mercoledì, Settembre 11, 2024
HomeRecensioniUna commedia pericolosa, recensione del film con Enrico Brignano

Una commedia pericolosa, recensione del film con Enrico Brignano

La recensione di Una commedia pericolosa, il nuovo film di Alessandro Pondi con protagonista Enrico Brignano. Al cinema dal 30 agosto.

Contaminare è un’arte: difficile, complessa, pronta a muoversi sinuosamente nel confine sottile tra mondi e generi, permettendo infine al prodotto realizzato di diventare “altro” da sé, qualcosa di nuovo, di diverso e atipico, fuori dagli schemi preconfigurati. Ad oggi, immersi in un’epoca nella quale tutto è già stato scritto, letto, affrontato, visto e interpretato, creare un’opera ibrida e – appunto – contaminata diventa un’impresa ancora più difficile e ardita, soprattutto se proiettata nel mondo popolare della settima arte.

Una commedia pericolosa, il nuovo film diretto da Alessandro Pondi (Chi m’ha visto, School of Mafia), nasce proprio a partire da queste premesse, ampliandole: da una parte c’è la volontà di contaminare la commedia tradizionale, con i suoi moduli tipici della versione autoctona (all’italiana), con il thriller, fino a colorare il prodotto finale del giallo tipico del poliziesco e della spy story; dall’altra, però, si assiste alla ferma decisione di rilanciare, ad ogni costo, un genere specifico che forse latita sul mercato – soprattutto quello audiovisivo italiano – da troppo tempo.

Ed è con queste premesse che Una commedia pericolosa si prepara ad approdare nelle sale dal prossimo 30 settembre, mettendo al centro della storia narrata Maurilio Fattardi (Enrico Brignano), che da quando a sette anni vide per la prima volta un film di James Bond ha sempre sognato di diventare un agente segreto. Oggi è responsabile della sicurezza di un centro commerciale e si fa chiamare Agente Mao. Vive da solo in un appartamento a Roma e dalla sua finestra sul cortile spia i condomini, di cui sa tutto; ma proprio nell’appartamento di fronte si trasferisce all’improvviso una donna molto attraente: è Rita, una hostess di linea un po’ malinconica.

Una sera Maurilio assiste ad una furiosa litigata tra lei e uno sconosciuto. Le ombre che intravede suggeriscono che l’uomo le sta mettendo le mani al collo. Di fronte ad un potenziale omicidio, Maurilio arriva nell’appartamento di Rita in compagnia della polizia pur senza rinvenire le tracce del cadavere della donna. Per giunta, sulla porta appare la stessa Rita che li guarda allibita. Maurilio sembra l’unico a credere a ciò che ha visto e inizia un’indagine privata e rocambolesca, coinvolgendo proprio la bella vicina di casa in una pericolosa ricerca della verità, che non è mai come sembra.

Un divertissement dalla sceneggiatura anacronistica

Erano soprattutto gli anni ’80 quando le contaminazioni approdavano sullo schermo d’argento sbancando i botteghini e permettendo a tanti attori, soprattutto comici, di mettere in risalto le proprie doti tra battute e gag: in un certo senso Pondi cerca di riportare in auge questo modulo dalla forma ben definita, scegliendo di “parafrasare” i thriller e i film di spionaggio piuttosto che abbandonarsi alla mera parodia, divertente ma spesso pronta a risolversi in un esercizio di stile (se non ben congegnata).

Una commedia pericolosa guarda agli stilemi del cinema di Hitchcock e di James Bond calandoli nella realtà odierna romana e mettendo, al centro di tutto, Maurilio, l’improvvisato “agente Mao” che sapeva troppo, vittima di un intrigo (casalingo, e poco internazionale) che parte da una finestra sul cortile e lo costringe a tirar fuori il proprio istinto da spia… senza licenza di uccidere. Un godibile divertissement in nuce, un calembour vertiginoso di citazioni e topoi ricollocati, decostruiti e infine assemblati – come in un puzzle dominato da molteplici punti di vista, nella lezione di Rashomon – per sfruttare il loro potenziale comico.

A funzionare è l’idea di partenza, il “famoso” pitch che, purtroppo, si depaupera progressivamente a causa di una sceneggiatura anacronistica, figlia di tempi – e modelli – ormai lontani, del cinema di una stagione più gloriosa (soprattutto al botteghino) che oggi fatica a trovare nuovi linguaggi commerciali capaci di richiamare il pubblico in sala, al passo con i tempi pur essendo in grado di non sacrificare una propria identità specifica, locale e autoctona. Quando Una commedia pericolosa cerca la battuta, la gag ad effetto, perde il ritmo incalzante che è invece capace di sostenere nella ricostruzione crime, nei numerosi flashback che spiegano l’iter della storia e le backstories dei vari personaggi.

Ed è proprio quando quest’ultimi sono alle prese con le scene più credibili, meno macchiettistiche o stilizzate, che allora risultano “umani, troppo umani”, non figurine bidimensionali destinate solo a strappare una risata ma caratteri a tutto tondo, eccentrici e sopra le righe ma non per questo meno funzionali al racconto di una storia. Enrico Brignano, Gabriella Pession, Fortunato Cerlino e Paola Minaccioni (vista di recente nel sequel Un matrimonio mostruoso), trainano un cast interessante, alle prese con una sceneggiatura più ibrida che contaminata, incerta sulla direzione da prendere, incapace di lasciarsi alle spalle la tradizione – ingombrante – della commedia italiana dei caratteri per abbracciare la via del genere (anche atipico, per il nostro mercato) “sporcato” dalla risata leggera, divertente e divertita.

Guarda il trailer ufficiale di Una commedia pericolosa

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Una commedia pericolosa guarda agli stilemi del cinema di Hitchcock e di James Bond calandoli nella realtà odierna romana, configurandosi come un godibile divertissement in nuce, un calembour vertiginoso di citazioni e topoi ricollocati, decostruiti e infine assemblati per sfruttare il potenziale comico; ma l’idea di partenza si depaupera progressivamente a causa di una sceneggiatura anacronistica, figlia di tempi – e modelli – ormai lontani, del cinema di una stagione più gloriosa (soprattutto al botteghino) che oggi fatica a trovare nuovi linguaggi commerciali capaci di richiamare il pubblico in sala.
Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

RECENTI

- Advertisment -
Una commedia pericolosa guarda agli stilemi del cinema di Hitchcock e di James Bond calandoli nella realtà odierna romana, configurandosi come un godibile divertissement in nuce, un calembour vertiginoso di citazioni e topoi ricollocati, decostruiti e infine assemblati per sfruttare il potenziale comico; ma l’idea di partenza si depaupera progressivamente a causa di una sceneggiatura anacronistica, figlia di tempi – e modelli – ormai lontani, del cinema di una stagione più gloriosa (soprattutto al botteghino) che oggi fatica a trovare nuovi linguaggi commerciali capaci di richiamare il pubblico in sala.Una commedia pericolosa, recensione del film con Enrico Brignano