Una Vita Spericolata è il film che segna il ritorno del regista Marco Ponti alle suggestioni, alle situazioni e ai personaggi protagonisti del cult Santa Maradona; solo che questa volta tutto viene aggiornato alle difficoltà dei nostri tempi, “potenziando” le vicende narrate in fieri nel 2001.
Cambiano i tempi, cambiano i protagonisti: i nuovi quasi-trentenni di Ponti non hanno più i volti di Stefano Accorsi e Libero De Rienzo – che ricompare qui in un cameo – ma le facce giovani di Lorenzo Richelmy, Eugenio Franceschini e Matilda De Angelis, affiancati da veterani Antonio Gerardi, Massimiliano Gallo, Michela Cescon e Gigio Alberti.
In Una Vita Spericolata, Rossi (Richelmy) è un quasi trentenne che ha un’officina che va a rotoli, non ha più una casa e nemmeno una fidanzata fissa. Ha soltanto un migliore amico, BB (Franceschini), ex campione di rally e indolente “drugo” della Domenica.
Sommerso dai debiti, Rossi va in banca per implorare un prestito: ma quando quest’ultimo gli viene negato e una strana ragazza di nome Soledad (De Angelis) comincia ad alzare il tono della voce, il ragazzo sembra perdere la testa e in un attimo la sua richiesta si trasforma in una rapina casuale quanto improvvisata, con tanto di ostaggio – Soledad – borsone e piano di fuga. Peccato che i soldi non siano della banca ma di un gruppo di malavitosi, e che l’unica soluzione per il terzetto sia fuggire tra inseguimenti, spargimenti di sangue, rese dei conti, duelli western e amori sotto il sole.
Una Vita Spericolata (qui il trailer ufficiale) è davvero la degna – e unica – svolta plausibile al cambiamento invocato da Michele Straniero e Bart Vanzetti alla fine di Santa Maradona; ancora una volta ne sono protagonisti personaggi al confine tra buio e luce, che però scelgono l’azione invece dell’accidia, esplorando ancora più a fondo – e al limite – quel divario sottile che separa legalità da illegalità.
Rossi, BB e Soledad sono tre misfits, degni protagonisti di un road movie: collocati fuori da una società nella quale fanno fatica a riconoscersi e a rispecchiarsi, vengono mossi dalla mancanza – di soldi quanto di cambiamenti – ad agire, ponendosi però in una posizione assurda e surreale al momento sbagliato e nel posto sbagliato.
Una Vita Spericolata recensione del film con Lorenzo Richelmy
E la chiave di lettura migliore per decifrare l’algoritmo alla base di Una Vita Spericolata è l’eccesso: tutto tende all’iperbole, al climax vertiginoso e patinato, ai dialoghi sopra le righe, farseschi, grotteschi, surreali; Ponti strizza l’occhio a un certo cinema di genere non troppo comune al Belpaese, citando implicitamente le visual comedy di Guy Ritchie ed Edgar Wright, la formula pulp più classica alla base del successo di Quentin Tarantino, il mondo noir e rarefatto dei Fratelli Coen e una rappresentazione stilizzata da mondo dei fumetti.
Come dichiarato durante la conferenza stampa di presentazione del film, dal cinema di quest’ultimi rubacchia il “nichilismo ottimista” sfoggiato ne Il Grande Lebowski, calando così Rossi e soprattutto BB – due “drughi” della Domenica – in situazioni paradossali, ammantate da un velo di patina e pericolo che non può non catturare l’immaginario ipercinetico degli spettatori.
Una Vita Spericolata è un film atipico per il panorama italiano, erede forse di uno stile del racconto per immagini figlio degli anni ’90 e del pulp all’apice del suo successo – come suggerisce la citazione di Niccolò Ammaniti, uno dei maestri nostrani del genere – ma che riesce, comunque, a stare al passo coi tempi trovando la propria chiave di lettura nell’eccesso.
E se la via dell’eccesso conduce al palazzo della saggezza, è interessante vedere dove le scelte sbagliate condurranno Rossi, BB e Soledad: tre giovani con un passato ma con scarse aspettative per il futuro; tre fuggitivi, tre rapinatori improvvisati che però non trasgrediscono mai la propria essenza, rimanendo sempre dalla parte dei “buoni” e cercando di non prendersi mai troppo sul serio.