Una Vita – Une Vie è un’operazione davvero nostalgica, in cui si cerca di far tornare in auge un certo tipo di cinema che si fonde con la letteratura. Il limite evidente però è quello che, essendo così intrinseco il rapporto con la controparte letteraria (in questo caso si tratta del primo romanzo di Guy de Maupassant), il risultato è estremamente poco cinematografico.
Giovinezza, età adulta e vecchiaia. La vita umana passa attraverso questi step, ognuno dei quali è diverso e peculiare. La giovinezza è l’età della speranza, è il periodo in cui siamo più propensi ad immaginare un futuro migliore e soprattutto in cui crediamo fermamente nell’amore puro ed eterno. Con l’età adulta tutto diventa più ombroso, la maturità arriva attraverso varie delusioni e l’amore acquista un altro significato. La vecchiaia infine è l’età dell’amarezza, soprattutto dopo una vita di frustrazioni.
Il regista e sceneggiatore Stéphane Brizé (La Legge del Mercato) adatta “Una Vita – Un Vie”, il primo romanzo dell’autore classico Guy de Maupassant. Il lungometraggio ha vinto il premio Fipresci al Festival del Cinema di Venezia del 2016. Nel cast troviamo Judith Chemla, Jean-Pierre Darrousin e Yolande Moreau. La storia segue le vicende di Jeanne, una baronessa del 1800. Osserviamo gioventù, età adulta e vecchiaia di questa donna attraverso le numerose sofferenze d’amore e delusioni affettive.
Una Vita – Une Vie è un racconto iper-drammatico, una storia di tribolazioni sentimentali di una donna che altro non voleva che una vita tranquilla circondata dagli affetti. Il pessimismo di fondo dell’opera non ci viene affatto alleggerito; anzi, le scelte registiche e di sceneggiatura mirano ad enfatizzare la durezza e l’aridità di questa visione.
Tecnicamente il regista ha scelto di utilizzare il formato 1:33, un formato quasi quadrato e anti-panoramico, in cui lo sguardo dello spettatore non si apre mai, rimanendo costretto, come la costrizione della protagonista. Sono molti i flashback che si susseguono nel corso della narrazione. Questi ultimi sono usati sapientemente: nel corso della drammatica narrazione, infatti, rappresentano dei momenti di spensieratezza della vita della protagonista, in cui la stessa si rifugia per sopportare meglio la realtà. Ottimo l’uso del trucco e le interpretazioni degli attori, in grado di sfumare bene i propri personaggi nelle diverse età in cui vengono rappresentati.
Una Vita – Une Vie ha però il grossissimo problema di essere troppo letterario e meno cinematografico di quanto si possa prevedere. I punti nodali vengono, non raramente, lasciati a lettere e a voci narranti, creando un effetto molto classicheggiante che alla lunga può annoiare lo spettatore. A volte i risvolti drammatici sono talmente incalzanti da creare un effetto al limite della comicità. Il film non è consigliato a tutti; probabilmente i soli che potranno apprezzare pienamente quest’ultimo lavoro di Brizé sono i fan dei drammi in costume e gli appassionati delle opere di Guy de Maupassant.