I ben informati sanno che un nuovo adattamento cinematografico de Il Corvo, il fumetto di James O’Barr pubblicato sul finire degli anni ’80 e trasporto per la prima volta al cinema a metà degli anni ’90, è in cantiere da tantissimi anni. Numerosi sono stati i tentativi di riportare la suddetta opera sul grande schermo: tra i più interessanti che vale la pena citare, sicuramente quello del regista spagnolo F. Javier Gutiérrez (The Ring 3), che aveva pensato a Tom Hiddleston e Luke Evans come possibili interpreti di Eric Draven, ma anche quello del britannico Corin Hardy (The Nun II), che aveva invece deciso di affidare il ruolo del protagonista a Jason Momoa.
Tuttavia, dal lontano 2008, nessuno di questi sforzi è mai riuscito a concretizzarsi, almeno fino a quando il progetto non è finito nelle mani di Rupert Sanders (già regista dei controversi Biancaneve e il cacciatore e Ghost in the Shell). Arriviamo così al film che uscirà nelle sale italiane a partire dal 28 agosto (in quelle americane ha fatto il suo esordio qualche giorno prima), ossia The Crow – Il Corvo, interpretato da Bill Skarsgård, il volto di Pennywise nei due adattamenti cinematografici di IT di Stephen King ad opera di Andy Muschietti. L’interprete svedese diventa il secondo attore nella storia a dare anima e corpo alla figura maledetta di Eric Draven raccogliendo la pesante eredità del compianto Brandon Lee, protagonista dell’adattamento del 1994 diretto da Alex Proyas.
Quel film – oltre ad aver segnato un’intera generazione (al di là dei suoi effettivi meriti, rappresenta comunque il lascito di “un grande attore scomparso troppo presto”) – aveva dato vita ad un vero e proprio franchise generando tra il 1996 e il 2005 ben tre sequel (tutti stroncati dalla critica e dimenticati molto presto dal pubblico); tuttavia, nessuno dei tre aveva più osato toccare il personaggio di Eric riportandolo sullo schermo, impiegando piuttosto delle sue versioni “alternative”, rivedute e corrette. Al contrario, in questo nuovo adattamento il protagonista torna ad essere proprio Eric (per quanto il cognome del personaggio non venga mai utilizzato).
Né remake né adattamento fedele
Preceduto da un chiacchiericcio destinato a consumarsi tra le file dei più beceri commenti sui vari social, in parte sterile in parte funzionale ad accrescerne l’interesse tra il pubblico (ancor prima della sua uscita, si è parlato tantissimo di una produzione fortemente travagliata, senza considerare le recensioni poco lusinghiere firmate dalla stampa d’oltreoceano), questo nuovo The Crow – come hanno più volte sottolineato i filmmakers coinvolti – non è da considerarsi né un remake del classico degli anni ’90 diretto da Proyas – intrinsecamente legato alla prematura e dolorosa scomparsa di Lee (che nonostante lo status di cult acquisito nel tempo, all’epoca dell’uscita non fu comunque esente dalle critiche dei puristi della sua controparte cartacea) – né un adattamento fedele del fumetto originale di O’Barr.
Eric (Skarsgård) e Shelly (interpretata dalla cantautrice FKA twigs, già vista in Honey Boy al fianco di Shia LaBeouf) sono legati da un amore profondo. I due si conoscono in una struttura riabilitativa, ma non ci viene rivelato molto del loro problematico lassato. Dopo essersi dati alla fuga, i due giovani amanti – accumunati non solo da un sentimento d’amore, ma anche da una forte passione per la musica – vengono brutalmente uccisi da una banda di criminali guidati dal temibile e “demoniaco” Vincent Roeg (interpretato da Danny Huston), il quale aveva un conto in sospeso proprio con Shelly. Quando a Eric viene offerta la possibilità di riunirsi al suo unico vero amore, il ragazzo tornerà dall’aldilà per intraprendere una vendetta feroce e senza pietà contro i suoi assassini.
