lunedì, Dicembre 4, 2023
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The Estate, recensione della commedia con Toni Collette e Anna Faris

La recensione di The Estate, commedia interpretata da Toni Collette, Anna Faris e Kathleen Turner. Disponibile dal 15 novembre in esclusiva su Sky e in streaming su NOW.

La famiglia è forse uno dei temi più amati dalla settima arte, quello che affascina e stimola da sempre la fantasia degli autori – registi o sceneggiatori – perché così universale, pronto a intercettare le corde emotive di tutti. Ma ad attrarre maggiormente non sono tanto le famiglie perfette in stile “Mulino Bianco” – denti regolari e virtù innate – quanto quelle disfunzionali, “brutte, sporche e cattive” (omaggiando il noto cult di Ettore Scola), popolate di personaggi discutibili, talvolta raccapriccianti, in alcuni casi solo sconsiderati, cinici oppure in balia di tragiche reunion che fanno tornare a galla contraddizioni e conflitti.

Non è la famiglia felice a catturare l’attenzione dello spettatore ma quella a pezzi, che permette di proiettarsi all’interno dei problemi che la attraversano analizzando, infine, perfino i propri, in una catarsi leggera. E un’esperienza simile coinvolge il pubblico anche dopo la visione di The Estate, nuovo film scritto e diretto da Dean Craig che è approdato direttamente su piattaforma, nello specifico su Sky e in streaming su NOW, a partire dal 15 novembre. In questo disfunzionale affresco di una famiglia che cade, letteralmente, a pezzi, ad interpretare i vari personaggi sulla scena troviamo attori come Toni Collette, Anna Faris, David Duchovny, Rosemarie DeWitt, Ron Livingston e una ritrovata Kathleen Turner.

Nel film, la Collette e la Faris interpretano Macey e Savanna: due sorelle che non hanno molto (se non troppi debiti) e un piano perfetto. Con una tavola calda di famiglia sgangherata che vacilla sull’orlo del fallimento, le loro vite che non vanno da nessuna parte e una pesante eredità familiare, le due sorelle cospirano per conquistare la fiducia della “cara, vecchia e dolce” zia Hilda, malata terminale. La donna è la matriarca prepotente e burbera della famiglia, in totale disaccordo con tutti da sempre; nella speranza di diventare le beneficiarie della sua vasta proprietà le nipoti cercano di tornare nella sua vita, trasferendosi nella villa della donna come facevano da bambine. Ma, come le due sorelle scoprono presto, potrebbero esserci altri parenti che hanno avuto la stessa identica idea.

Esorcizzare con una risata i comportamenti peggiori

La famiglia rappresentata nel film è davvero un concentrato unico di cinismo e meschinità: sperare in un cambiamento, in un’improvvisa redenzione dei peccati commessi e degli atteggiamenti sconsiderati perpetuati lungo la via è pressoché un’utopia. I personaggi tratteggiati sullo schermo non attraversano un arco narrativo tale da permettere loro di compiere un viaggio dell’eroe; piuttosto, restano fedeli a loro stessi dall’inizio alla fine, con un briciolo di autocritica e di pentimento compiuti soprattutto ad opera di Macey (Collette), l’unica che sembra appartenere al registro della realtà, anzi, dell’umanità non filtrata attraverso la lente esasperante della commedia. Ma è davvero così? I personaggi che vediamo sullo schermo sono realmente delle caricature grottesche che imitano il quotidiano, oppure sono talmente fedeli a tante (troppe) persone che si muovono intorno a noi da esorcizzare, attraverso una risata, i comportamenti peggiori di cui tutti sono capaci, soprattutto di fronte ad un’ambita eredità?

