sabato, Settembre 14, 2024
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The Old Guard, recensione del film con Charlize Theron

Lo si scrive spesso: uno dei principi cardine delle produzioni Netflix è la diversificazione. Scorrendo il catalogo del colosso americano si corre il rischio di essere travolti da una serie di contenuti molto diversi tra loro, capaci di accontentare ogni tipologia di abbonato. C’è un genere su tutti, però, al quale Netflix sembra aver dato una certa priorità, specie negli ultimi tempi – forse a cominciare dal disastroso Bright di David Ayer -, ovvero il cinema d’azione. L’ultimo esempio, in ordine di tempo, è rappresentato dall’ambizioso The Old Guard, interpretato da Charlize Theron (impegnata anche nelle vesti di produttrice esecutiva) e disponibile in streaming dal 10 luglio.

Tratto dal fumetto scritto da Greg Rucka (anche sceneggiatore del film) e disegnato dall’argentino Leandro Fernandez, The Old Guard, diretto dalla regista Gina Prince-Bythewood è, in sostanza, un classico film d’azione, ma racconta una storia alquanto singolare (come si può evincere anche dal titolo): quella di un gruppo di guerrieri, o “guardiani” che dir si voglia, che potrebbero essere facilmente scambiati per mercenari (ma in realtà non lo sono perché mossi da motivazioni più nobili), i quali non solo sono molto abili nel maneggiare le armi ma sono anche dotati di una qualità molto particolare: l’immortalità.

Andy (Charlize Theron), al secolo Andromaca di Scizia (è originaria della Grecia Antica) è la leader di un gruppo di combattenti immortali che quasi dall’inizio dei tempi si spende per la salvaguardia del pianeta. Nel corso dei secoli, Andy ha raggruppato intorno a sé altri 3 guerrieri che operano al suo fianco e che condividono con lei la stessa peculiarità: Booker (Matthias Schoenaerts), ex soldato al soldo di Napoleone Bonaparte, l’italiano Nicky/Nicolò (Luca Marinelli) e l’arabo Joe/Yussuf (Marwan Kenzari), questi ultimi due conosciutisi durante l’epoca della Crociate.

Quando un misterioso ex dipendente della CIA, Copler (Chiwetel Ejiofor) chiederà loro di imbarcarsi in una missione in Somalia per salvare un nutrito gruppo di civili nelle mani dei fondamentalisti islamici, i 4 “immortali” non ci penseranno due volte ma giunti sul posto troveranno ad attenderli una brutta sorpresa. Nel frattempo, in Afghanistan, durante una missione, il soldato Nile Freeman (KiKi Layne) scova un terrorista ma, a seguito di una colluttazione, viene ferita mortalmente al collo. Di fronte allo sbigottimento di commilitoni e superiori, però, la giovane ritorna miracolosamente in vita.

Come detto, The Old Guard si inserisce nel solco della tradizione tracciato dall’action movie targato Netflix, del quale presenta tutti gli elementi “imprescindibili”: uno script ridosso all’osso, una star riconosciuta e riconoscibile intorno alla quale fare ruotare l’intera narrazione, una serie di comprimari internazionali (in modo tale da aumentare l’appeal del prodotto nei vari paesi in cui il servizio di streaming è presente, e per non scontentare nessuna etnia), e tanta (ma davvero tanta!) adrenalina. Una ricetta associata a diverse produzioni che negli ultimi mesi sono state lanciate dalla piattaforma: si pensi ad esempio a 6 Underground e a Tyler Rake, con protagonisti rispettivamente Ryan Reynolds e Chris Hemsworth.

Attori-immagine che questa volta lasciano il posto ad una attrice (oltretutto di comprovata caratura) quale Charlize Theron, che dopo i personaggi “tosti” interpretati in Mad Max: Fury RoadAtomica Bionda torna ad impersonare una figura femminile risoluta. Peccato però che a questo giro la sua interpretazione appaia troppo ingessata: non certo per colpa sua, ma per la bidimensionalità di una “dura” la cui personificazione sarebbe stata riuscita se impreziosita e “stemperata” (come capitava spesso nel cinema degli anni ’80) da un po’ d’ironia, che al film nel suo complesso manca totalmente.

