venerdì, Marzo 31, 2023
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Till – Il coraggio di una madre, recensione del film con Danielle Deadwyler

La recensione di Till - Il coraggio di una madre, dramma che pone attenzione su un fatto di cronaca nera che alla fine degli anni '50 sconvolse lo Stato del Mississippi. Dal 16 febbraio al cinema.

Il cinema civile e storico si arricchisce di un nuovo titolo: Till – Il coraggio di una madre, uscito in sala lo scorso 16 febbraio. La storia riguarda le conseguenze del linciaggio ai danni del quattordicenne afroamericano Emmett Till, nel Mississippi del 1955. Caso che, per via della sua eco nazionale, rafforzò la visibilità del Movimento per i diritti civili degli afroamericani.

Un omicidio barbaro di matrice razziale tra i più noti in America, tanto che il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, solo lo scorso anno ha firmato l’Emmett Till Antilynching Act, provvedimento che considera il linciaggio un reato federale. Precisazioni necessarie per poter avere contezza maggiore del peso della vicenda trattata in questo lungometraggio ad opera di Chinonye Chukwu (Clemency).

Till è incentrato sull’impegno di Mamie Till, madre di Emmett – detto Bo -, nel fare giustizia per la morte di suo figlio. Recatosi in vacanza presso dei parenti in una piccola località del Mississippi, Bo lascia sua madre a Chicago per circa due settimane. Durante la sua permanenza dagli zii, Bo si reca assieme ai cugini presso un emporio di proprietà di una coppia di bianchi dove pare indugiare troppo nella conversazione con la cassiera Carolyn Bryant.

Atto sufficiente per l’epoca, soprattutto per il Sud degli States, perché Bo venga prelevato con la forza qualche notte dopo, condotto in un capannone e ucciso brutalmente dopo torture e violenze. Il linciaggio era ai tempi una pratica estremamente diffusa nei confronti degli afroamericani: il movente conclamato del razzismo consentiva ai suprematisti bianchi di perpetrare qualsivoglia violenza nei riguardi di persone di colore, con ogni pretesto.

Qui interpretata senza alcuna sbavatura da una bravissima Danielle Deadwyler (The Harder They Fall), Mamie Till è stata una donna simbolo di un coraggio estremo che ha anteposto la giustizia per la morte del proprio figlio al suo stesso dolore, esponendo il corpo sfigurato e brutalizzato di Bo attraverso scatti pubblici e un funerale celebrato a bara aperta. Con l’intenzione di lanciare un messaggio potente, affinché tutti prendessero atto di cosa era capitato a Bo.

Trovare un senso alla propria sofferenza

Mamie si è assunta la responsabilità di mettere più persone possibili davanti alla verità dell’odio razziale, perché solo facendo i conti con la realtà si può arrivare alla consapevolezza. In questo modo, riesce a trovare un senso alla propria sofferenza, portando il caso di suo figlio e la sua immagine sfigurata agli occhi di intere contee fino a raggiungere gli interi Stati Uniti.

Se sulle prime Mamie si concentra – naturalmente – sulla perdita personale, arriva poi il momento di dare una connotazione diversa alla morte di Emmett e interessarsi a porre fine alla segregazione razziale negli USA. Attraverso il supporto di una rete fitta di attivisti della NAACP (National Association for the Advancement of Colored People), riesce a portare il caso in un tribunale e a testimoniare, pur non ottenendo un verdetto di colpevolezza nei confronti degli assassini di Bo.

La potenza della storia e dell’interpretazione della Deadwyler (ingiustamente lasciata fuori dalla cinquina degli Oscar 2023) è però indebolita da alcuni difetti, primo tra tutti un cattivo uso del restante cast. Se è vero che il focus di Till è Mamie, a supportarla nella sua coraggiosa impresa ci sono il suo compagno Gene Mobley (Sean Patrick Thomas) e i suoi genitori, Alma e John Carthan (Whoopi Goldberg e Frankie Faison), che appaiono solo come delle note a margine, risultando decisamente sprecati. Altro elemento che stride con la narrazione è sicuramente l’uso smodato di toni pastello, quasi macchiettistico: un’ambientazione leziosa – come a credere che la sola forza della storia di Emmett sia sufficiente per la riuscita finale – tendere a rendere il film meno vigoroso. 

Il messaggio che ci lascia Till – Il coraggio di una madre è attuale e valido per ogni forma di discriminazione ancora esistente. Basta soffermarsi su una frase che Mamie rivolge a Bo prima della partenza di lui: “Sii piccolo laggiù”. Un’affermazione forte e drammatica che racchiude in sè la rassegnazione di chi vive vittima di pregiudizi e, stanco di lottare per affermarsi, trova nella propria ridimensione un posto sicuro. Come a voler ridurre il proprio diritto all’esistenza pur di non avere scontri con chi si oppone in maniera efferata a ciò che siamo.

Nonostante non ci siano più distinzioni formali tra razze, la concezione di differenza e di categorizzazione delle persone in base a caratteristiche fisiche e ad orientamenti personali – che siano essi religiosi o sessuali -, persiste ancora e se la società tutta non muoverà passi verso la direzione giusta, le inequità saranno sempre evidenti, producendo sofferenza, odio, discriminazioni e mietendo ancora vittime. Come disse Mamie Till: O libertà per tutti o la libertà fallisce”. 

Guarda il trailer di Till – Il coraggio di una madre

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Il messaggio che ci lascia Till - Il coraggio di una madre è attuale e valido per ogni forma di discriminazione ancora esistente. Basta soffermarsi su una frase che Mamie rivolge a Bo prima della partenza di lui: “Sii piccolo laggiù”. Un’affermazione forte e drammatica che racchiude in sè la rassegnazione di chi vive vittima di pregiudizi e, stanco di lottare per affermarsi, trova nella propria ridimensione un posto sicuro. Come a voler ridurre il proprio diritto all’esistenza pur di non avere scontri con chi si oppone in maniera efferata a ciò che siamo.
Doranna Discianni
Doranna Discianni
Vivo immersa nel grande schermo perché sono affascinata dalla bellezza. Potteriana e Tarantiniana | Film del cuore: Nuovo Cinema Paradiso | Il più grande regista: Vittorio De Sica. | Attore preferito: Julia Roberts | La citazione più bella: "Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità." (Harry Potter e la camera dei segreti)

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