venerdì, Settembre 29, 2023
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Una boccata d’aria, recensione del film con Aldo Baglio e Lucia Ocone

La recensione di Una boccata d'aria, commedia diretta da Alessio Lauria con Aldo Baglio e Lucia Ocone. Dal 7 luglio nelle sale.

La locandina del film Una boccata d’aria può risultare, ad un primo colpo d’occhio, ingannevole: Aldo Baglio – del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, già protagonista “in solitaria” di Scappo a casa (2019) – immortalato in un piano americano, che si staglia su uno sfondo naturalistico (albero incluso) dal quale emergono anche le sagome di Lucia Ocone (vista di recente nella commedia Una famiglia mostruosa) e Giovanni Calcagno, che sembrano fissare tanto Aldo quanto lo spettatore stesso, che è forse di fronte alla solita commedia “all’italiana” post-moderna, alle quali è ormai assuefatto? Assolutamente no.

Perché Una boccata d’aria riesce ad alzare la posta in gioco dello storytelling contemporaneo del nostro mercato audiovisivo, puntando su una scrittura più accurata e lontana da stereotipi, cliché e topoi che hanno costruito un genere, fino però ad ingabbiarlo in forme fisse dalle quali sembra difficile prescindere. Il film, che uscirà nelle sale dal 7 luglio (dopo la presentazione ufficiale al Taormina Film Fest), è incentrato sul rapporto tra due fratelli orgogliosi e lontani, scossi da un’eredità contesa e da un passato che torna a bussare alla loro porta. Quando Salvo (Baglio), viene a sapere della morte di suo padre, con cui non ha rapporti da tanti anni, si imbarca in un viaggio da Milano verso la natia Sicilia; l’obiettivo è convincere suo fratello Lillo (Calcagno) a vendere il casale di famiglia per salvare la sua pizzeria sull’orlo del fallimento, un segreto che ha tenuto nascosto perfino a sua moglie (Ocone) e ai suoi figli (Ludovica Martino e Davide Calgaro). Ma il compito sarà tutt’altro che facile e Salvo sarà costretto a fare i conti con il peso di tutte le sue scelte.

Una boccata d’aria nasce, felicemente, sotto l’egida (produttiva) della Groenlandia di Matteo Rovere, che produce il film insieme a Rai Cinema: e la qualità alla quale la casa di produzione ha abituato il pubblico si respira in modo palese, continuando un percorso incentrato su uno storytelling mainstream meno convenzionale e più ricercato, come dimostrato dal recente successo della dramedy Settembre. La commedia di Alessio Lauria avrebbe potuto puntare tutto su gag già viste, inseguendo un canovaccio canonico già ampiamente sfruttato in innumerevoli produzioni cinematografiche; au contraire, sceglie la via più “rischiosa” (ma vincente) di una scrittura profonda e meno convenzionale, che imita la realtà e i suoi meccanismi, senza inseguire la risata facile ad ogni costo, gioco di prestigio ormai consunto per incantare il disilluso pubblico in sala.

Le gag ci sono, ma sono poche e forse rappresentano le crepe comiche meno riuscite in un film dove la risata c’è, ma è a denti stretti, suggerita, amara e agrodolce come l’esistenza stessa; Aldo Baglio cerca di liberarsi della maschera comica indossata per anni – sul palco e al cinema – e ci riesce, soprattutto quando non ricade in battute già sentite o storici tormentoni, quando semplicemente presta il suo corpo a Salvo, cinquantenne in crisi che cerca ancora se stesso… nel posto dal quale è scappato: casa sua. Una boccata d’aria porta in sé tematiche profonde, sulle quali aleggia il velo del nòstos, della nostalgia per la patria perduta, che dall’etimologia greca riprende un concetto di struggente malinconia che divora e tormenta, rendendo il ritorno in patria tanto lieto quanto struggente.

Si tratta di una commedia che scava nel concetto ben più ampio di “casa” inteso non solo come luogo fisico, ma anche come terra d’origine e soprattutto famiglia. Nel caso specifico del film, c’è quella di provenienza di Salvo – suo fratello Lillo, ma anche lo spettro di un padre che ritorna negli incubi del figlio, tragicomico perturbante shakespeariano – ma anche la sua, quella composta dalla moglie e dai figli. E ogni singolo personaggio è alla ricerca di se stesso, della propria identità e di un posto nel mondo nel quale potersi esprimere liberamente, dimostrando come sia possibile perdersi e infine ritrovarsi… ma solo nel posto sbagliato.

Una boccata d’aria dimostra come, con una buona scrittura alla base, sia possibile raccontare la realtà senza risultare banali, superficiali o prevedibili: sfidando improbabili convenzioni (non scritte), Alessio Lauria e lo stesso Aldo (in veste di sceneggiatori) scelgono di mostrare – sullo schermo – un arco narrativo specifico dei personaggi; una serie di piccoli “viaggi dell’eroe” che dimostrano la capacità innata (tutta umana) di cambiare, di adattarsi anche alle avversità e alle novità che la vita propone lungo il cammino. Usando la penna con intelligenza, le parole della sceneggiatura tratteggiano appena personaggi comunque credibili, anche se si muovono in un contesto talvolta preda di qualche “coincidenza” di troppo.

Quest’ultime, che non dovrebbero mai scandire il ritmo di un film, finiscono per essere perdonate in virtù di una struttura complessiva semplice, lineare ed efficace, che sfrutta proprio uno storytelling tradizionale per raccontare una vicenda comune, contemporanea, ma mai banale; una storia che è già approdata sul grande schermo innumerevoli volte, ma che è ancora capace di coinvolgere gli spettatori, toccando le corde emotive del ricordo e della malinconia, mantenendo un’aurea mediocritas che trasforma Una boccata d’aria in un racconto universale di rinascita e cambiamento, metafora di un viaggio interiore volto alla ricerca di se stessi.

Guarda il trailer ufficiale di Una boccata d’aria

GIUDIZIO COMPLESSIVO

A fronte di qualche coincidenza di troppo in sceneggiatura, Una boccata d'aria - grazie ad una struttura complessiva semplice, lineare ed efficace - sfrutta uno storytelling tradizionale per raccontare una vicenda comune, contemporanea, ma mai banale; una storia che è già approdata sul grande schermo innumerevoli volte, ma che è ancora capace di coinvolgere gli spettatori, toccando le corde emotive del ricordo e della malinconia fino a trasformarsi in un racconto universale di rinascita e cambiamento, metafora di un viaggio interiore volto alla ricerca di se stessi.  
Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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A fronte di qualche coincidenza di troppo in sceneggiatura, Una boccata d'aria - grazie ad una struttura complessiva semplice, lineare ed efficace - sfrutta uno storytelling tradizionale per raccontare una vicenda comune, contemporanea, ma mai banale; una storia che è già approdata sul grande schermo innumerevoli volte, ma che è ancora capace di coinvolgere gli spettatori, toccando le corde emotive del ricordo e della malinconia fino a trasformarsi in un racconto universale di rinascita e cambiamento, metafora di un viaggio interiore volto alla ricerca di se stessi.  Una boccata d'aria, recensione del film con Aldo Baglio e Lucia Ocone