Nuova storia per nuovi adolescenti
La struttura principale di The Crow – Il Corvo si poggia su una serie di importanti e a loro modo significativi cambiamenti rispetto alla storia che tutti conosciamo, infarcita dagli sceneggiatori – il duo Zach Baylin e William Schneider – di sottotrame che sembrano avere come unico obiettivo quello di giustificare la scelta di un immaginario più vicino alla nostra contemporaneità. L’estetica punk che aveva caratterizzato il film con Brandon Lee, cristallizzandolo nell’immaginario collettivo (nonostante, in quegli anni, fosse già fuori tempo massimo), è ormai un lontano ricordo: indubbiamente, l’adattamento di Rupert Sanders – anche e soprattutto in termini estetici – è stato pensato per offrire alla generazione di oggi una chiave moderna con la quale approcciarsi ad una storia che ha oltre trent’anni di vissuto alle spalle.
Assodato che questo nuovo The Crow prende le distanze dal fumetto di O’Barr e dal più celebre adattamento di Proyas, il film di Sanders propone un racconto completamente nuovo che riprende la struttura del revenge movie in cui il protagonista ritorna dal mondo dei morti in cerca di vendetta, ma cambiando totalmente logiche e dinamiche della storia d’amore principale al fine di adattarle ad un pubblico più giovane e smaliziato, assuefatto ormai alle lezioni persuasive e travolgenti di un universo trap sempre più consolidato. Il problema è che l’operazione imbastita sempre fermarsi giusto un attimo prima di scendere davvero in profondità, incurante della poetica alla base dell’opera originale di O’Barr, fortemente ancorata ai concetti di amore, morte, vendetta e sacrificio. E proprio questi concetti vengono inspiegabilmente banalizzati quando subentra il tentativo didascalico e quasi ossessivo da parte degli sceneggiatori di voler necessariamente fornire un background, un contesto, una motivazione a tutti i personaggi (anche a quelli secondari).
Gran parte del fascino e del mistero che avvolgevano il film del 1994 qui vengono completamente a mancare, complice anche una storia che fatica a trovare una propria direzione precisa e che ci impiega forse più del dovuto ad arrivare al suo cuore pulsante, generando un sentimento di forte alienazione nello spettatore. Nonostante la sceneggiatura non supporti la sua interpretazione, è innegabile che Bill Skarsgård sia portato per interpretare certi tipi di ruoli: l’attore non manca certo di carisma, ma il vero problema qui è anche – e soprattutto – la totale assenza di chimica con FKA twigs, dal canto suo totalmente inadatta a restituire la complessità del personaggio di Shelley (che rispetto al predecessore assume uno spazio più rilevante nell’economia generale del racconto). Per quanto riguarda, invece, la direzione generale portata avanti da Sanders, il regista si limita a catturare l’azione in maniera piuttosto anonima e svogliata, fatta eccezione per una sola epica sequenza nel finale (debitrice sicuramente dell’immaginario instillato dalla saga di John Wick), davvero ben congeniata ma incapace, da sola, di salvare un’intera operazione che fino alle battute finali si trascina con enorme fatica.
Cosa rappresenta, dunque, questo nuovo The Crow? Pur volendosi approcciare al film senza alcun tipo di pregiudizio (atteggiamento che dovrebbe rappresentare la prassi, per quanto difficile possa risultare in certi casi), a conti fatti il film risulta un’operazione piuttosto superficiale che strizza l’occhio alle nuove generazioni per messa in scena, scelte estetiche e tematiche, pronta ad evitare furbamente qualsiasi confronto con il materiale originale (e con il quale, del resto, ha pochissimi punti di contatto). Un prodotto spaventosamente mediocre che riconcorre costantemente toni, atmosfere e ritmi senza mai azzeccarne uno ben definito; un film che si è accontenta di essere l’ennesimo pallido tentativo di riportare in auge una storia che forse era meglio non rimaneggiare; l’ennesimo adattamento destinato ancora una volta – come tanti prima di lui – a vivere all’ombra di un predecessore assai più illustre.