the old guard
Photo Credit: AIMEE SPINKS/NETFLIX ©2020

The Old Guard, infatti, si prende davvero troppo sul serio (differentemente rispetto a 6 Underground, ad esempio), dando ampio spazio anche a “cantucci riflessivi” che appaiono decisamente fuori luogo e sfidano continuamente il ridicolo: uno scontro, a ben vedere, davvero impari. A questi aspetti se ne deve aggiungere un altro: il fatto che il film appare inficiato da una struttura narrativa che accumula situazioni – a volte senza una vera logica consequenziale -, facendo risultare il racconto confuso, e questo al di là di qualche trovata anche efficace che si disperde però nel complesso di un’opera pasticciata dove la noia – ahinoi – regna sovrana quasi dall’inizio alla fine, e dove i vari personaggi non dimostrano mai un fascino tale da poter coinvolgere lo spettatore o quantomeno risultargli simpatici.

Se quindi a livello narrativo, come visto, il film palesa dei limiti, cosa possiamo dire invece per quanto riguarda la messa in scena? In fin dei conti – come dimostrato anche dai sopra citati film sempre di produzione Neflix -, un film d’azione, al di là della sceneggiatura, deve gioco forza essere efficace a livello spettacolare. Purtroppo però anche in questo caso The Old Guard dimostra di essere tanto convenzionale quanto poco incisivo. In parole povere: le sequenze d’azione sanno di già visto e difficilmente si trova una scena che potremmo definire (anche sforzandoci un po’) memorabile. Certo, probabilmente non è stata d’aiuto la scelta di scritturare una regista che non aveva al suo attivo film appartenenti al genere action, e che appare – dall’esterno e a film ultimato – un pesce fuor d’acqua.

Una scelta probabilmente dettata dalla speranza di dare all’opera una “dimensione intima” che si va a frangere però al cospetto di una sceneggiatura che – lo ripetiamo – cerca sì di donare ai personaggi una profondità e umanità, ma lo fa in modo goffo, compiendo l’errore di credere che bastino qualche frase a effetto, atmosfere soffuse e il continuo broncio di qualche interprete (a cominciare dalla Theron) per dare spessore a personaggi che sono invece condannati alla superficialità.

Vi è però almeno un aspetto positivo – o che almeno chi scrive reputa tutto sommato tale – che è giusto evidenziare scrivendo di The Old Guard: la partecipazione al film (comunque di caratura internazionale) del nostro Luca Marinelli, attore di straordinario talento che sicuramente avrebbe meritato di prendere parte a un progetto più ambizioso (autorialmente parlando) o magari ad un’opera nel complesso più riuscita (non ha avuto, insomma, la stessa fortuna di Alessandro Borghi con la serie Diavoli).

Ad ogni modo il suo coinvolgimento, al di là di evidenziare l’interesse del cinema internazionale nei confronti di uno degli attori italiani di maggior talento, rappresenta anche un passo in avanti rispetto a quanto il nostro cinema esportava fino a qualche anno qualche anno fa: la memoria corre subito (e non ce ne abbia a male!) al Raoul Bova co-protagonista dell’horror Alien vs. Predator di Paul W.S. Anderson. Certo, non si tratta di un aspetto capace di determinare la riuscita di un film, o di modificare il giudizio su un’opera in cui c’è davvero poco da salvare, ma è comunque probabilmente l’unico vero incentivo alla visione (almeno per un pubblico italiano).

Guarda il trailer ufficiale di The Old Guard

GIUDIZIO COMPLESSIVO

The Old Guard si prende davvero troppo sul serio, sfidando continuamente il ridicolo: uno scontro, a ben vedere, davvero impari. A questi aspetti se ne deve aggiungere un altro: il fatto che il film appare inficiato da una struttura narrativa che accumula situazioni - a volte senza una vera logica consequenziale -, facendo risultare il racconto confuso, e questo al di là di qualche trovata anche efficace che si disperde però nel complesso di un'opera pasticciata dove la noia regna sovrana quasi dall'inizio alla fine.
Diego Battistini
Diego Battistini
La passione per la settima arte inizia dopo la visione di Master & Commander di Peter Weir | Film del cuore: La sottile linea rossa | Il più grande regista: se la giocano Orson Welles e Stanley Kubrick | Attore preferito: Robert De Niro | La citazione più bella: "..." (The Artist, perché spesso le parole, specie al cinema, sono superflue)

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