sabato, Settembre 30, 2023
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We Can Be Heroes, recensione del film di Robert Rodriguez

La recensione del film We Can Be Heroes di Robert Rodriguez, con Pedro Pascal. Dal 25 dicembre disponibile su Netflix.

Difficile mettere in discussione le qualità di Robert Rodriguez come regista. Basterebbe guardare il sesto episodio della seconda stagione di The Mandalorian, La tragedia, per rendersi conto della sua bravura. Ciò che probabilmente gli si potrebbe contestare, però, è il fatto di non essere mai stato un grande narratore di storie capaci di fare breccia nel cuore degli spettatori. Autodidatta finito dietro la macchina da presa quasi per caso dopo aver fatto qualsiasi mestiere (persino la cavia umana!), Rodriguez ha sempre dato la sensazione di fare i film più per sé che per un potenziale pubblico. Amato dai suoi aficionados (assai pochi, a dire il vero), bistrattato dalla critica e spesso anche dal grande pubblico, il regista americano ha dimostrato durante l’arco della sua carriera di saper spaziare tra i generi: dallo pseudo-horror splatter alla commedia, fino ad arrivare al cinema per ragazzi. A quest’ultimo filone appartiene anche il suo ultimo film, We Can Be Heroes, dal 25 dicembre disponibile su Netflix.

Quando nel 2001 uscì Spy Kids, in tanti si domandarono che cosa fosse accaduto al “protetto” di Quentin Tarantino, già autore dei primi due film della famigerata Trilogia del Mariachi e del cult Dal tramonto all’alba. Si trattava sostanzialmente di un film di ragazzini per ragazzini. Si pensava potesse essere un unicum nella carriera del regista, e invece non solo Rodriguez ne realizzò 3 sequel (l’ultimo è del 2011), ma ne trasse anche ispirazione per uno spin-off dedicato a uno dei personaggi più iconici della saga (Machete), ed infine lo sfruttò come modello per una serie di film contraddistinti dalle stesse ambiziosi e dal medesimo taglio “fumettistico”, pensati come una sorta di contraltare del più adulto Sin City: le atmosfere rarefatte, decadenti e fataliste tipiche del fumetto di Frank Miller lasciavano il posto ad un’estetica solare, positiva ed edificante in puro stile Disney Channel.

Uno di questi, Le avventure di Sharkboy e Lavagirl 3-D, uscito la bellezza di 15 anni fa, è stato ora riesumato da Rodriguez per dare il là (forse) a una nuova saga. We Can Be Heroes nasce proprio come sequel del film del 2005, anche se è contraddistinto da un’autonomia narrativa che di fatto lo slega dall’opera che l’ha preceduto. Il film Netflix, infatti, più che concentrarsi sulle vicissitudini dei due eroi, ormai cresciuti e con prole, si focalizza su quelle della loro figlioletta Guppy (piccola, ma assai agguerrita) e degli altri eredi dei loro colleghi supereroi, al fianco dei quali combattono quotidianamente per la salvaguardia del pianeta.

We Can Be Heroes: (L-R) J. Quinton Johnson as Crimson Legend, Brittany Perry-Russell as Red Lightening Fury, Pedro Pascal as Marcus Moreno, Christian Slater as Tech-No, Haley Reinhart as Ms. Vox. Cr. Ryan Green/NETFLIX © 2020

Quando una popolazione aliena ostile minaccia la Terra, tutti i supereroi sono chiamati a raccolta per affrontare il nemico. Tra loro ci sono anche Sharkboy (J.J. Dashnaw), Lavagirl (Taylor Dooley), Marcus Moreno (Pedro Pascal), Miracle Guy (Robert Boyd Holbrook) e Tech-No (Christian Slater). Gli invasori hanno la meglio, e i difensori del pianeta sono catturati ed imprigionati. I mostri violacei con viscidi tentacoli provenienti dallo spazio profondo non hanno però fatto i conti con i loro figli, tutti (o quasi) in possesso di poteri molto speciali: i gemelli Rewind (Isaiah Russell-Bailey) e Bally (Akira Akbar) si divertono a “giocare” con il tempo, Canary (Lotus Blossom) ha doti canore che le permettono di compiere strepitose azioni, Solar (Lyon Daniels) ha un corpo elastico, Kyle (Nathan Blair) può contare su più di un potere, Guppy (Vivien Lyra Blair) manipola l’acqua, Jim (Dylan Henry Lau) si muove al rallentatore, Mist (Andrew Diaz) è un mutaforma, mentre Missy (YaYa Gosselin), figlia di Marcus e all’apparenza l’unica a non possedere alcuna qualità soprannaturale, è destinata a raccogliere l’eredità paterna affermandosi in qualità di leader della combriccola. Ancora incapaci a governare i loro poteri, i ragazzini saranno addestrati in fretta e furia dall’istruttrice Marie Moreno (Adriana Barraza), nonna di Missy e madre di Marcus. Riusciranno a salvare i propri genitori e l’intera umanità?

