commedie romantiche, il film prova comunque a lasciare una traccia, sia riguardo le problematiche che ancora intercorrono nella commistione di culture differenti nel 2023, sia riguardo l’importanza di non creare un eccessivo simbolismo che finisca per nascondere dietro sé la natura umana di ogni individuo, che esula dall’appartenenza a qualsiasi colore, religione, genere e orientamento.