Questo perché The Estate, proprio come suggerisce il titolo, ruota intorno alla volontà di ereditare, ad ogni costo, i soldi dell’anziana zia Hilda e il suo intero patrimonio; così, proprio come squali intorno alla preda, si agitano i quattro nipoti prediletti nel limaccioso oceano delle irrisolte dispute familiari, pronti a riscattare con quest’abile mossa le loro fallimentari esistenze. Soldi, certo, ma anche il concetto di famiglia e il ruolo che gioca la coscienza in determinate scelte compiute ogni giorno: sono questi alcuni dei temi affrontati nel film, che relega le riflessioni al margine preferendo il ritmo e la battuta, progettando una struttura di grotteschi eventi in un crescendo comico, proiettato sempre di più verso l’eccesso iperbolico.

The Estate funzionerebbe tranquillamente ritagliandosi un proprio spazio autonomo all’interno di un universo – ricco e variegato – come quello della commedia satirica, complice soprattutto la sceneggiatura scritta da Craig. “Funzionerebbe”, appunto, se non fosse stigmatizzato da alcune scelte drammaturgiche (e di regia) che trascinano automaticamente il film nel territorio limaccioso del trash, della volgarità un po’ pesante e gratuita, superando quel confine immaginario che lo separa dal buon gusto.

Un limite molto fragile che separa lo chic dal kitsch

È vero che, al giorno d’oggi, non ci si scandalizza più per così poco: per una serie di battute sconce, delle parolacce, organi sessuali esibiti sotto il sole o doppi sensi, ma esiste un limite molto fragile che separa lo chic dal kitsch e, man mano che si sceglie di lasciarselo alle spalle, il rischio di perdere il controllo stravolgendo il tono di un prodotto è dietro l’angolo.

The Estate inizia come una versione più leggera (ma non per questo meno pungente) di un classico dramma familiare come, ad esempio, I segreti di Osage County ma attraversato da toni da black comedy; poi, quasi subito, sembra strizzare l’occhio alla tradizione della commedia demenziale americana tra situazioni grottesche, battute salaci a doppio senso e riferimenti sessuali spinti fino al limite. Il risultato finale è un’armonia mancata, un’improvvisa sinfonia stonata nella quale ogni elemento va fuori tempo, azzeccando di tanto in tanto quest’ultimo quasi per puro caso, non per scelta.

Anche se stigmatizzato da questa involuzione drammaturgica da commedia boccaccesca in salsa demenziale (prettamente americana), The Estate conserva delle battute memorabili nella loro sagacia, un ritmo nell’insieme solido e una coerenza narrativa che non trasgredisce mai, nemmeno nelle inversioni più rischiose e nei cambi più bruschi, affidandosi alle solide interpretazioni dei propri attori per creare questo ritratto di una qualunque, adorabile, famiglia disfunzionale della porta accanto.

Guarda il trailer ufficiale di The Estate

GIUDIZIO COMPLESSIVO

Anche se stigmatizzato da questa involuzione drammaturgica da commedia boccaccesca in salsa demenziale (prettamente americana), The Estate conserva delle battute memorabili nella loro sagacia, un ritmo nell’insieme solido e una coerenza narrativa che non trasgredisce mai, nemmeno nelle inversioni più rischiose e nei cambi più bruschi, affidandosi alle solide interpretazioni dei propri attori per creare questo ritratto di una qualunque, adorabile, famiglia disfunzionale della porta accanto. 
Ludovica Ottaviani
Ludovica Ottaviani
Imbrattatrice di sudate carte a tempo perso, irrimediabilmente innamorata della settima arte da sempre | Film del cuore: Lo Chiamavano Jeeg Robot | Il più grande regista: Quentin Tarantino | Attore preferito: Gary Oldman | La citazione più bella: "Le parole più belle al mondo non sono Ti Amo, ma È Benigno." (Il Dormiglione)

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Anche se stigmatizzato da questa involuzione drammaturgica da commedia boccaccesca in salsa demenziale (prettamente americana), The Estate conserva delle battute memorabili nella loro sagacia, un ritmo nell’insieme solido e una coerenza narrativa che non trasgredisce mai, nemmeno nelle inversioni più rischiose e nei cambi più bruschi, affidandosi alle solide interpretazioni dei propri attori per creare questo ritratto di una qualunque, adorabile, famiglia disfunzionale della porta accanto. The Estate, recensione della commedia con Toni Collette e Anna Faris