Scrivere di un film come We Can Be Heroes non è semplice. Da adulti si è “condannati” a guardare con sospetto a un’operazione a volte fin troppo infantile e tendente al demenziale, nonché debitrice – a livello concettuale – di Spy Kids, di cui rappresenta un po’ un aggiornamento post Avengers. Eppure, siamo ben consci del fatto che il film è stato pensato specificatamente per un pubblico giovanissimo. Rodriguez ce lo ricorda ad ogni inquadratura. Il regista americano si riappropria di una messa in scena a misura di bambino, vagamente anni ’90, utilizzando un lessico cinematografico semplice, immediato e tutto sommato efficace; affrontando oltretutto tematiche evergreen: l’importanza dell’amicizia, il rapporto genitori/figli, l’accettazione di se stessi, dei propri limiti e delle proprie potenzialità.

Il regista sembra non preoccuparsi troppo degli eventuali buchi di sceneggiatura – ci sono delle voragini incolmabili -, delle ripetizioni, dell’estetica kitsch, della recitazione sopra le righe dei piccoli attori (lasciati liberi di esprimersi senza costrizioni). Mentre il film, al contempo, non si vergogna della propria natura e soprattutto non cerca di essere nulla di diverso rispetto a quello che è e che vuole essere. A volte la sensazione è che si siano divertiti più il regista, la troupe e gli attori (grandi e piccoli) sul set che non gli spettatori davanti alla tv. Però bisognerebbe avere la controprova del giudizio del pubblico di riferimento. In mancanza di quello, al momento, ci possiamo consolare – da spettatori ormai cresciuti e quasi “esclusi” dal film – con la presenza di Pedro Pascal e Robert Boyd Holbrook, che tornano a lavorare insieme dopo essere stati colleghi (nella finzione seriale) nelle prime due stagioni della serie Netflix Narcos. Non è molto, ma è già qualcosa.

Guarda il trailer ufficiale di We Can Be Heroes

GIUDIZIO COMPLESSIVO

We Can Be Heroes è stato pensato specificatamente per un pubblico giovanissimo. Rodriguez ce lo ricorda ad ogni inquadratura. Il regista americano si riappropria di una messa in scena a misura di bambino, vagamente anni '90, utilizzando un lessico cinematografico semplice, immediato e tutto sommato efficace; affrontando oltretutto tematiche evergreen: l'importanza dell'amicizia, il rapporto genitori/figli, l'accettazione di se stessi, dei propri limiti e delle proprie potenzialità.
Diego Battistini
Diego Battistini
La passione per la settima arte inizia dopo la visione di Master & Commander di Peter Weir | Film del cuore: La sottile linea rossa | Il più grande regista: se la giocano Orson Welles e Stanley Kubrick | Attore preferito: Robert De Niro | La citazione più bella: "..." (The Artist, perché spesso le parole, specie al cinema, sono superflue)

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We Can Be Heroes è stato pensato specificatamente per un pubblico giovanissimo. Rodriguez ce lo ricorda ad ogni inquadratura. Il regista americano si riappropria di una messa in scena a misura di bambino, vagamente anni '90, utilizzando un lessico cinematografico semplice, immediato e tutto sommato efficace; affrontando oltretutto tematiche evergreen: l'importanza dell'amicizia, il rapporto genitori/figli, l'accettazione di se stessi, dei propri limiti e delle proprie potenzialità.We Can Be Heroes, recensione del film di Robert Rodriguez