Disponibile su Netflix Un fantasma in casa, comedy soprannaturale ispirata dal racconto breve “Ernest” di Geoff Manaugh. Come suggerito dal titolo, il film tratta di un fantasma che risiede in una casa vuota nella quale, però, sta per trasferirsi la famiglia Presley. Quest’ultima è composta da una coppia con due giovanissimi figli a seguito, uno dei quali, Kevin (Jahi Winston), sembra essere stanco dei frequenti cambiamenti di residenza imposti dalle scelte lavorative del padre Frank (Anthony Mackie).
Taciturno, un po’ schivo e incompreso dai suoi, Kevin si aggira per la casa cercando uno spazio tutto per sé, lontano dalle intrusioni della sua famiglia. Riesce a trovare un posto adatto nella soffitta della nuova casa dove, tuttavia, si accorge di avere compagnia: il fantasma Ernest (David Harbour). Nonostante i tentativi da parte del fantasma di intimorire il ragazzo, Kevin è tutt’al più incuriosito dal fenomeno e per quanto tenti di tenere il segreto per sé, ne verrà presto a conoscenza la sua intera famiglia.
Di qui in poi, la storia paranormale viene raccontata alla luce dei social e dell’uso smodato che se ne fa oggi. La scoperta dello spettro, infatti, genera un certo interesse da parte del papà e del fratello di Kevin i quali, dopo averlo opportunamente ripreso con il loro smartphone, decidono di pubblicare i video sui social. L’intenzione è quella di rendere il contenuto virale e monetizzare sul fatto che li riguarda nel privato, ovvero vivere in una casa infestata da un fantasma.
Una commedia che non stupisce mai
Le immagini che ritraggono la comparsa di Ernest nella casa dei Presley finiscono per attrarre il pubblico in maniera eccessivamente morbosa. Non solo, la notizia giunge infatti ad una divisione speciale della CIA che si interessa al caso a tal punto da voler intervenire. Ernest, dopo i primi tentativi di spaventare gli abitanti della casa, cede alla gentilezza del giovane Kevin rivelando di essere uno spirito buono, silente, che si esprime solo attraverso gesti e suoni gutturali e che non conserva memoria alcuna della sua morte. All’empatia che dimostra Kevin nei riguardi dello spettro, risponde la freddezza di suo padre Frank, che tenta in ogni modo di rendere il fantasma una fonte di guadagno per la famiglia, rendendo una star del web l’inquilino reduce di una vita passata da oltre 50 anni.
Gli elementi prestati a questa narrazione sono quasi totalmente consumati dalle centinaia di film già visti (anche se fuori tema spettrale): la famiglia che si trasferisce in una nuova città; il figlio estremamente chiuso in se stesso che per giunta non accetta più di vedersi la vita stravolta; il binomio genitore/adolescente, rapporto qui indagato attraverso la contrapposizione di approccio che padre e figlio hanno nei riguardi di Ernest; ma anche l’intervento della CIA, l’utilizzo di tecnologie speciali, il cuore duro dei ricercatori che poi s’intenerisce. Insomma, si tratta di una serie di stereotipie di cui la cinematografia di un certo tipo ha abusato a sufficienza, abbastanza da trasformare la visione di un film come Un fantasma in casa in un sottofondo di compagnia più che in un prodotto da gustare. Al di là delle evoluzioni della trama che appaiono citofonate, dalla metà film in poi si va incontro ad un quasi cambio registro approdando al genere mystery e persino stuzzicando il drammatico.
Per quanto funzionale alla narrazione e seppure gestito in maniera discreta, la profondità sul finale che Christopher Landon (regista di Auguri per la tua morte e Freaky) tenta di dare al film stona con una sorta di piattezza riscontrata fino a quel momento. Per niente memorabile, con un David Harbour (visto di recente in Una notte violenta e silenziosa) molto leggero e ben calato nei panni dell’entità gassosa di Ernest, Un fantasma in casa non stupisce e non rapisce ma riesce nell’impresa di accompagnarci alla fine di una giornata faticosa.